Cronaca
Blitz antimafia con 16 arrestati, manette pure per Marcello Merlo

Alle prime ore del mattino, su delega di questa Procura Distrettuale, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania e la Polizia di Stato hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 16 persone, ritenute organicamente inserite nel clan mafioso operante in Biancavilla storicamente denominato “Tomasello-Mazzaglia-Toscano”, oggi diretto dalle famiglie Amoroso e Monforte e legato alla “famiglia” mafiosa catanese “Santapaola-Ercolano”, tutti chiamati a rispondere, a vario titolo, del delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti ed al porto e alla detenzione illegale di armi.
L’operazione odierna, denominata “Città blindata”, costituisce l’esito di tre distinte attività investigative, poi confluite in un’unica richiesta cautelare, condotte dai Carabinieri (Nucleo Investigativo di Catania e Compagnia di Paternò) e dalla Polizia di Stato (Squadra Mobile della Questura di Catania e Commissariato di Adrano) mirate a far fronte ad una escalation di violenza che ha visto come centro del conflitto il comune di Biancavilla e causata dalla smania di comando e predominio territoriale del clan mafioso capeggiato dai fratelli Amoroso e, da ultimo da Monforte Alfio Ambrogio.
L’attività investigativa aveva inizio a seguito di due gravissimi fatti di sangue verificatisi in rapida successione temporale a Biancavilla. Infatti, il 13 gennaio 2014, il pregiudicato BIVONA Agatino ve-niva ucciso a colpi di pistola da ignoti killer e, due giorni dopo, in maniera analoga era stato ucciso il giovanissimo GIOCO Nicola, inteso “u Picciriddu”, il quale, mentre si tro-vava a bordo della sua autovettura, era stato raggiunto da alcuni sicari che l’avevano assassinato a colpi d’arma da fuoco. Come detto a seguito di tali cruenti episodi delittuosi questa Procura Distrettuale delega indagini condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri con personale qualificato della Compagnia Carabinieri di Paternò, anche al fine accertare i nuovi assetti criminali esistenti nel comune di Biancavilla. Dalle indagini emergeva che AMOROSO Giuseppe, inteso “l’avvocato”, dopo che gli venivano concessi gli arresti domiciliari il 24 marzo 2014 presso l’abitazione dei genitori, iniziava a ricevere continuamente la visita dei fedelissimi CARCIOTTO Giovanni e GANGI Gregorio, ai quali impartiva, man mano, disposizioni che gli consentissero da una parte di consolida-re gli assetti della nuova formazione criminale e dall’altra di pianificare le strategie tese a sancire il definitivo predominio del suo gruppo. Lo stesso, allo scopo di affermare il proprio ruolo egemone a Biancavilla, aveva allacciato rapporti anche con personaggi di rilie-vo di altre organizzazioni criminali operanti nei comuni limitrofi nei settori che riguardavano il traffico di sostanze stupefacenti, e la vendita di armi.
Il 22 luglio 2014, anche AMOROSO Vito, fratello del citato Giuseppe detto “l’avvocato”, veniva scarcerato e sottoposto alla misura detentiva degli arresti domiciliari da scontare presso l’abitazione di Biancavilla. I servizi di intercettazione ambientale e telefonica atti-vati nei confronti dello stesso Amoroso consentivano, sin da subito, di accertare che lo stesso aveva affiancato il fratello Giuseppe nella reggenza del clan, tanto che, quotidianamente, riceveva la visita di molti affiliati, che si premuravano di aggiornarlo sugli sviluppi della situazione criminale.
Il rientro a Biancavilla di AMOROSO Vito aveva preoccupato non poco gli appartenenti alla famiglia “Maglia”, anche loro affiliati della storica “famiglia” mafiosa “TOMASELLO-TOSCANO-MAZZAGLIA”, i quali, per questo motivo, avevano deciso di ucciderlo, non riuscendo nell’intento grazie al tempestivo intervento del personale del Commissariato di Adrano che il 6 ottobre 2014 fermava il gruppo di fuoco prima che portasse a termine l’azione delittuosa.
Nel corso di questa prima fase delle indagini, che si protraevano sino al 2015, emergeva-no precisi elementi di responsabilità in ordine al delitto di associazione di tipo mafioso a carico dei fratelli Vito e Giuseppe AMOROSO, e di ulteriori sodali. Inoltre, a riscontro dell’attività investigativa svolta, il 23 aprile 2015, venivano sequestrati nel corso di uno specifico servizio anche cento grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, nonché numerose munizioni di fucile calibro 12 e di pistola calibro 7.65 Browning che erano custodite in una casa di campagna sita in contrada Sant’Antonino di Biancavilla e nella disponibilità del clan malavitoso degli AMOROSO.
Le indagini sul clan mafioso operante in Biancavilla proseguivano poi anche per tutto l’anno 2016 e venivano condotte dai carabinieri della Compagnia di Paternò a partire dal tentato omicidio ai danni di AMOROSO Giuseppe, verificatosi a Biancavilla il 10 gennaio 2016.
