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Il preside Mario Amato: «I ragazzi cercano spazi, intervenga il Comune»
di Vittorio Fiorenza
«Parlerò con i ragazzi, dirò loro che se si fanno male mentre scavalcano o giocano a pallone, quando la scuola è chiusa, i loro genitori mi denunciano. Ecco perché farò affiggere dei cartelli in cui sarà chiaramente indicato il divieto di accesso».
Il prof. Mario Amato è dirigente scolastico del Primo circolo didattico, ma quest’anno è pure reggente della scuola media “Luigi Sturzo”, al centro delle discussioni suscitate dalla pubblicazione delle immagini di Biancavilla Oggi dei ragazzi che scavalcano cancello ed alte inferriate per giocare a calcio. La storia professionale di Amato è essenzialmente legata alla “Sturzo” per averci insegnato anni.
«Ritorno in questa scuola da reggente dopo 11 anni e –sottolinea Amato– mi spiace vedere gli stessi problemi che ho lasciato. Non solo: abito a due passi dalla “Sturzo” e mi capita di vedere gruppi di ragazzi con il pallone in mano che si dirigono verso il campetto, quando l’edificio è chiuso e non sono previste attività programmate. Evidentemente non è stato sufficiente, ai tempi del preside Nino Longo, innalzare le inferriate con la parte superiore appuntita».
Il preside, però, allarga la riflessione: «C’è da parte di questi ragazzi una richiesta di spazi. Solo questo. Non hanno mai fatto danni alla scuola. Resta il loro bisogno di avere un posto in cui giocare. Di questo il Comune si deve fare carico».
Non una riflessione generica, quella di Amato. Ad essa si legano una precisa proposta e un interrogativo, rivolti all’amministrazione comunale: «È possibile sistemare il nostro campetto e dotarlo di un ingresso autonomo. Si può poi fare un protocollo di intesa con il Comune per consentire l’utilizzo ai ragazzi anche fuori dagli orari scolastici. Ma il Comune è disposto a farlo? Ed è disposto a mettere un addetto per la struttura?».
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Ecco la “sala mortuaria” dell’ospedale di Biancavilla: una grave offesa alla dignità
Le condizioni ignobili di un luogo che dovrebbe accogliere con rispetto la persona deceduta e i loro familiari
Muri scrostati e mancanza di pulizia. Uno spazio ristrettissimo. Un ripiano rivestito di marmo (non in acciaio, come dovrebbe essere). Ripiano su cui sono evidenti, come nell’annesso lavandino, residui (organici?) che mostrano una mancanza di sanificazione minima. È qui che vengono appoggiate le salme. Un condizionatore d’aria, in alto sul muro, posto al di sopra di una piccola grata di ferro arrugginito.
È questa la camera mortuaria dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. Ma sembra un ripostiglio, ricavato in una stanzetta di fronte al vecchio pronto soccorso del plesso di via Cristoforo Colombo. Una porta in legno, un catenaccio e una targa: “Sala mortuaria”. Biancavilla Oggi vi mostra come si presenta, nel video che qui pubblichiamo.
Il luogo – a due passi dalla direzione sanitaria – è un’offesa al decoro e alla dignità che bisognerebbe riservare ai pazienti deceduti in reparto. Salme collocate qui, in attesa della vestizione funebre, della sistemazione nella bara e della consegna ai familiari. Un’attesa durante la quale gli operatori delle pompe funebri sono costretti a muoversi in pochissimo spazio. I parenti del paziente deceduto possono soltanto stazionare fuori, all’aperto, dove si trovano alcuni vecchi sedili in plastica.
Un’indecenza, tra muffa e ruggine. Una realtà poco conosciuta della struttura ospedaliera di Biancavilla, ma che rappresenta una triste esperienza per i familiari che hanno dovuto affrontare il decesso di un proprio caro in ospedale. Riesce difficile comprendere come nella nuova struttura ospedaliera non sia stata prevista o non ancora realizzata una sala mortuaria degna ad ospitare la persona deceduta e ad accogliere i familiari. Una questione di civiltà e di umanità. È una pretesa eccessiva?
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