Detto tra blog
Assalto a piazza Don Pino Puglisi Educare alla legalità? È possibile

di PIETRO BENINA
Biancavilla, 15 luglio 2018, domenica mattina, nemmeno due mesi dall’intitolazione della storica piazza-belvedere sul Simeto al beato Pino Puglisi: nulla onora la memoria del “nostro” grande sacerdote-educatore.
Il panorama è sempre affascinante, il vento che risale la valle apporta la consueta frescura pettinando i pini malconci che a giro riempiono la piazza, il resto è scempio totale.
La barbarie ha preso, imbrattato, distrutto tutto quello che si poteva: aiuole ridotte a cacatoio per cani; tutto in terra e negli pseudo cestini attaccati alla ringhiera, ma anche giù adiacente il costone basaltico, l’usa e getta di panini, pizze, patatine, lattine, bottiglie di vetro pure artisticamente incastonate nel tronco di un albero.
Lampioni artistici dell’illuminazione pubblica completamente vandalizzati, fontanella dell’acqua fuori uso, panchine in pietra lavica quasi tutte imbrattate da scritte spray, frasi d’amore pure a terra. A sancire indubitabilmente la sorte attuale del luogo la scritta sul muro del caseggiato laterale all’entrata secondaria “Na Sintemu Sucata”.
In effetti le due recenti marce per la legalità e la lettera di denuncia di un residente pubblicata da Biancavilla Oggi pare non abbiano sortito alcun effetto.
Arrivano due bambini in bicicletta, siedono consumando una brioche più bibita in lattina, forse la mia presenza li condiziona, fatto sta che uno di essi si alza e va verso lo psedo cestino zeppo di immondizia, ci penso un attimo e lo interrogo sull’utilità della sua azione, lo convinco a consegnarmi la lattina (la getterò a casa mia), a questo punto la sorpresa: mi dice che vuol portasela lui! Vedo il germe di una speranza per il mio paese natale.
Per finire o cominciare, vi condivido un estratto dell’articolo del pedagogista Giovanni Castiglione.
Legalità!
Ogni qualvolta sento questa parola un senso di orticaria mi prende ed il fastidio rimane a lungo, presente e vigile, nella mia giornata. Se poi questa parola si unisce ad un termine tanto abusato quanto mal compreso come quello di “educazione”, il fastidio summenzionato si trasforma in nausea.
Cosa significa educare alla legalità? Tranquilli, sono solo parole, flatus vocis, esercizio di retorica non troppo alta, allucinogeno atto a dare l’impressione che qualcosa si farà, che ci si sta lavorando. Il mio vuole essere solo uno spunto di riflessione, un invito, alcune considerazioni a partire da poche constatazioni.
Possibile educare alla legalità? Possibile apprenderla?
Si, è possibile certamente se si assume che imparare la legalità significa apprendere un habitus, un attitudine e che questa non è una conoscenza singolare di alcune abilità specifiche, ma un modo di essere, qualcosa che dunque coinvolge l’essere in una dimensione più profonda di quella cognitiva (nulla di nuovo, bastava ascoltare il buon Dewey).
Come rispondere allora?
Serve la politica. Una politica educativa e sociale di ampio respiro, che guardi lontano e che abbia consapevolezza di come anche l’implementazione di progetti di rilevanza sociale debba rientrare in quest’ottica di lungo raggio. Non si può rispondere all’emergenza del nostro territorio se non progettando un sistema integrato di interventi sociali capace di mettere in raccordo le migliori energie del territorio (anche quel volontariato vero e silenzioso che non ricerca finanziamenti e interessi economici), in grado di superare la frammentazione degli interventi e le logiche emergenziali.
Si, le problematiche del nostro territorio si tengono, sono legate strettamente: dispersione scolastica galoppante, delinquenza, disoccupazione, illegalità etc. e non sarà possibile farvi fronte se non riscoprendo il gusto per la politica seria e competente, di lungo respiro, che rinunci a cogliere dei frutti immediati da sbandierare come risultato, che sappia coltivare una visione del futuro e che ricordi che le politiche educative e sociali sono forse le più importanti che qualsiasi amministrazione possa mettere in campo.
L’invito allora, modesto, ne sono consapevole, è quello di recuperare una visione politica del problema che metta al bando gli slogan, le chiacchiere e le marcette occasionali per far spazio ad una visione di insieme, di ampio respiro, consapevole che il bello (una città urbanisticamente, architettonicamente ed igienicamente bella e pulita – si veda a tal proposito l’insegnamento della scuola di Palo Alto) e il buono (l’incoraggiamento di pratiche virtuose nei propri cittadini, il lavoro di cooperazione disinteressato per la comunità cui si appartiene etc.) generano, come di riflesso, legalità, benessere e sicurezza.
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Distacchi elettrici e bassa tensione, disagi continui (anche senza temporali)
Biancavilla all’anno zero per infrastrutture: cabine e rete inadeguate provocano ripetuti disservizi