Nel corso di tale attività investigativa i citati militari, monitorando lo stesso AMOROSO Giuseppe, nonché i fedelissimi GANGI Gregorio, LICARI Roberto, PANEBIANCO Vin-cenzo e PELLERITI Riccardo, il 9 giugno 2016 riuscivano a rinvenire un vero e proprio arsenale composto da una mitraglietta calibro 7,65, una pistola marca “Glock”, quattro pi-stole a tamburo di vario calibro, nonché numerosissime munizioni, tutte armi occultate in un appezzamento di terreno incolto sito in contrada Don Assenzio del Comune di Biancavilla.
Successivamente in data 19 Settembre 2016 il reggente del clan, Giuseppe AMOROSO e il fedelissimo Gregorio GANGI venivano arrestati in flagranza di reato per estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni del titolare del Bar “LE CARILLON”. In data 5 Dicembre 2016 a Biancavilla, i militari del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Paternò, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Onda D’urto”, traevano in arresto 12 soggetti, parte dei quali appartenenti al clan mafioso di Biancavilla, per il delitto di estorsione pluriaggravata anche dal metodo mafioso ai danni dei titolari di una ditta di pompe funebri di Biancavilla. L’attività estorsiva posta in essere dagli indagati aveva avuto inizio nell’anno 2012, ma si era progressivamente aggravata con ulteriori e sempre più intollerabili vessazioni e continue richieste di somme di denaro. Infine, in data 7 Aprile 2017, sempre a Biancavilla, militari della locale Stazione, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Reset” davano esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal G.I.P. del Tribunale etneo su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di estorsione tentata e consumata, con l’aggravante delle modalità mafiose.
A tali articolate e complesse attività di indagine deve poi aggiungersi l’esito delle indagini effettuate sino alla prima metà del 2017, sempre su delega di questa Procura Distrettuale, dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di P.S. di Adrano, grazie alle quali non solo venivano acquisiti nuovi elementi di prova a carico di vari indagati per il delitto di associazione di tipo mafioso, ma si riusciva a provare l’appartenenza al citato clan mafioso anche degli indagati Merlo Massimo e Merlo Marcello, quest’ultimo già sindaco di Biancavilla ad inizio degli anni ’90 e noto esponente del Partito democratico di Biancavilla.
L’indagine “Città blindata” evidenzia ancora una volta la vicinanza della Procura di Catania, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato alla cittadinanza di Biancavilla e sottolinea altresì la serrata attività investigativa finalizzata a infrangere il muro d’omertà ancora presente nella provincia catanese.
Gli odierni arrestati sono:
1. AMOROSO Giuseppe cl.72
2. AMOROSO Vito cl.67
3. CARCIOTTO Giovanni cl.84
4. CARUSO Tino cl.78
5. GANGI Gregorio cl.89
6. GRAVAGNA Alberto cl.85
7. LICARI Roberto cl.87
8. MONFORTE Andrea cl.92
9. MONFORTE Alfio Ambrogio cl.69
10. MUSCIA ALFIO cl.78
11. PANEBIANCO Vincenzo cl.90
12. PELLERITI Riccardo cl.95
13. RICCERI Placido cl.86
14. VERCOCO Carmelo cl.73
15. MERLO Massimo cl.72 (tratto in arresto dalla Polizia di Stato)
16. MERLO Marcello cl.60 (tratto in arresto dalla Polizia di Stato)
Gli arrestati sono stati associati al carcere di Catania-Bicocca, in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si terrà nei prossimi giorni.
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Cronaca
In auto contro lo scooter: non è stato un incidente, ma un atto di “vendetta”
Diciottenne di Biancavilla denunciato per lesioni e atti persecutori ai danni di un coetaneo di Adrano

Ha provocato un incidente stradale con l’intento di “vendicarsi” di un acceso diverbio avvenuto nei mesi scorsi. Un biancavillese di 18 anni è stato così denunciato dalla Polizia di Stato. Il giovane ha architettato il piano perché non si era rassegnato alla lite per futili motivi con una ragazzo 17enne di Adrano.
Il minorenne stava percorrendo in scooter via della Regione, ad Adrano. Proprio nei pressi della sede del Commissariato di Polizia era stato tamponato dall’auto guidata dal 18enne, finendo a terra, con una gamba bloccata sotto il peso dello scooter. Per tutta risposta, il giovane biancavillese, anziché prestare soccorso, è sceso dall’auto e, dopo una rincorsa, ha sferrato un violento calcio contro il ragazzino.
Una pattuglia di poliziotti ha assistito alla scena e ha fermato l’aggressione ancora in corso, bloccando il 18enne e prestando le prime cure al minorenne. Dopo qualche minuto, è arrivato il padre della vittima, accompagnata poi al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. La prognosi è stata indicata in sette giorni.
