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Differenziata, flop di Biancavilla: è tra i 10 peggiori comuni etnei

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Il nostro paese al di sotto del 35% di raccolta, soglia d’allarme fissata nell’ordinanza regionale. Anche nel 2017 la media è stata del 44%. Nonostante il profumato e “creativo” incarico al cosiddetto “esperto ai rifiuti”.

 

di Vittorio Fiorenza

La gestione e l’efficienza della raccolta differenziata dei rifiuti a Biancavilla è tutt’altro che ottimale. I dati relativi ai primi mesi del 2018 fanno figurare il centro etneo (anzi sfigurare) tra i dieci comuni etnei in assoluto peggiori. Sono centri che attestano una raccolta inferiore al 35%, cioè la soglia d’allarme fissata dall’ordinanza del governatore Nello Musumeci.

Dettagli che emergono dall’incontro avuto a San Pietro Clarenza con i rappresentanti della Srr (Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti) dell’Area Metropolitana di Catania. A relazionare e a fornire i dati e l’elenco dei comuni “inadempienti”, Carmelo Caruso, dirigente della Srr.

Una figuraccia per Biancavilla, che contrasta con la narrazione idilliaca che su questo fronte ha sempre proposto il Comune. E non consola affatto che il paese sia affiancato, in questa triste classifica, ad altri nove centri etnei che hanno anche un quadro più allarmante: oltre al capoluogo, pure Gravina, Motta Sant’Anastasia, Paternò, Pedara, San Giovanni la Punta, San Gregorio, Tremestieri e Viagrande.

A tutti questi comuni è stato ora imposto di predisporre un cronoprogramma con gli interventi che si intendono attuare per invertire la rotta e, entro il 31 maggio, arrivare alla soglia del 35%. Un limite superato da gran parte dei comuni, tranne in dieci e, tra questi, Biancavilla.

Già, proprio Biancavilla, dove l’amministrazione Glorioso ha sprecato annunci roboanti di interventi con “tolleranza zero”. Senza considerare l’installazione di telecamere in tutto il paese, il controllo del territorio affidato a volontari, le incursioni riprese con telefoni cellulari di cittadini incivili. Tutti ingredienti dati in pasto a tv e giornali, dimenticando poi di fornire i risultati. Che ora emergono in tutta la loro drammaticità.

A dire il vero, Biancavilla non ha brillato per efficienza di raccolta differenziata nemmeno in passato. Nel 2017, ha raggiunto una media del 44%, nonostante la presenza profumatamente retribuita del consulente ai rifiuti, Pasquale Lavenia, nominato dal sindaco Giuseppe Glorioso ed in carica fino ad alcuni mesi fa. Una percentuale ben al di sotto a quella registrata da altri comuni, per esempio Belpasso o Zafferana Etnea, questi sì virtuosi). Comuni che non hanno avuto alcun “esperto” creato ad hoc dalla politica: hanno ottenuto ottimi risultati senza distribuire un incarico con compiti che di default dovrebbe svolgere un’amministrazione comunale. L’inedita nomina di Pasquale Lavenia (caso unico in Sicilia) è costata invece ai biancavillesi intorno a 50mila euro, come si evince dalle determine firmate da Glorioso e pubblicate per legge nel sito del Comune. Sì, 50mila euro. Con i risultati che ora sono sotto gli occhi di tutti.

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Amianto, reportage da Biancavilla tra fatalismo ed enigmi ancora irrisolti

Circa 70 morti per tumore alla pleura, ma è allarme anche per altre patologie: sconosciute le cause

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© Foto Biancavilla Oggi

Il pericolo è nell’aria. Gli avvisi affissi lungo la recinzione metallica sono a caratteri cubitali: “Vietato l’ingresso, attenzione zona a rischio”. Siamo a Biancavilla, 23mila abitanti, ma la cartellonistica è da “Area 51”. E in effetti, l’alieno c’è. È un minerale fibroso altamente cancerogeno – annidato tra i rilievi di rocce vulcaniche qui chiamati di “Monte Calvario” – generato in epoche remotissime dai bollori dell’Etna e dai capricci delle eruzioni laviche. Sconosciuto in natura fino a quando, nel 2001, il prof. Antonio Gianfagna, ricercatore dell’Università “La Sapienza”, ne traccia l’identikit. È una nuova fibra, di colore giallo, simile all’amianto, a cui Gianfagna dà il nome di “fluoro-edenite”, registrandola all’International Mineralogical Association. Per uno scienziato della terra equivale alla scoperta di un pianeta da parte di un astronomo. Lo studioso de La Sapienza, tornato sei anni dopo sul “luogo del delitto”, scopre un secondo minerale ignoto: è la fluoroflogopite.

