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Vlady Art e OX a Biancavilla per un intervento artistico “antisistema”

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Biancavilla, scelta come meta in cui installare le creazioni dei due noti artisti. Ma pochi hanno capito. Vlady: «Fa parte del programma, altrimenti farei arte popolare».

 

di Alessio Leotta

Cosa succede se Vlady Art, artista nato a Catania ma dai lunghi trascorsi in giro per l’Europa (la cui produzione, perlopiù installativa, concettuale e site-specific, è portatrice di messaggi forti, ironici, sarcastici, sempre semplici ma efficaci), incontra OX, l’anonimo e prolifico artista francese, famosissimo per i suoi attacchi alla pubblicità a Parigi e in tutto il mondo? E soprattutto cosa succede se scelgono Biancavilla come meta per la prima collaborazione artistica?

È esattamente quello che è capitato. I due artisti internazionali hanno scelto il centro etneo per una tipologia di intervento, da inserire nella più ampia gamma di azioni contro la pubblicità: liberation billboard, subvertising, brandalism e artivismo.

OX si trova per la prima volta a realizzare in Sicilia le sue affissioni. Sia lui che Vlady puntano ad un intervento che faccia “riflettere” la gente sull’azione di condizionamento che ci porta la pubblicità. Ed ecco che a Biancavilla, come per magia, compaiano nelle “piccole” billboard, poste nei muri perimetrali di viale Colombo del cimitero, dei disegni elaborati ad hoc.

Vlady ha puntato a riprendere la forma e le dimensioni delle locandine (spazio mentale che condiziona la gente) mentre OX ha elaborato dei disegni-parodia sui colori pubblicitari.

Queste istallazioni, al contrario dei normali manifesti, non sono stampati ma dipinti e disegnati a mano: non è un lavoro grafico ma un vero lavoro d’arte, site specific. Il lavoro di OX stupisce per le campiture che sembrano stampate. Vlady, che Biancavilla Oggi ha intervistato, preferisce un disegno più “grezzo” ma altrettanto di impatto.

Vlady, come mai la scelta di Biancavilla per questo primo connubio con OX?
«La scelta cade su Biancavilla per due motivi. Innanzitutto per le sette “piccole” billboard allineate che creano uno spettacolare impatto visivo. Secondariamente perché portano scompiglio in un luogo poco abituato, quindi una location surreale.

Conosci la realtà biancavillese e la scarsa comprensione verso le vostre istallazioni?
Conosco il territorio, anche se non potrò mai sentirlo davvero “mio”. Non basta essere nato nel capoluogo e vivere a 30 km da Biancavilla per dirsi tutt’uno con il posto. Occorre anche condividerne tutta la cultura del popolo e non so se questo è il mio caso. Sicuramente lo conosco, OX invece è il vero ospite.

I vostri lavori sono stati coperti dopo poco tempo. Secondo te il messaggio di sovversione e di attacco verso il sistema è stato recepito?
Penso di no, ma questo è parte del programma. Se mi interessasse comunicare con tutti farei arte popolare. A me invece interessa colpire gli animi più ribelli e i meno assoggettabili dal sistema “svegliati, lavora, chiacchiera e vai a dormire”. A me interessa la gente che pensa. Fossero anche cinque persone in paese. So che è successo, so che esiste qualcuno che lo fa, visto che tu mi poni delle domande e c’è chi in questo momento sta leggendo questa intervista. I lavori vengono coperti in fretta, ma anche questo è parte del copione. Se avessimo voluto rimanere nel tempo, avremmo optato per altre soluzioni.

Come valuti questa collaborazione con OX? Ce ne saranno altre? È a conoscenza del posto scelto?
Sì che OX è a conoscenza. Abbiamo certamente studiato la città, prima di agire. Non ci saranno repliche, non a Biancavilla. Io e lui magari ci faremo rivedere altrove ma sempre senza preavviso o permesso.

Vlady conclude l’intervista anche con un pensiero su Biancavilla Oggi.
Fate un lavoro tutt’altro che scontato: opinioni libere e finalmente qualcosa di vero. Ho letto anche le lettere che vi mandano, la vostra disponibilità ad accettate e capire la critica. I “potenti di turno” si devono abituare alla democrazia e allo spazio che date voi. Loro sono e rimangono dei cortigiani.

