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Cultura

Giuseppe Tomasello compie 90 anni: auguri all’ultimo “poeta contadino”

Di prossima uscita per “Nero su Bianco Edizioni”, la raccolta dei suoi testi teatrali in dialetto

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I suoi componimenti poetici in dialetto siciliano sono sentimento vivo. Le sue opere teatrali rappresentano un preziosissimo spaccato di un’antica quotidianità. L’amore e il mondo rurale, la famiglia e il lavoro sono al centro della produzione di Giuseppe Tomasello. È lui l’ultimo “poeta contadino” di Biancavilla, esponente di quella “scuola” di versi in vernacolo che, nel nostro paese, ha profondissime radici.

A “don Puddu” Tomasello vanno i nostri più affettuosi auguri per i suoi 90 anni. Osservatore attento, cantore dei sentimenti più nobili, ma anche persona attiva calata nel suo tempo. È stato impegnato nella politica locale (tra le fila comuniste) e nel mondo culturale (per anni tra gli animatori della rassegna “Sciuri di Mungibeddu”).

Cresciuto in una famiglia contadina, «il contatto con la natura – ama spesso ripetere – ha affinato il mio sentimento e mi ha dato gli occhi incantanti per la poesia».

Di lui ha scritto Placido Sangiorgio, esprimendosi in questi termini: «Crede la poesia un dono d’elezione, più che un morbo. E come tale connota i suoi scritti di una prospettiva moralistica, quasi una bandiera piazzata al suolo contro l’ingiuria del tempo e del tradimento irreligioso del mos maiorum. Si fa, pertanto, epigono cosciente di quella civiltà della pietra lavica soppiantata – per dirla con Bufalino – dagli ingordi “tumori cementizi”».

“La primavera dell’emigrante” è una sua lirica, scelta e cantata da Nilla Pizzi, che l’ha inserita nel suo album “Tanta nostalgia”, facendola conoscere agli italiani emigrati all’estero. Oltre cinquanta, i premi e i riconoscimenti, anche nazionali, che vanta Tomasello, a testimonianza delle sue qualità poetiche.

Di rilievo, pure i testi delle sue commedie dialettali:‘U patri all’antica, ‘a fuitina, Nobili e riccu, per citare le più popolari. Alcune maginifcamente interpretate sul palcoscenico dal compianto Turi Ventura.

Un’autentica ed accurata fonte di antropologia e sociologia della “sicilianità”. E proprio per queste ragioni, la nostra casa editrice Nero su Bianco sta lavorando ad una pubblicazione che raccoglie tutti i testi teatrali dialettali di Giuseppe Tomasello. Un volume in uscita agli inizi del 2024. Il modo migliore, da parte nostra, per celebrare il poeta Tomasello ed augurargli ogni bene per il traguardo dei suoi 90 anni.


Tomasello ci scrive…

Gentili lettori di Biancavilla Oggi,

Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine per gli affettuosi auguri e la stima che mi avete dimostrato. L’articolo pubblicato da Biancavilla Oggi, dedicato alla mia produzione poetica in dialetto siciliano e alle mie opere teatrali, mi ha commosso profondamente. E anche le tantissime persone che tramite commenti e telefonate mi hanno dimostrato affetto e stima.

Ritrovarmi descritto come l’ultimo “poeta contadino” di Biancavilla è un onore che abbraccio con umiltà e gratitudine. La centralità dell’amore, del mondo rurale, della famiglia e del lavoro nelle mie opere rappresenta la radice dei miei sentimenti e del mio impegno artistico.

Osservare il mondo con occhi che hanno respirato la natura e che sono stati plasmati dalle tradizioni è ciò che mi ha ispirato nella creazione poetica. Mi sono sempre sforzato di trasmettere l’autenticità di questa prospettiva nei miei componimenti.

La citazione di Placido Sangiorgio, che riflette sulla natura morale della mia poesia, mi commuove profondamente. E il fatto che le mie parole siano state cantate da Nilla Pizzi è un onore che va al di là delle parole e che, anche dopo molti anni, continua a riscaldare il cuore.

L’annuncio della prossima pubblicazione dei miei testi teatrali dialettali da parte della casa editrice Nero su Bianco rappresenta un omaggio straordinario per il mio novantesimo compleanno. È un gesto che accolgo con immensa gioia e riconoscenza.