Eppure, non c’è da gloriarsi se monte Calvario sia diventato un geosito di interesse mondiale e Biancavilla sia finita negli abstract della letteratura scientifica internazionale con la fibrillazione di geologi, epidemiologi ed operatori della sanità pubblica.

Diverse attività di cava presenti nella zona di monte Calvario (un’appendice urbana estesa per 20 ettari), fin dagli anni ’50 hanno frantumato e sbriciolato le rocce laviche. Un ottimo materiale per l’edilizia, ma il risultato è che gran parte degli edifici del paese sia “contaminata” dalla fibra, riconosciuta cancerogena nel 2014 dall’International Agency for Research on Cancer, riunita a Lione con 21 esperti di 10 paesi europei per apporre il timbro dangerous sulla ‘polvere’ di Biancavilla.

«Un’epidemia di tumori pleurici»

«Un caso straordinario di inquinamento naturale dovuto ad un minerale che, disperso nell’aria e inalato, provoca effetti sulla pleura, la membrana di rivestimento dei polmoni», avevano sentenziato già i primi studi alla fine degli anni ‘90. Di morti per mesotelioma pleurico, a Biancavilla, se ne contano ufficialmente 70 negli ultimi 35 anni, ma si stima che i decessi reali siano il doppio.

«Una piccola epidemia di tumori pleurici», l’aveva definita Pietro Comba, quando da dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità era stato tra i primi ad interessarsi del caso. Sì, proprio un’epidemia con percentuali anomale. Nel periodo 1980-2010, per esempio, si sono avuti 6 decessi per mesotelioma in persone al di sotto dei 50 anni contro 0,6 attesi: una mortalità 10 volte superiore. Anche in età giovanile, anche tra le casalinghe: a riprova che il rischio sia ambientale.

Qui, fare una banale manutenzione edile, stare fuori in giornate ventose o semplicemente… respirare costituiscono azioni a rischio. La vittima più giovane finora registrata è una ragazza di 27 anni.

«Mio figlio Dino, morto in 5 mesi»

Nell’elenco dei decessi per mesotelioma c’è anche Dino Ingrassia: è morto nel 2011 ad appena 33 anni, lasciando tre bambini. La mamma, Giusi Tomasello, è tra i pochi ad esporsi. La sua testimonianza umana e civile dà un’anima alle fredde statistiche. All’ingresso della sua abitazione, il manifesto mortuario ricorda il figlio con la sottolineatura “vittima dell’amianto”, la stessa riportata sulla tomba.

«Tosse e stanchezza – ricorda – sono stati i primi sintomi accusati da mio figlio. Pensava fossero passeggeri. Andava a lavorare, prendendo uno sciroppo per poi passare agli antibiotici. Ma già dalla prima visita e dalle radiografie, i medici non ci hanno visto bene e la diagnosi di mesotelioma pleurico è arrivata presto. Non sapevo nemmeno l’esistenza di questa malattia».

La signora parla con voce tremante e gli occhi lucidi: «Mio figlio se n’è andato in meno di 5 mesi e gli ultimi 26 giorni – dopo un intervento chirurgico – li ha passati in Rianimazione all’ospedale “Garibaldi” di Catania. Era nel pieno della vita quando ha lasciato i suoi tre bambini, il più piccolo dei quali di 10 mesi. Ora penso agli altri miei tre figli e ai miei nipoti. Mi preoccupo per loro e, se ci sono giornate ventose, l’angoscia è più forte. Vivo nel terrore e nella paura, mi auguro che monte Calvario, da cui tutto ha avuto origine, venga risanato e reso innocuo».