I poliziotti del Commissariato hanno compiuto dettagliati accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti e, dopo le attività di indagine, sono risaliti alle reali cause dell’aggressione.
L’origine dei rapporti conflittuali tra i due sembra essere legata ad un alterco avvenuto per futili motivi qualche mese addietro, con il 18enne che, in più occasioni, avrebbe tentato di “vendicarsi dell’affronto patito”. Il giovane è stato denunciato, in stato di libertà, per lesioni pluriaggravate ed atti persecutori.
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Cronaca
Così i dipendenti venivano intimoriti: «Attenti, il filo si può spezzare»
Lo sfruttamento dei lavoratori del supermercato, i retroscena di un’inchiesta avviata nel 2023

«Un quadro inquietante di sfruttamento lavorativo». Dietro i volti gentili e sorridenti di banconisti, cassieri, addetti agli scaffali e magazzinieri si celava una realtà ben diversa. Nell’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Catania, Maria Ivana Cardillo, ha disposto le misure cautelari, vengono messi in evidenza gli elementi che hanno portato all’arresto di Luca Bonomo e Vincenzo Strano, rispettivamente titolare e direttore commerciale del supermercato di via Arti e Mestieri, a Biancavilla. Il marchio è Decò, ma la gestione è autonoma e indipendente dal Gruppo Arena. L’indagine, eseguita dalla Guardia di finanza di Paternò, è culminata anche con il sequestro preventivo dell’azienda e la nomina di un amministratore giudiziario.
Dalle quindici pagine dell’atto emergono – come è in grado di raccontare Biancavilla Oggi – episodi di sfruttamento: ferie e straordinari non pagati, stipendi da fame, in alcuni casi persino inferiori a 2 euro l’ora. Evidenziato anche lo stato di profondo bisogno in cui versavano i dipendenti, costretti ad accettare orari e retribuzioni falsificati. E poi, una forte sudditanza psicologica. Secondo il Gip, non si tratta di «una mera inosservanza di singole disposizioni normative, bensì… di un disegno criminoso».
Quando le verifiche amministrative e i controlli dei militari si sono intensificati, le due figure apicali hanno “avvertito” i dipendenti. Una lavoratrice ha riferito le indicazioni impartite da Strano: «Mi ha incalzata dicendomi che, se tenevo al mio lavoro, già sapevo cosa avrei dovuto rispondere… mi sono sentita sotto pressione». Stesso avvertimento sarebbe stato rivolto a tutto il personale, convocato per una riunione. Indicazioni ribadite poi da Bonomo: «Ci disse che, a seconda delle dichiarazioni rilasciate da noi dipendenti, il filo si sarebbe potuto spezzare».
Il filo, in realtà, si era spezzato già nel momento in cui le Fiamme Gialle avevano messo piede nel supermercato. Tutto era partito non da una denuncia, ma da un semplice controllo amministrativo dei finanzieri paternesi, nel novembre 2023. Già in quell’occasione erano emerse violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Da lì, la necessità di ulteriori approfondimenti su retribuzioni, orari, straordinari e altri aspetti contrattuali. Nella prima fase era stato sentito il commercialista e consulente del lavoro dell’azienda.
L’inchiesta si era quindi concentrata sul legale rappresentante della società per «evidenti indizi di sfruttamento lavorativo desumibili da erogazioni di retribuzioni evidentemente difformi rispetto alle ore lavorate». Il lavoro investigativo era proseguito con l’audizione dei dipendenti. Tra questi, il ruolo chiave era quello del direttore del punto vendita, definito dagli inquirenti la “longa manus” del titolare. Una persona – secondo la Procura – perfettamente consapevole delle condizioni lavorative offerte al personale. Anzi, durante i colloqui con chi aspirava ad un’assunzione, l’uomo metteva subito in chiaro i vincoli a cui bisognava sottostare.
«Lo stato di bisogno – ha sottolineato il procuratore Francesco Curcio – ha inciso sulla libertà di autodeterminazione, inducendo i lavoratori ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illecite, non riconosciute né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica».
Secondo la Guardia di finanza, la mancata regolarizzazione delle retribuzioni ha permesso al punto vendita di ottenere un risparmio illecito di oltre 2,7 milioni di euro, tra stipendi non versati e contributi omessi.
I due indagati – scrive ora il Gip – potrebbero avvicinare i dipendenti, sfruttando la loro vulnerabilità, per indurli a tacere o a fornire versioni alterate dei fatti. C’è, dunque, il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Da qui, l’applicazione degli arresti domiciliari, con pesanti contestazioni: intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e autoriciclaggio.
Il supermercato, comunque, rimane aperto. L’attività va avanti. La presenza dell’amministratore giudiziario, il dott. Luciano Modica, nominato dall’autorità giudiziaria, rappresenta la garanzia massima per il pieno rispetto, d’ora in avanti, dei diritti dei lavoratori.
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