Vi ringrazio di cuore per il sostegno e l’affetto che mi avete dimostrato nel corso degli anni. Continuerò a dedicare il mio impegno e la mia passione alla promozione della cultura e della tradizione siciliana.

Con sincera gratitudine,
GIUSEPPE TOMASELLO

www.poetatomasello.it

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Cultura

W San Placido: il santo del popolo che almeno per un giorno ci rende comunità

Il Patrono di Biancavilla: di fronte a tradizioni ridotte a farsa, l’unica certezza resta quella del 5 ottobre

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© Foto Biancavilla Oggi

In un tempo di storiografie deboli, di identità incerte, di farse battezzate a tradizioni, il biancavillese ha in sé una sola certezza: il 5 ottobre viene san Placido. E non se ne fa, se il programma civile (dopo quello delle funzioni) quest’anno si intesta con un generico e mostoso “Ottobre in festa” (bisognerebbe capire cosa abbia fatto derogare all’attesa e gioiosa “Festa di San Placido” l’ibrida locuzione dall’indifferente gusto oltralpino, considerando che gli eventi in programma iniziano a fine settembre e non vanno oltre la prima settimana del mese successivo).

Ma San Placido, si sa, è festa di città. La festa. Di questa città. Il Benedettino non è santo di giaculatorie, litanie e piagnistei. È quasi impossibile, infatti, trovare un concittadino che conosca due righe, due, di una qualche preghiera dedicata al Patrono. Non a caso l’omonima novella di Federico De Roberto, ambientata a Biancavilla, ha avvio nel palazzo comunale e non in chiesa (si veda il volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni). Infatti, a differenza degli altri protettori, il martire è il cuore collettivo della società che si rigenera: il solo che per esistere non ha bisogno di ancoraggi alla fondazione.

Una festa di tutti, nessuno escluso

Santo ghibellino e socialista, di popolo: mette tutti d’accordo. Nessuno si sente escluso dalla festa. Tra un pasto luculliano e un vestito nuovo, una luminaria e uno sparo, una bancarella e un cantante, una crispella e un pezzo di torrone, in un giro di giostra, ce n’è per tutti. Si capisce che il culto di Placido risulta funzionale a un certo clericalismo, mentre non si dà per scontato il contrario.

Duole, però, che le tradizionali mongolfiere siano sparite al seguito della corsa dei cavalli, e la fiera del bestiame non ritorna a prendere posto, seppure rivista, nel calendario: quanto sarebbe atteso per i più piccoli, ad apertura di festività, un evento di promozione all’adozione degli animali e di conoscenza delle specie protette del Parco dell’Etna, quando le politiche degli ultimi governi si muovono a favore di educazione e terapia con gli animali.

Il Santo “civile” lontano da ori e pompe

È figura identitaria pop quella di Placido. Rifugge da ori e da pompe. Accondiscende alle messe, ma resta il Santo civile. E mantiene carattere del divino nella più occidentale delle tradizioni: quella di avere vizi umanissimi, ricorrere a una padella per difendere la sua salsiccia, facendo nero l’omologo adranita, e si tiene caro il territorio dal quale non accenna ad allontanarsi, pena mollare una gran pedata ai limitrofi trafugatori. Quanti nonni raccontano, ancora, queste vicende ai nostri occhi incantati di pargoli di sempre.

Santo del mito, più che del rito. Nel mutamento demografico e nell’ibridismo culturale, la sua festa – cerniera tra le stagioni e spartiacque dell’agenda nostrana – si perpetua e ci fa comunità. Per un giorno. E dai vecchi barbanera della Penisola ai calendari rurali riemerge Biancavilla nel novero delle feste nazionali, per il suo San Placido. Lo stesso al quale era intestata la prima banca popolare di microcredito: “Cassa rurale San Placido”.

Ma oggi, per una decina di minuti, per noi, i botti non saranno quelli dei notiziari atroci, della gragnuola che si abbatte nel medio oriente e nell’est dell’Europa. La disperazione anche per quest’anno è rimandata. E sarà bello trovarci ancora a mezzogiorno, senza classi, senza titoli, senza miseria all’uscita festosa del monaco rubicondo, con l’istinto condiviso di afferrare un rettangolino di carta colorata e leggerci: “W San Placido”!

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