Monte Calvario, in attesa della bonifica

Ecco, appunto: riflettori accesi su monte Calvario. Se nel 1998, le attività di cava erano state interrotte con ordinanza dell’allora sindaco Pietro Manna, la culla della fluoro-edenite è da bonificare per farne un grande parco verde. I lavori – attesi da 25 anni – sono cominciati formalmente lo scorso febbraio.

Un iter lungo e tortuoso, come ricorda il sindaco Antonio Bonanno, mentre si addentra sui dossier ‘amianto’ sparsi sulla sua scrivania: «Nel 2026 dovremmo vedere quell’area – sorgente di morte e dolore – trasformata in un “parco della vita” fruibile dalla nostra città».

Nell’attesa di poterci andare a passeggiare e che la città abbia il suo polmone sano, tutt’intorno la vita quotidiana procede incurante del nemico invisibile. Un bambino scorrazza in bicicletta, sollevando un polverone ogni volta che passa sul terriccio. Poco più in là, in un magazzino, operai sono alle prese con dei bancali. Dal balcone di casa, una donna scuote la tovaglia tolta dalla tavola, a pranzo terminato. «Io vivo qua da quando sono nato, di qualcosa si deve pur morire», dice un anziano, in linea con il fatalismo dei biancavillesi: se il pericolo non è visibile – è l’assurdo ragionamento dominante – perché allarmarsi?

Oltre 4000 immobili da sanare

Sia chiaro: monte Calvario non è l’ultimo step della bonifica. Secondo l’Ufficio Tecnico Comunale, ci sono 4300 case costruite nel periodo 1956-1998 con materiale di cava. Gli intonaci esterni (complessivamente 2 milioni di metri quadri) andrebbero messi in sicurezza con “vernici incapsulanti”, così come già fatto negli edifici pubblici una quindicina di anni fa.

Sarebbe una bonifica ambientale di un intero centro abitato senza precedenti al mondo, con costi stimati in 150 milioni di euro, a cui aggiungerne altri 2,5 per realizzare una discarica di inerti. Un gigantesco intervento che, sommato ad accorgimenti di prevenzione durante i lavori edili, farebbe scendere verso lo zero il rischio dell’inalazione delle fibre aerodisperse. 

Certo, nel fascicolo di indagine sul minerale-killer ci sono ancora tanti punti oscuri, a cominciare dal dettaglio drammatico che nel centro etneo la mortalità e i ricoveri ospedalieri siano in eccesso non solo per neoplasie alla pleura, ma anche per altre patologie.

L’allarme del rapporto “Sentieri”

Sul banco degli imputati, figura ancora la fibra di monte Calvario. A confermarlo è il sesto rapporto Sentieri sul monitoraggio dei siti italiani contaminati, appena pubblicato dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.

«Vanno implementati – riporta il capitolo su Biancavilla – studi specifici sul comportamento della fluoro-edenite, in particolare per l’azione fibrogena sul polmone. Sono ignoti, inoltre, gli eventuali effetti di questa fibra a carico di altri apparati, come quello cardiocircolatorio, le cui patologie in questo sito si confermano costantemente in eccesso».

Tumori polmonari, placche pleuriche e patologie dell’apparato respiratorio hanno un’incidenza fuori norma.

«Vanno proseguiti – raccomanda il rapporto – la sorveglianza sanitaria della popolazione di Biancavilla e il monitoraggio ambientale per identificare le fonti di esposizione potenzialmente ancora presenti, indagando i livelli di esposizione in tutte quelle attività che comportino movimentazione del terreno e rilascio di fibre da intonaci e opere murarie».

Biancavilla, un paese-laboratorio

Una storia che non può ancora essere archiviata, dunque. Biancavilla resta un paese-laboratorio con enigmi irrisolti. Così, un altro triste primato del centro etneo – una settantina di soggetti colpiti da sclerosi multipla, cioè il doppio rispetto a quelli attesi – potrebbe essere spiegato scrutando ulteriormente sulla geologia territoriale.

Trattandosi di malattia neurologica, la fluoro-edenite non dovrebbe avere responsabilità. Ma potrebbero influire altri fattori ambientali o sostanze naturali, come ipotizza un primo studio del Policlinico di Catania. Se il minerale-killer è stato scovato, ora tocca dare la caccia ai suoi complici.

(Tratto da S – il mensile d’inchiesa dei siciliani / Marzo 2023 / di Vittorio Fiorenza)

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