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Due riunioni con scena muta, salta l’elezione del presidente

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Il Consiglio Comunale era stato convocato da Alfredo La Delfa per l’elezione del presidente. Un passaggio necessario dopo le dimissioni di Dino Furnari dalla postazione più alta dell’assemblea cittadina. Nonostante l’importanza del punto (appaiato con l’elezione del vice), tuttavia, la mancanza della maggioranza non ha fatto raggiungere il numero legale sia in prima che in seconda convocazione, determinando una seduta a vuota.

Segno evidente che la coalizione del sindaco Glorioso non ha un accordo condiviso. Dopo i cambi assessoriali rateizzati con l’uscita di Giuseppe Salvà, Giusi Mursia e Francesca Grigorio e le rispettive sostituzioni con Giuseppe Sapienza, Marzia Merlo e Rosanna Neri, mancano due caselle da riempire. Il turnover assessoriale di Grazia Ventura e l’elezione del presidente del Consiglio Comunale, funzione lasciata vuota da Dino Furnari, dimessosi nella seduta del 26 febbraio.

È chiaro: né per l’una né per l’altra casella vi è una condivisione, al momento. E non mancano scosse di assestamento, come la costituzione di un nuovo gruppo consiliare. Si chiama “Democratici per Biancavilla” ed è stato formato da Vincenzo Mignemi, che lascia così “CittAttiva”, e Veronica Rapisarda, che di fatto formalizza il passaggio dall’opposizione alla maggioranza. Il Consiglio, comunque, è stato nuovamente convocato per martedì sera da Alfredo La Delfa.

Aspetti su cui interviene il capogruppo di Forza Italia, Vincenzo Amato: «Per quale motivo hanno pressato sulle dimissioni del presidente Furnari quando non sono ancora d’accordo sul suo successore? Perché convocare inutilmente una seduta se non sono preparati? E cosa cambierà da qui a martedì?».

«Evidentemente -sottolinea il capogruppo forzista- questa compagine amministrativa è più sensibile alla discussione sulle poltrone che non alle problematiche che interessano quotidianamente i biancavillesi. Un ulteriore elemento, per noi, che conferma che l’esperienza amministrativa di Glorioso sia da classificare come la peggiore degli ultimi vent’anni».

«La verità –attacca ancora Amato– è che siamo difronte alle pretese concorrenziali di Vincenzo Mignemi e Vincenzo Chisari a fare l’assessore, che determinano il blocco ed il condizionamento sull’elezione del presidente del Consiglio Comunale. Pretese alimentate dal sindaco che promette tutto a tutti, pensando alle sue ambizioni personali rivolte a Palermo o a Roma e dimenticando il rovinoso presente in cui è ridotta Biancavilla».

Dichiarazioni su cui Biancavilla Oggi ha chiesto una replica ad Alfredo La Delfa, componente della maggioranza e firmatario della convocazione del Consiglio Comunale.

«Io mi libero da ogni responsabilità», mette le mani avanti La Delfa. «Se la riunione non si è tenuta, la responsabilità ricade sull’intera assemblea cittadina. Come presidente facente funzioni, ho inserito anche altri punti all’ordine del giorno che, volendo, si possono trattare al di là dell’accordo sulla presidenza».

«Ho riconvocato l’Aula per martedì sera -specifica La Delfa- perché ho ritenuto opportuno farlo e perché non vorrei essere additato per quello che non riunisce l’Aula in presenza di argomenti da discutere. Ho agito in autonomia e non so se per quella sera potrà essere votato un presidente. Al di là degli accordi o meno, si può sempre votare, esprimendo una preferenza nel segreto dell’urna».

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Biancavilla 2023, quei ragazzi di destra che hanno ribaltato la storia politica

Tre generazioni, uno scatto fotografico: dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani fino ad Atreju

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C’è uno scatto fotografico – in questa competizione elettorale di Biancavilla finita con il trionfo di Antonio Bonanno – che più di ogni altro racconta la svolta epocale dell’80%. È quello che vede, sul palco di piazza Roma, durante l’ultimo comizio, Vincenzo Giardina e Vincenzo Randazzo con al centro Bonanno. È uno scatto, fatto casualmente tra decine di tanti altri. Ma ha la capacità di riassumere una storia che parte da lontano. Lì ci sono tre generazioni di militanti della destra biancavillese, formatasi e cresciuta in quel luogo politico che era la “sezione”.

