Cronaca
«Giuffrida, cancro della politica»: per il giudice non è diffamazione

È proprio così: scrivere che il consigliere Salvatore Giuffrida, esponente del Partito democratico di Biancavilla, «rappresenta il cancro della politica biancavillese», in quanto persona rinviata a giudizio per il noto scandalo delle “Commissioni bluff” della consiliatura 2003-2008, non è un’opinione diffamatoria ma una frase che rientra nella normale critica politica e che peraltro deve essere accettata dall’interessato, visto che ha un ruolo istituzionale.
È arrivato a questa conclusione il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, Alessandro Ricciardolo, che ha firmato l’ordinanza di archiviazione per la posizione di Antonio Bonanno, l’ex candidato sindaco del Centrodestra, autore della frase incriminata e per questo querelato da Giuffrida.
Tutto era scaturito dalla seduta di insediamento dell’attuale Consiglio Comunale, risalente al luglio del 2013. Tra i vari interventi, durante la riunione, quello del consigliere Giuffrida. L’esponente del Pd ne aveva avuti per tutti, dalla candidata della lista “Biancavilla Bene Comune”, Flavia Cantarella, allo sfidante di Glorioso al ballottaggio, Antonio Bonanno. Sassolini tolti dalle scarpe in riferimento all’agguerrita campagna elettorale. In sostanza, Giuffrida contestava agli avversari il fatto che avessero sollevato la “questione morale” in merito ai candidati imputati per abuso d’ufficio e all’abitudine frequente di convocare commissioni consiliari. Con tono di rivincita, nella prima riunione dell’assemblea cittadina, aveva quindi bollato gli avversari per non avere avuto consensi, a differenza sua che invece è stato premiato dai cittadini, racimolando 316 voti. «E i voti sono l’unica cosa che contano in politica», aveva sottolineato.
Toni molto sostenuti, quelli di Giuffrida. Tanto che l’indomani, le reazioni, sia dal fronte della sinistra che da quello del Centrodestra, non si erano fatti attendere sulla piazza virtuale.
Antonio Bonanno, in particolare, sul proprio profilo Facebook, aveva così commentato l’accaduto: «Mi dicono che ieri sera in Consiglio Comunale, un consigliere rinviato a giudizio per abuso d’ufficio di nome Salvatore Giuffrida mi avrebbe attaccato in mia assenza. Beh, che dire? Se continuo a ricevere attacchi da chi rappresenta il cancro della politica biancavillese, non posso che esserne fiero».
Una definizione, «cancro della politica biancavillese», e un riferimento al rinvio a giudizio per nulla graditi da Giuffrida, che per tutta risposta aveva dato mandato all’avv. Vincenzo Nicolosi (lo stesso che lo assiste nel procedimento delle “Commissioni bluff”) per proporre querela contro Bonanno.
A distanza di poco più di un anno, il caso si chiude a favore di Bonanno, che è stato assistito dall’avv. Nello Pogliese.
Il Gip, nella sua ordinanza di archiviazione, è chiaro: «La notizia pubblicata sulla pagina Facebook dell’indagato è vera in quanto effettivamente il Giuffrida è stato rinviato a giudizio per il reato di abuso d’ufficio e la frase pubblicata, per quanto i toni adottati siano duri, rientra certamente nel diritto di critica politica, cui è sottoposto chiunque eserciti funzioni pubbliche, atteso che l’espressione adottata si ricollega e si spiega con l’avvenuto rinvio a giudizio dell’opponente per un reato contro la pubblica amministrazione».
La linea difensiva di Giuffrida, invece, si è basata sui concetti della cosiddetta “sentenza-decalogo” dei giornalisti che dal 1984 fa giurisprudenza sui limiti del diritto di critica e di cronaca. Altro concetto richiamato nelle memorie del querelante è stato quello del “diritto all’oblio”. Nel caso specifico, però, difficilmente applicabili. Facebook non è una testata giornalistica, tanto meno un mezzo stampa, e Bonanno non è un cronista. Quanto al desiderio di calare un velo sul rinvio a giudizio per le “Commissioni bluff”, va detto che la vicenda è ancora aperta e di pubblico interesse e riguarda persone che hanno o hanno avuto un ruolo pubblico. Giuffrida è tra queste.
