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Nuovo ospedale, 40 anni di attesa Mafia, appalti e ritardi all’italiana

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Il progetto sul nuovo plesso ospedaliero da collegare con l’attuale struttura

Cattedrale nel deserto dalla fine degli anni ’70. Nel 2007 l’annuncio di ultimazione dei lavori. Ma gli intoppi non finiscono: infiltrazioni mafiose, cambio di aziende, sabotaggi, minacce, “strani” furti, problemi sindacali. 

 

di Vittorio Fiorenza

Consultando la rassegna stampa degli ultimi dieci anni e sfogliando i ritagli dei giornali, ad un certo punto si ha un senso di smarrimento. Si perde il conto sul numero di date annunciate (tutte puntualmente disattese) sul completamento del nuovo plesso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla.

Nel centro etneo è diventato argomento da barzelletta all’italiana. Negli anni, la folla di politici, amministratori, rappresentanti sanitari che hanno sgomitato per avere un’intervista, un’inquadratura dalle tv locali o una dichiarazione sulla stampa si è ingrossata a dismisura.

Soltanto negli ultimissimi mesi, voci incontrollate hanno indicato l’inaugurazione della nuova struttura «entro settembre», poi «l’8 dicembre», quindi «prima di Natale». Le più recenti, trepidanti news prospettano «forse a Pasqua». Cioè nessuna certezza.

I lavori sono pressoché completati, sono arrivati anche alcuni macchinari diagnostici. Manca da realizzare la passerella di collegamento tra il nuovo plesso e quello attuale.

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Passerella di politici, amministratori e dirigenti sanitari nel sopralluogo del settembre 2014

I ritardi dei lavori e gli annunci-farsa sull’inaugurazione hanno creato in paese non poca indignazione, al punto che qualcuno ha segnalato questo caso a “Striscia la notizia”. L’inviata Stefania Petyx e l’inseparabile bassotto sono stati qualche giorno fa a Biancavilla per raccontare questa vicenda paradossale: il servizio dovrebbe andare in onda la prossima settimana. Una figuraccia nazionale per un iter tormentatissimo.

Dalla fine degli anni ’70, l’edificio in questione era rimasto una cattedrale nel deserto. Nel 2007, la presentazione del progetto di completamento con lavori stabiliti in tre anni. Macché tre anni. Gli intoppi si sono avuti quando l’impresa incaricata dei lavori, l’Ati Group di Bagheria, è stata confiscata per mafia in quanto società legata alla galassia patrimoniale sottratta a Michele Aiello, il “Re della sanità siciliana”.

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Uno dei ritagli del quotidiano “La Sicilia”

Ci sono stati poi sabotaggi e minacce ai dirigenti del cantiere biancavillese. Nel 2014, il passaggio dell’appalto dall’Ati Group ad un’altra azienda, la Lotos. La notte prima della firma del verbale, un “chirurgico” furto di apparati elettrici ed informatici: Il danno al cantiere è da record: 400mila euro.

Nonostante il cambio di impresa, il cronoprogramma dei lavori non viene affatto rispettato. Le opere vanno avanti al rallenty. Ma nessuno, ora, si vuole prendere l’onere di indicare la data del taglio del nastro inaugurale, dopo che ne sono state disattese una ventina o più. «A Pasqua? Forse».

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Uno dei locali interno alla nuova struttura

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A Biancavilla prevista una “casa di comunità” tra le 29 che realizzerà l’Asp

Rappresentano il fulcro della nuova rete territoriale che fornirà un’assistenza sanitaria 24 ore su 24

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© Foto Biancavilla Oggi

La Direzione strategica dell’ASP di Catania ha approvato, in linea tecnica e in linea amministrativa, i progetti di fattibilità tecnico-economica di 29 Case di Comunità e di 10 Ospedali di Comunità. L’importo complessivo degli interventi è di poco inferiore a 71 milioni di euro, di cui 66 milioni circa da finanziamento Pnrr e 5 milioni da bilancio aziendale. Una delle case di comunità è prevista a Biancavilla.

Le Case di Comunità sono il fulcro della nuova rete territoriale al quale il cittadino può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. In tali strutture, i cittadini potranno trovare assistenza 24 ore su 24, ogni giorno della settimana, con un’ampia offerta.

I servizi riguardano: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni, infermieri di famiglia e comunità, altri professionisti sanitari, supportati da adeguata strumentazione tecnologica e diagnostica di base (ecografo, elettrocardiografo, spirometro, ecc.).

Le Case di Comunità si distinguono in Hub e Spoke, alla luce delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio, al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali.

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