Tre generazioni che hanno mosso i primi passi nelle organizzazioni giovanili, dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani, dalla Giovane Italia ad Atreju (stessa realtà in cui si è formata Giorgia Meloni). Un’evoluzione che dal Movimento Sociale Italiano, passando per Alleanza Nazionale e il Popolo delle libertà, arriva a Fratelli d’Italia. Dalla “fiamma” di Giorgio Almirante alla fiaccolata per Paolo Borsellino. Da forza emarginata a guida del governo, dell’Italia e di Biancavilla.

Il tabù storico era stato frantumato già nel 2003 da Mario Cantarella: primo sindaco di destra nella Biancavilla repubblicana (con Andrea Ingiulla tra gli assessori!). Ma è Antonio Bonanno a portare il partito su vette inesplorate: primo sindaco di destra a conquistare il doppio mandato e (in assoluto) ad avere ottenuto 8 preferenze ogni 10, con una coalizione che per la prima volta vede i centristi trainati perché usciti malconci dalle urne.

In questa percentuale è inclusa una sostanziosa dose di demeriti, inadeguatezze, incapacità, assenze degli avversari. Così, di converso, è la sinistra biancavillese che sprofonda nel più basso dei risultati di consenso e di rappresentanza dall’epoca risorgimentale ad oggi. Un cataclisma da far tremare il cuore della storia. Sarebbe una banalità cosmica attribuire la responsabilità ad Ingiulla o alle “otto liste contro una“: ne parleremo in un articolo a parte.

Torniamo, quindi, alla foto con Randazzo e Giardina assieme al sindaco. Abbiamo conosciuto il primo nell’era dell’amministrazione Manna (dal 1994 al 2003). Lui era il maggiore oppositore: sapeva leggere le carte, le studiava, attaccava in Consiglio con argomentazioni accurate e citazioni auliche. Esponente di An, ma la scuola era quella del Msi. Lo ascoltavano tutti con attenzione dai banchi dell’allora maggioranza. Rappresentava la destra, praticamente in solitaria. Mai avrebbe potuto pensare allora – stagione in cui Manna era dipinto sui manifesti come “l’imperatore di Biancavilla” per il suo strapotere – che venticinque anni dopo sarebbe diventato assessore con una destra che ha ribaltato e riscritto la storia politica di questa città, ormai ampiamente “ex” roccaforte rossa.

A Giardina, invece, lo ricordiamo, sempre nell’era Manna e degli inossidabili diessini (i Democratici di sinistra), militante sbarbatello di Azione Giovani. Era stato portato nella sezione di via Vittorio Emanuele (tappezzata con manifesti ruggenti e le foto di Almirante a Biancavilla) da Placido Sangiorgio, quando presidente dell’organizzazione era Enrico Indelicato. Tra gli altri militanti, Sergio Atanasio, Gianmarco Rapisarda, Nino Lavenia, Rino Mauceri, Francesco Cantarella (per citarne alcuni). Un gruppo affiatato che si divertiva a fare opposizione con il classico volantino e pure con un giornalino, “Zoom, Obiettivo Biancavilla”, distribuito in 400 copie.

Non c’era ancora Antonio Bonanno. Troppo piccolo: frequentava le elementari. Ma dell’organizzazione giovanile della destra, l’attuale sindaco vanterà poi una scalata che, da Biancavilla, lo porterà a capo del coordinamento provinciale di Catania, proprio su nomina di Giorgia Meloni. Attorno a lui, un gruppo rimasto sempre legato, nelle vittorie e nelle sconfitte: Dino Caporlingua, Salvo Pulvirenti e Mauro Mursia, Angelo D’Urso e Alberto Papotto, Antonio Fiorello e Salvo Bonaccorsi… Gli stessi di sempre: un’autentica comunità politica.

Una comunità consapevole delle proprie radici, ma non assimilabile a cliché ideologici ed inutili nostalgismi: mai uno scivolone, tale da animare lo spettro del pericolo “fascista” a Biancavilla. Piuttosto, quella rappresentazione generazionale in foto ha dimostrato senso delle istituzioni e piena maturazione.

Non è casuale, forse, se alla fine del comizio, scesi dal palco, quei tre “ragazzi di destra”, diventati classe dirigente e di governo, siano stati riconosciuti dal loro mentore comune come gli eredi di quella storia che parte da lontano. «Adesso posso ritirarmi, sicuro di lasciare il testimone in buone mani», ha detto in sostanza Mario Cantarella. Parole che racchiudono l’essenza di una comunità politica.

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