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Storie

Da Biancavilla la storia di Liliana e di suo marito, che la “ama” e la picchia

Oggi la donna, accarezzata dal sole, siede sulla panchina rossa della Comunità in cui risiede

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A Biancavilla, dove oltre cinquecento anni fa fu dedicato il primo edificio di culto a Catarina, martire venerata il 25 novembre, donna vittima della violenza da parte di uomini determinati a piegare il suo spirito e la sua volontà prima ancora che il suo corpo, oggi, come in tutto il mondo viene celebrata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

L’evento, tuttavia, rischia di entrare nel flusso di quelle commemorazioni che negli ultimi anni fanno notizia in prossimità della data loro assegnata nel calendario, cadendo (scadendo!) poi nei luoghi dell’oblio. Quasi come se, messa a posto la coscienza, ognuno possa tornarsene alla quotidianità fatta di gesti e modi di agire poco rispettosi del significato della commemorazione fatta.

Troppo grande l’argomento. Troppo importante il contenuto di questa Giornata per confinarla a poche ore o a delle cerimonie che, comunque rimangono di fondamentale valore. Eppure se gli argomenti non vengono ribaditi nella quotidianità e nella loro gravità, rischiano di suscitare superficialità e perfino opposizione.

Troppi silenzi, poche denunce

Passano davanti agli occhi le immagini dei telegiornali, le foto pubblicate sui social di giovani ragazze, donne, spose e figlie, fino a raggiungere quota cento in questo 2024, vittime dell’amore di chi non sa Amare. Troppo poche le denunce. Silenzi che occultano condotte tollerate e, da rabbrividire, in alcuni contesti anche incentivate. Esigui i casi di cui si conoscono moventi e dinamiche.

Il rischio grosso è che modelli di comportamento introiettati in famiglia passati di generazione in generazione continuano a essere considerati normali fino ai nostri giorni. Addirittura spesse volte l’atteggiamento aggressivo, rivelatore di forza e virilità da parte dell’uomo di casa, viene scambiato come espressione di protezione nei confronti delle donne. Vengono sdoganate le sberle, le urla, le minacce fatte per amore. Vengono affrancati comportamenti che affermano diversità di ruoli, di diritti e doveri, di compiti e di possibilità.

Liliana, dall’amore alla violenza

Nella nostra città di questi fatti ne accadono molti, ancora oggi. È l’esempio di Liliana (un nome di fantasia per una storia reale) che ci racconta la sua vita. Nella sua famiglia di origine la madre accudiva lei e i suoi fratelli, li accompagnava a scuola, cucinava, faceva di tutto per non far mancare niente. Il padre era un buon lavoratore, portava i soldi a casa. Sapeva difendere la moglie e i figli. Però quando si arrabbiava le faceva tremare. Volavano schiaffi e cinghiate, ma «era per insegnare l’educazione» a loro e alla madre.

Liliana cresce e conosce un uomo. Fuggono insieme. Si sposano e hanno dei bei bambini. Lei è innamorata del suo uomo. Lui lavora e fa bene l’amore. Pretende essere soddisfatto in tutto. Comanda lui. La ama. E la picchia quando vuole. Non vuole essere controllato. Manca spesso da casa. A volte Liliana ha enormi difficoltà economiche. Quando si confida con la madre le viene risposto che «gli uomini sono così. U vulisti e ora tù chiangi!». Sorgono dei problemi con le figlie, alle quali nonostante tutto cerca di garantire il necessario.

In comunità, seduta su una panchina rossa

Il marito però a un certo punto va via. Forse per lavoro o forse per chissà cosa. Liliana sta male. Con la frustrazione continua e gli insuccessi affettivi esplodono forti problemi psichiatrici. Ma lei continua ad amare il suo uomo.

