Cronaca
«C’era un’auto lanciata a velocità» Quei dubbi sulla morte di Antonio


La ringhiera contro cui è andato a schiantarsi la moto di Antonio Gagliano
di Vittorio Fiorenza
«Quella sera, appena dopo l’incidente, ero sul posto come altri: io persona vicino a me ha detto di avere visto un’auto a tutta velocità, la stessa che avrebbe tagliato la strada o avrebbe fatto perdere il controllo alla moto».
L’appello dei familiari di Antonio Gagliano, il giovane morto ad agosto dopo avere sbattuto con la sua moto contro una ringhiera in via Cristoforo Colombo, sembra aprire uno squarcio di speranza, per quanto sottilissimo. A parlare con il padre del giovane, Salvo, e con il legale che segue il caso, l’avv. Maurizio Di Bella, è stata una ragazza di Biancavilla, di cui si omette il nome per sua stessa volontà. Lei non ha visto l’esatto momento dell’incidente. Però ha riferito di avere parlato con una persona che pochi minuti dopo la tragedia sosteneva di avere visto un’auto a tutta la velocità che forse ha provocato la morte di Antonio ed il ferimento della moglie che era in sella con lui.

Antonio Gagliano
Adesso si cerca questo presunto testimone chiave. Anzi, si spera che si faccia avanti lui stesso, quantomeno per chiarire alcuni aspetti di un caso catalogato dai carabinieri come “incidente autonomo”.
La moglie di Antonio avrebbe ricordi non limpidi di quel momento e non sarebbe stata sentita dai militari. I familiari, comunque, credono che la tragedia sia stata causata da un’auto (alcuni hanno parlato di una Minicar) che avrebbe tagliato la strada alla moto. Una versione che, in effetti, già subito dopo il fatto in paese si era diffusa.
Ma è necessario che chi sa parli. A Biancavilla Oggi, il padre della vittima aveva lanciato un appello. Pure il fratello Miki, su Facebook, si era rivolto a quanti potessero dare elementi utili a ricostruire la dinamica di quella maledetta sera di agosto, quando Antonio e la moglie, di ritorno da una serata in piazza, erano a pochi metri dalla loro abitazione.
I familiari adesso si sono aggrappati alle parole di questa ragazza. Ma è necessario rintracciare chi ha visto direttamente, ovvero la persona che avrebbe riferito dell’auto lanciata a velocità. Un appiglio per verificare se si è trattato di incidente autonomo o provocato. Una questione di giustizia. Una questione di coscienza.
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Cronaca
I fatti della fiera abusiva, parla la Lav: «Violenze inaudite, processo lacunoso»
Intervento del presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione sulla sentenza del Tribunale di Catania

«Un atto di violenza inaudito, dove a farne le spese sono state due private cittadine, tra cui la responsabile di Lav Catania Angelica Petrina, “colpevoli” solo di essere intervenute a vario titolo in quella che doveva continuare ad essere, secondo i partecipanti, una indisturbata fiera abusiva di animali sotto gli occhi di tutti. Una storia in cui animali e umani vengono maltrattati dagli stessi individui, a dimostrazione di quanto ripetiamo da sempre. Chi agisce con violenza nei confronti degli animali di solito non ha remore a perpetrarla anche nei confronti degli umani, perché si sente invincibile e impunito».
A dichiararlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione. Parole pronunciate a conclusione del processo con 17 imputati sui fatti di violenza avvenuti nell’ottobre del 2016 in via della Montagna, a Biancavilla, per la fiera abusiva del bestiame. Procedimento concluso con tre condanne per rapina ai danni di Angelica Petrina e dell’avv. Pilar Castiglia, che era intervenuta a difesa della prima. Per gli altri imputati, due assoluzioni. E poi prescritti i reati di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, maltrattamento di animali, minaccia aggravata, rifiuto in atti d’ufficio.
«Hanno voluto mettere – sottolinea la Lav – una pezza a qualcosa che non è rimediabile. Tutto il processo è stato lacunoso, con infinite lungaggini che hanno avuto un peso enorme sull’esito. La prescrizione per i reati di maltrattamento a danno degli animali fa rabbia, perché non porta giustizia, e le immagini di quanto accaduto quel giorno di quasi 10 anni fa invece parlano chiaro”.
Angelica Petrina, responsabile Lav Catania, aggiunge: «Ci sono state 3 condanne con pene irrisorie, ma hanno un elevato valore simbolico: significa che quel giorno ci sono state delle aggressioni e che sono stati riconosciuti dei colpevoli. Certamente ci aspettavamo di più». A seguito di quegli episodi, nessun raduno illegale si è più ripetuto a Biancavilla. È questo «l’unico risultato totalmente positivo di questa storia», evidenzia Petrina.
La posizione di Pietro Tomasello
A proposito della sentenza, scrivono una nota gli avv. Vincenzo Nicolosi e Giuseppe Milazzo, che hanno assistito Pietro Tomasello, assolto per rapina, in prescrizione il reato di lesioni personali.
I due legali si dichiarano soddisfatti «poiché da sempre convinti dell’innocenza del loro cliente». «La vicenda che ha coinvolto il sig. Tomasello – scrivono – è durata oltre otto anni ed ha portato con sé, oltre alla illegittima sottoposizione a un processo che lo vedeva del tutto estraneo, anche una conseguente gogna mediatica immeritata, che ha coinvolto non solo il Tomasello ma anche la sua famiglia».
Secondo i due legali «Tomasello ha avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Niente di più, e la sentenza di primo grado lo ha confermato». Si attendono a metà maggio le motivazioni della sentenza per la valutazione di ricorrere in Appello. Gli avv. Nicolosi e Milazzo «non escludono anche un’ulteriore appendice giudiziaria, volta a tutelare l’immagine del loro assistito illegittimamente e strumentalmente danneggiato e coinvolto nella presente vicenda processuale».
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