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Cronaca
Pizzo, droga e trasporti: condanne severe per “u Pipi” e i suoi picciotti
Blitz antimafia “Ultimo atto”: 130 anni di carcere a 13 imputati nel procedimento con rito abbreviato

Il giorno del verdetto è arrivato. Sentenza di condanna con rito abbreviato, a conclusione del processo scaturito dal blitz antimafia “Ultimo atto”, per il boss Pippo Mancari u Pipi e i suoi picciotti, che erano riusciti a ricostituire e ricompattare un’organizzazione dopo anni di turbolenze, arresti, scissioni e sanguinose guerre fratricide nel clan di Biancavilla. Mafia, droga, estorsioni e monopolio sul trasporto merci: questi gli ambiti illeciti su cui il gruppo criminale ha agito, fino a quando oltre cento carabinieri hanno fatto scattare l’operazione nella notte del 13 settembre 2023.
Una sentenza molto severa con pene, in alcuni casi, superiori alle richieste avanzate dalla Procura, nonostante lo sconto di un terzo previsto dal rito speciale. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, Luca Lorenzetti, ha inflitto 12 anni di carcere a Pippo Mancari e 10 anni a Giovanni Gioco: ritenuti gli elementi di vertice. Ma la pena più alta è quella assegnata a Mario Venia e a Placido Galvagno: 20 anni di reclusione ciascuno. Poi, Salvatore Manuel Amato (10 anni e 8 mesi), Fabrizio Distefano (10 anni e 8 mesi), Piero Licciardello (13 anni e 8 mesi), Nunzio Margaglio (5 anni e 8 mesi), Alfio Muscia (8 anni di reclusione e 8mila euro di multa), Carmelo Vercoco (8 anni di reclusione e 8mila euro di multa), Cristian Lo Cicero (6 anni di reclusione e 12mila euro di multa), Marco Toscano (5 anni e 12 mila euro di multa). Per alcuni capi di imputazione assolti Placido Galvagno, Mario Venia e Piero Licciardello.
Pellegriti condannato, ma fondamentale
Condanna a 6 anni pure per Vincenzo Pellegriti, che da organizzatore e gestore dello spaccio è poi diventato collaboratore di giustizia («Collaboro con la giustizia per dare un futuro ai miei figli…», aveva detto). Il suo contributo agli inquirenti è stato definito «rilevante e completo con dichiarazioni, attendibili e riscontrate». A quelle di Pellegriti, nell’inchiesta si sono affiancate anche le dichiarazioni di Giovanni La Rosa, Graziano Pellegriti e Salvatore Giarrizzo.
Confiscate due società di trasporto
Il giudice ha anche ordinato la confisca dell’impresa individuale “MM Logistic di Miriana Militello” e delle quote e dell’intero patrimonio aziendale della società “MN Trasporti srl”. Due società che tra Biancavilla e Adrano di fatto rappresentavano il monopolio nel settore del trasporto merci su strada imposto dai gruppi criminali operanti nei due comuni etnei. Il valore della loro attività, nella fase iniziale del sequestro preventivo, era stato complessivamente quantificato in circa 3 milioni di euro.
Risarcimento al Comune e a Libera Impresa
Tutti gli imputati sono stati condannati alle spese processuali e alle spese legali delle parti civili costituite. Riconosciuto a queste ultime il risarcimento danni, da quantificare in sede civile. Si tratta del Comune di Biancavilla, assistito dall’avv. Sergio Di Mariano, e dell’associazione Libera Impresa, assistita dall’avv. Elvira Rizzo. Nessuna delle vittime degli episodi di estorsione accertati si è costituita: segno inequivocabile che l’omertà e il timore reverenziale nei confronti della criminalità mafiosa siano ancora da sradicare.
Rito ordinario per altri sei imputati
Dell’inchiesta “Ultimo atto”, c’è ancora un altro troncone del procedimento con rito ordinario. Sei sul banco degli imputati: Carmelo Militello, Nicola Minissale, Ferdinando Palermo, Alfredo Cavallaro, Maurizio Mancari e Francesco Restivo. Un procedimento ancora nelle fasi iniziali: si è giunti, infatti, all’incarico per la trascrizione delle intercettazioni.