Oggi, mentre gli studenti delle scuole e i membri di alcune associazioni di volontariato di Biancavilla depongono un mazzo di fiori nel monumento dedicato alle vittime del femminicidio e viene apposta una targa nel palazzo comunale, Liliana, accarezzata dal sole di questa giornata, siede nella panchina rossa realizzata all’interno del cortile della Comunità dove adesso risiede. E, lontana dal caos e dalle parole inutili, chiede ai suoi nuovi compagni di vita quell’Amore e quelle attenzioni che forse non ha mai potuto assaporare prima.

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Fuori città

I cent’anni di nonna Rosa Leocata, uno sguardo dolce che sa di giovinezza

Trasferitasi 15 anni fa da Biancavilla in Lombardia: festeggiata dal Comune e dalla parrocchia di Parona

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© Foto Biancavilla Oggi

Sette anni fa si è trasferita da Biancavilla a Parona, comune di 1900 abitanti in provincia di Pavia, dove vive con la nuora. Adesso che ha compiuto 100 anni, nonna Rosa è stata festeggiata dal piccolo comune lombardo. Per lei si sono mossi l’amministrazione comunale e la comunità parrocchiale di “San Pietro Apostolo” con padre Riccardo Campari. Il sindaco Massimo Bovo, in fascia tricolore, ha omaggiato la signora Rosa con un mazzo di fiori e una targa ricordo. A fianco a lei, le nipoti Rossella e Ramona Lavenia, Alfio La Delfa e Alessio Leotta, i pronipoti Alice e Francesco, la nuora Eveline Leleu.

Una vita lunga un secolo, quella di Rosa Leocata, nativa di Adrano, ma trasferitasi nel 1927 a Biancavilla, dove ha incontrato l’uomo della sua vita. Dal matrimonio con il marito Placido Lavenia, noto per il suo salone di parrucchiere per uomini e donne, sono nati tre figli: Vincenzo, Carmelo e Santina.

Nel racconto della sua vita non mancano, certo, cicatrici e rimpianti. Rimasta orfana di madre, non ha completato la scuola e, ancora oggi, quando il pensiero torna alla sua infanzia, il suo sguardo si riempie di malinconia: «Se solo avessi potuto studiare…». Ma da bambina imparò presto a lavorare, per poi lavorare come sarta, mostrando una dedizione e un senso del dovere che sarebbero stati il filo conduttore della sua esistenza. Il dolore più grande: la morte prematura dei figli.

«Segnata da sacrifici, dolori, amore sconfinato e una forza d’animo che le ha permesso di attraversare il tempo con dignità e dolcezza. La sua – raccontano i nipoti – è la storia di una donna che ha saputo affrontare ogni avversità trasformandola in un gesto d’amore per chi le stava accanto».

«Un esempio di resilienza»

Nonostante la lontananza dalla Sicilia, a dispetto della sua età, sa maneggiare il tablet ed è solita leggere Biancavilla Oggi per tenersi informata sul suo paese d’origine.

«Nonna Rosa – raccontano ancora i familiari – non ha mai smesso di essere una presenza stabile e affettuosa per chiunque le sia vicino. La sua casa è il rifugio di ricordi dolci e amari, raccontati con una lucidità sorprendente e uno sguardo che, a 100 anni, ancora sa di giovinezza».

«La sua non è solo la testimonianza di un secolo di storia, ma è il simbolo di una donna che non si è mai lasciata piegare dalle difficoltà. Oggi, nella sua lunga vita, possiamo leggere l’essenza stessa della resilienza: la capacità di amare oltre il dolore, di donarsi senza riserve, di accogliere il futuro con un sorriso, nonostante tutto».

Ecco perché questo speciale compleanno ha anche il valore di una conquista. E un’occasione di affetto e gratitudine, che in questo giorno unisce Biancavilla e Parona: «Alla nostra nonna centenaria, l’augurio di continuare a essere l’anima gentile che ispira chiunque abbia la fortuna di conoscerla. Buon compleanno, Rosa: cento anni di te sono un regalo per tutti noi».

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