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Sorpresa: il teste risulta indagato Udienza “Onda d’urto” rinviata

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di Vittorio Fiorenza

Doveva essere il giorno dell’intervento, in videoconferenza da una località segreta, di Giuseppe Arena, testimone di giustizia e persona offesa. Assieme al padre Orazio e al fratello Luca (anche loro inseriti in programma di protezione), ha gestito, a Biancavilla, l’impresa di famiglia di servizi funebri, bersagliata –secondo l’accusa– da richieste estorsive. L’udienza in questione è quella per il processo scaturito dall’operazione “Onda d’urto”, che si celebra alla Prima sezione penale in composizione collegiale del Tribunale di Catania, presieduta da Grazia Caserta.

Il teste era pronto per rispondere alle domande, ma dalla difesa dei sei imputati (Giuseppe Amoroso, Antonino Aricò, Roberto Maglia, Massimo Merlo, Placido Merlo e Angelo Santi) è stata sollevata un’eccezione che ha portato al rinvio.

I legali, sulla base di una “Comunicazione di notizia di reato” dei carabinieri, hanno fatto emergere che Giuseppe Arena risulta formalmente indagato per associazione mafiosa e associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Si tratta di un’indagine –denominata “Pojo Rosso”, in cui figurano altri 32 soggetti– che di fatto è sfociata nel recente blitz “Città blindata”.

Per verità di cronaca va detto che, dopo l’osservazione, il pubblico ministero, Andrea Bonomo, ha anticipato che per Giuseppe Arena chiederà l’archiviazione, sottolineando la sua credibilità di testimone e la collaborazione avuta con inquirenti e carabinieri.

Sta di fatto, che Arena avrebbe dovuto parlare in qualità non di teste ma di “indagato per reato connesso”, che presuppone l’assistenza legale. Da qui, il rinvio al prossimo luglio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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2 Commenti

2 Commenti

  1. Luca

    8 Marzo 2019 at 17:21

    Merda la mafia è una merda

  2. Dany

    7 Marzo 2019 at 7:06

    Ancora lì ritengono credibili… Fa comodo molto comodo nn pensare a ki a quasi tre anni Ke mangia galera lontano dai suoi affetti e x giunta solo xke anno puntato un dito anno diffamato delle persone ritendoli mafiosa… Bene a questo punto kiamateli con il giusto nome noooooo eroi. La verità viene sempre a galla… Se ci sono delle colpe è giusto Ke si paghi x i propri errori…ma parlare è sparare a zero quando sei indagato x gli okki della legge nn puoi essere credibile… La legge a questo punto deve essere uguale x tutti…

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Cronaca

Il “sequel” della rissa di via dell’Uva: così si è arrivati al blitz “Ultimo atto”

Da un diverbio in strada alla scoperta del clan: “Biancavilla Oggi” ricostruisce i retroscena

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L’ordine di carcerazione eseguito dai carabinieri nei confronti di uno dei partecipanti alla rissa (condannato a 4 anni di carcere) è soltanto l’ultima scena di un film più lungo e complesso. La rissa è quella culminata in via dell’Uva, a Biancavilla, nel settembre 2018 con il ferimento di un ragazzo a colpi di kalashnikov. Ma quella lite – scaturita da un diverbio per un incidente stradale avvenuto ad Adrano – ha un sequel di grande rilievo. I carabinieri hanno indagato per ricostruire dinamiche e responsabilità della rissa, ma poi si sono imbattuti nella mappa criminale di Biancavilla e Adrano. Al punto da scoprire ruoli e affari illeciti del ricostituito clan biancavillese, fino a fare scattare il blitz antimafia “Ultimo atto”. L’operazione è del settembre 2023 e ha il merito di avere falciato l’organizzazione con a capo Pippo Mancari u pipi, figura storica e carismatica.

Ma riavvolgiamo il nastro. È il tardo pomeriggio dell’8 settembre 2018: ad Adrano si verifica un incidente stradale tra un’auto e uno scooter T-Max. Ne segue un diverbio. È coinvolto un ragazzo biancavillese, che decide di allontanarsi e cercare protezione in via dell’Uva. Ma è inseguito dagli adraniti. Il teatro degli eventi è il cortile della palazzina a nord di viale dei Fiori. È qui che divampa la mega rissa. Nel caos, Riccardo Pelleriti, fratello del ragazzo coinvolto nell’incidente, esplode colpi di kalashnikov AK 47. Ferisce l’adranita Davide Galati Massaro. Per poco non l’ammazza. Il ferito viene ricoverato all’ospedale “Cannizzaro” di Catania, mentre ai carabinieri bastano poche ore per risalire al responsabile e a fermarlo in quanto indiziato di delitto. Poco più di anno dopo, l’ordine di custodia cautelare in carcere arriva pure per il cognato Vito Marino. Riconosciuto il suo ruolo in quei fatti, è lui ad essere finito ora a piazza Lanza per scontare la sua pena definitiva: porto e detenzione di arma da guerra, rissa e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.

Il blitz antimafia cinque anni dopo

I carabinieri, dunque, avevano subito chiuso il cerchio sul “far west” urbano di via dell’Uva. Ma le loro indagini si erano allargate. La presenza di un’arma da guerra come quel kalashnikov non era passata inosservata. Come non poteva non essere notata la parentela del ragazzo ferito con un esponente del clan Scalisi di Adrano, oltre a ritenere il giovane che ha imbracciato la mitraglietta orbitante nel clan biancavillese.

Ecco perché quella rissa – secondo gli inquirenti – ha urtato gli equilibri della criminalità organizzata nei due comuni con il rischio che potesse ulteriormente degenerare. Per evitare che la scintilla di via dell’Uva potesse provocare un’esplosione, Pippo Mancari si era premurato a fare visita in ospedale al giovane ferito. Un segno per ristabilire la calma e mandare un segnale di distensione agli adraniti.

Tutti elementi che avevano fatto entrare in scena la Direzione Distrettuale Antimafia. Cinque anni di indagini, nutrite anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, sugli affari del clan di Biancavilla: estorsioni, droga e trasporto merci.

È così che da un’inchiesta per una mega rissa si è arrivati al settembre 2023, nella notte in cui un centinaio di carabinieri hanno bussato alla porta di 13 dei 18 indagati per notificare le 820 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dalla giudice Daniela Monaco Crea. Un blitz per associazione mafiosa (ne sono estranei i due protagonisti di via dell’Uva) che ha scoperchiato il ruolo apicale di Pippo Mancari (storico esponente del clan locale) e del suo gruppo, ricostituito dalle macerie provocate da anni di arresti e agguati. Adesso si attende che la Procura chieda il rinvio a giudizio.

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