Tutti gli affari del clan
L’inchiesta “Ultimo atto” ha consentito di scoperchiare l’organizzazione mafiosa di Biancavilla e le relative attività illecite. Attività diversificate e articolate, sempre redditizie. Tra queste, la gestione di una “agenzia” per il trasporto merci su camion e l’imposizione alle imprese, soprattutto del settore agrumicolo, all’utilizzo monopolistico dei servizi gestiti dall’organizzazione.
La gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti, poi, avveniva in maniera capillarre. Collegamenti sono stati accertati con gruppi di Adrano (coinvolti i “caminanti”) e di Catania (clan Laudani e clan Cappello).
La richiesta di pizzo era un’attività tradizionale e collaudata. Sei gli episodi estorsivi documentati a danno di attività commerciali ed imprenditoriali, costretti a pagare mazzette periodiche per Pasqua, San Placido e Natale. Le imposizioni avvenivano, in occasione delle festività patronali di ottobre, anche a carico dei venditori con bancarella e dei gestori delle giostre. Questi ultimi costretti a cedere centinaia di biglietti omaggio per un giro al luna park.
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Cronaca
Capelli trovati tra brioches e cornetti in un chiosco di Biancavilla: maxi-multe
Verifiche nei locali del centro storico, controlli a tappeto su strada: oltre 12mila euro di sanzioni

Operazione di controllo del territorio a Biancavilla da parte dei poliziotti del Commissariato di Adrano e del Reparto Prevenzione Crimine “Sicilia Orientale” con il supporto del Corpo Forestale, dell’Ispettorato del Lavoro e della Polizia Locale.
Controllati chioschi e pub per verificare l’osservanza delle normative previste per la vendita e la somministrazione di alimenti e bevande, oltre alle posizioni lavorative. Rilevate molteplici irregolarità, in alcuni casi anche gravi, al punto da comminare sanzioni per oltre 12mila euro.
Occhi puntati sui chioschi
Su tre chioschi controllati, due hanno evidenziato infrazioni rilevate dalla Polizia Locale. In particolare, accertata l’occupazione abusiva di suolo pubblico per cui ai titolari sono state contestate due sanzioni ciascuna di 173 euro.
Inoltre, in un chiosco, il Corpo Forestale ha rilevato prodotti privi di tracciabilità, tra sciroppi (25 litri), brioches e cornetti surgelati (30 chili), peraltro conservati in contenitori non idonei dal punto di vista igienico, al cui interno vi erano anche alcuni capelli. In questo caso, il titolare del chiosco è stato sanzionato per 1.500 euro e gli alimenti sono stati distrutti. Sono in corso, invece, gli accertamenti per i profili relativi alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, nonché sugli orari di lavoro.
Un pub ai raggi X
In un pub del centro storico, riscontrata la presenza di un lavoratore in nero. L’Ispettorato territoriale del Lavoro ha fatto scattare una maxi-sanzione di 5000 euro e una di 3.900 per lavoro in nero. Già in passato era stata accertata un’analoga situazione: sospesa l’attività, in attesa regolarizzi le violazioni.
Nel locale adibito a cucina, inoltre, il Corpo Forestale ha sequestrato e poi distrutto 17 chili di prodotti, freschi e congelati, di un valore commerciale di circa 300 euro, in quanto mancanti del necessario requisito della tracciabilità. Scattata la sanzione di 1500 euro, mentre il titolare è stato denunciato per frode alimentare in commercio, in quanto prodotti alimentari congelati erano spacciati come freschi, senza l’indicazione nel relativo menu.
Identificate 177 persone
Altro ambito dei controlli ha riguardato il Codice della strada. Complessivamente, i poliziotti hanno identificato 177 persone, di cui 21 già note alle forze dell’ordine, e controllato 60 veicoli, sospendendo dalla circolazione due auto per la mancanza della revisione e sanzionando altri conducenti per la mancata esibizione dei documenti, per il mancato utilizzo della cintura e del casco protettivo in sella agli scooter.
Individuate, infine, due persone di nazionalità marocchina, sprovviste di documenti. Pertanto, sono state condotte all’Ufficio Immigrazione della Questura di Catania per approfondimenti.
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