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Cultura

Ficurìnnia nustrali, trunzara o bastarduna ma sempre da “scuzzulari”

Dalle varietà del succoso frutto alle varianti dialettali, tra tipi lessicali e significati metaforici

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Se c’è una pianta che contrassegna fisicamente il paesaggio della Sicilia e la simboleggia culturalmente, questa è il fico d’India o, nella forma graficamente unita, ficodindia (Opuntia ficus-indica). Pur trattandosi infatti di una pianta esotica, originaria, come sappiamo, dell’America centrale e meridionale, essa si è adattata e diffusa capillarmente in tutto il territorio e i suoi frutti raggiungono le tavole di tutti gli italiani e non solo. A Biancavilla, la pianta e il frutto si chiamano ficurìnnia, ma in Sicilia si usano molte varianti, dalla più diffusa ficudìnnia a quelle locali, come ficadìnnia, ficalinna, ficarigna, fucurìnnia, ficutìnnia, cufulìnia ecc. Atri tipi lessicali sono ficupala, ficumora, mulineḍḍu.

Esistono inoltre specie non addomesticate, come l’Opuntia amyclaea, con spine molto pronunciate, sia nei cladodi sia nei frutti, poco commestibili, e usate principalmente come siepi a difesa dei fondi rustici. In Sicilia, questa si può chiamare, secondo le località, ficudìnnia sarvàggia, ficudìnnia spinusa, ficudìnnia di sipala, ficudìnnia masculina, ficudìnnia tincirrussu. Per distinguerla dalla specie ‘selvatica’, quella addomesticata è in Sicilia la ficurìnnia manza, di cui esistono varietà a frutto giallo (ficurìnnia surfarina o surfarigna), varietà a frutto bianco (ficurìnnia ianca, muscareḍḍa o sciannarina [< (li)sciannarina lett. “alessandrina”]), varietà a frutto rosso (ficurìnnia rrussa o sagnigna), varietà senza semi (ficudìnnia senza arìḍḍari, nel Palermitano). I frutti pieni di semi si dicono piriḍḍari, quelli eccessivamente maturi mpuḍḍicinati o mpuḍḍiciniḍḍati, quelli primaticci o tardivi di infima qualità sono i ficurìnnia mussuti (altrove culi rrussi).

In una commedia di Martoglio (Capitan Seniu), il protagonista, Seniu, rivolto a Rachela, dice:

Almenu ti stassi muta, chiappa di ficudinnia mussuta, almenu ti stassi muta! … Hai ‘u curaggiu di parrari tu, ca facisti spavintari ‘dda picciridda, dícennucci ca persi l’onuri?

Come è noto il frutto del ficodindia matura nel mese di agosto, ma questi frutti, chiamati (ficurìnnia) nuṣṭṛali a Biancavilla, anche se di buona qualità, fra cui sono da annoverare i fichidindia ṭṛunzari o ṭṛunzara, in genere bianche, che si distinguono per la compattezza del frutto, non sono certo i migliori. Quelli di qualità superiore, per resistenza e sapidità, sono i bbastardoli, o, altrove, bbastarduna. Questi maturano tardivamente (a partire dalla seconda metà di ottobre) per effetto di una seconda fioritura, provocata asportando la prima, attraverso lo scoccolamento o scoccolatura, una pratica agricola che consiste nell’eliminazione, nel mese di maggio, delle bacche fiorite della pianta, che verranno sostituite da altre in una seconda fioritura. A Biancavilla e in altre parti della Sicilia si dice scuzzulari i ficurìnnia.

Per inciso, scuzzulari significa, da una parte, “togliere la crosta, scrostare”, dall’altra, “staccare i frutti dal ramo”. Dal primo significato deriva quello metaforico e ironico di “strapazzarsi”, in riferimento a persona leziosamente ed eccessivamente delicata, come nelle frasi staccura ca ti scòzzuli!, quantu isàu m-panareḍḍu, si scuzzulàu tuttu, u figghju! Così “di chi ha fatto una cosa trascurabile e pretende di aver fatto molto e di essersi perfino affaticato”. Inoltre, èssiri nam-mi tuccati ca mi scòzzulu si dice “di una persona assai gracile” oppure “di una persona molto suscettibile e permalosa”. Il verbo, infine, deriva da còzzula “crosta”, dal latino COCHLEA “chiocciola”.

Ritornando ai fichidindia, sono ovviamente noti gli usi culinari, la mostarda, il “vino cotto”, quelli dei cladodi, le pale, nella cosmesi o ancora nell’artigianato per realizzare borse di pelle vegan, ma essi, o meglio alcuni loro sottoprodotti, sono stati anche, in certi periodi, simboli di povertà. Quando, infatti, si faceva la mostarda, i semi di scarto venivano riutilizzati, ammassati in panetti e conservati. Si trattava di un prodotto povero di valori nutrizionali e dal sapore non certo gradevole come la mostarda. Si chiamava ficurìnnia sicca, locuzione divenuta proverbiale a volere indicare non solo un cibo scadente ma perfino la mancanza di cibo. Cchi cc’è oggi di manciàri?Ficurìnnia sicca! Cioè “niente!”

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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