Partiamo da un fatto: non c’è né un uragano né un cataclisma. Nemmeno un temporale. Non si capisce, dunque, per quale motivo, anche quando splende il Sole, debbano esserci distacchi di energia elettrica o “sfarfallii” da bassa tensione. Con la conseguenza che elettrodomestici e apparecchiature attaccate alla rete elettrica vadano continuamente in tilt. Capita spesso. poi. che in coincidenza di black out, i tempi di ripristino del disservizio debbano misurarsi in ore.
È quello che accade in continuazione a Biancavilla, Bastano banali acquazzoni, a volte senza nessuna goccia piovana, e l’erogazione elettrica viene a mancare. Non è concepibile una cosa del genere. Che un guasto possa capitare, fa parte delle statistiche. Che questo determini disservizi, ci sta. Ciò che non può essere tollerato è l’inefficienza nel ripristino del servizio con tempi lunghi o i ripetuti sbalzi di tensione.
Tutto questo evidenzia – ecco il punto cruciale – infrastrutture obsolete e carenza di personale adeguato alle esigenze di una società che dipende ormai dall’elettricità e dalle reti di comunicazioni. Invece, quasi sempre in coincidenza di una mancanza di elettricità si associa pure il tilt del segnale telefonico, sia VoIP che mobile. È evidente che il sistema sia altamente fragile e vulnerabile.
Basta dare uno sguardo verso l’alto per accorgersi che certi cavi elettrici presenti a Biancavilla risalgono a 50 anni fa. Mancano veri investimenti nel nostro territorio e mi chiedo se, dalla valanga di risorse del Pnrr, vi siano progetti e interventi in questa direzione. Anziché promuovere battaglie contro i mulini a vento (leggasi, per esempio, antenne 5G), la politica pretenda e si impegni in una radicale modernizzazione infrastrutturale del nostro territorio. Il sindaco Antonio Bonanno alzi la voce nei confronti di Enel Distribuzione. Un’intera comunità non può subire in continuazione dopo qualche lampo e ad ogni tuono o, peggio ancora, con il cielo limpido e il Sole splendente.
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I carri “riciclati” e l’inutile classifica: appunti sul Carnevale di Biancavilla
Un evento di successo, ma ci sono aspetti da correggere: il montepremi si divida in parti uguali


Il Carnevale di Biancavilla è un evento riuscito. Un successo consolidato. Va dato atto all’attuale amministrazione comunale che ha resuscitato e salvato un’occasione capace di animare un’intera comunità. Protagonisti indiscussi sono i carristi, che – al di là delle qualità artigianali – offrono aggregazione e socialità. A loro va dato il merito principale. Sono loro il vero motore.
Detto questo, a margine di un Carnevale 2025 ormai archiviato, accogliamo la sollecitazione di tanti biancavillesi ad evidenziare una serie di osservazioni critiche, che qui di seguito sintetizziamo, con l’intento di correggere e migliorare l’organizzazione di una manifestazione particolarmente amata e attesa.
Carri comprati e “riciclati”
Non tutti lo sanno, ma i carri di Biancavilla non sono sempre realizzati di sana pianta. È prassi comprarli da altri paesi (sì, c’è un vero e proprio mercato) e “riciclarli”. Si acquistano per intero o solo alcune parti. Insomma, si assemblano dei pezzi, magari riverniciandoli o sottoponendoli ad un ritocco di colori. Altri utilizzano delle basi già pronte. Non essendoci un regolamento che ne impedisca la partecipazione, non è vietato. Ne consegue, quindi, che a Biancavilla (a parte alcune eccezioni) non ci sono artigiani di “carri allegorici” ma assemblatori. È uno scandalo? No, però tutto questo ha delle implicazioni pratiche e logiche.
Classifica e giuria da abolire
Che senso ha, dunque, un concorso che preveda una classifica e una giuria che, per stilarla, debba fare delle valutazioni. Per inciso: i giurati dovrebbero avere competenze, esperienze, titoli e curriculum per emettere un verdetto, credibile e imparziale. Li posseggono? Chiusa parentesi.
Dicevamo della classifica. A parte gli “ex aequo” dal sapore democristiano, di fronte a carri assemblati, parzialmente raffazzonati o creati di sana pianta a Biancavilla, come ci si comporta? Come si fa a giudicare “originale” un carro che in realtà negli anni precedenti è già apparso ad Acireale o a Sciacca? E come è possibile che un manufatto effettivamente originale non venga apprezzato, valorizzato e premiato come tale?
Montepremi in parti uguali
Il problema è facilmente risolvibile: si abolisca la classifica, si evitino i giurati e si preveda un budget complessivo, dividendolo in parti uguali a tutti i carristi. Anzi, diciamo di più: il montepremi venga raddoppiato o si porti a 100mila euro. Sarebbe un formidabile incentivo a realizzare (o assemblare, poco importa a quel punto) carri di maggiore qualità e con più spettacolari effetti speciali.
La politica stia alla larga
Un’ultima osservazione: si faccia un regolamento chiaro. E magari si specifichi un elemento di buon senso che evidentemente, a Biancavilla, è necessario codificare. La politica stia alla larga dai carri. Vedere politici indaffarati attivamente nella partecipazione ai vari gruppi di carristi è cosa inopportuna (per usare un eufemismo), visto che i gruppi beneficiano poi di soldi comunali. L’etica pubblica è materia seria: non può svanire come un pugno di coriandoli in faccia. Il sindaco Antonio Bonanno e il suo staff organizzativo appuntino tutte queste osservazioni: ne facciano tesoro per il prossimo anno.
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