L'Intervento
Appello alla salute: «L’ospedale respira, adesso i reparti tornino alla normalità»
Lettera aperta del consigliere comunale Agatino Neri rivolta ai vertici sanitari della Regione e dell’Asp


Desidero rivolgere un accorato appello all’assessore alla Salute, al Commissario per l’Emergenza Covid, ai vertici dell’Asp di Catania e a quanti a vario titolo abbiano un ruolo strategico e decisionale in sanità e salute pubblica.
Sin dal mese di ottobre del 2020, il presidio ospedaliero “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla ha contribuito con immediatezza alla recrudescenza di un’altra ondata pandemica, così operando in regime di emergenza con i suoi alti e bassi fino ad oggi.
A tal proposito è opportuno segnalare che, in tutto questo periodo, nel nosocomio si è registrata una contrazione significativa e limitata occupazione dei posti letto. Tra l’altro, con utenza quasi esclusivamente extraterritoriale. A titolo esemplificativo ricordo che attualmente, su un totale di 39 posti letto, di cui 8 di Rianimazione e 31 di degenza Covid, ne risulta occupata una bassa percentuale.
Ancora una volta, con grande sacrificio, l’ospedale ha subito e continua a subire una significativa rinuncia dei servizi che normalmente riusciva ad erogare. Non si muore solo di Covid, proprio per questo motivo richiedo la possibilità di rimodulare, chiudere o ridurre i posti letto come già è stato fatto in molti presidi ospedalieri.
Occorre ridare la concreta possibilità di far ripartire tutti gli altri servizi, ripristinando la primaria funzione dell’ospedale di Biancavilla, ossia quella di erogatore di salute territoriale e di prossimità. Cosa che permetterebbe di riappropriarsi di ciò che è stato ampiamente sacrificato.
Motivo per cui, chiedo particolare attenzione affinché presso l’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla si possa garantire l’ordinaria offerta sanitaria dei reparti di Chirurgia, Pediatria, Ortopedia e Rianimazione.
Sono esclusive e personali considerazioni sottratte alle pieghe di qualsiasi forma di strumentalizzazione. Esse sono rivolte con sincero spirito collaborativo, nella speranza che forniscano un punto di vista sostenuto da una osservazione diretta, che contribuisca a rivedere scelte sicuramente valide in precedenza, ma che ormai vanno superate.
È un punto di vista di un operatore sanitario sul campo, che si fa portavoce anche di coloro che, impossibilitati a raggiungere altri presidi, tralasciano una visita o un controllo. Condurre i cittadini del comprensorio a trascurare il proprio stato di salute è un rischio troppo grande, che nessuno si può permettere.
AGATINO NERI, Consigliere Comunale di Biancavilla


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Chiesa
Una grande eredità per la Chiesa etnea: padre Messina ricorda padre Tomasello
Ad un anno dalla morte del sacerdote, a “Biancavilla Oggi” la testimonianza del suo successore


Ogni sacerdote che abbraccia una parrocchia nel ministero pastorale è chiamato a fare grata memoria dei sacerdoti che lo hanno preceduto. Ed insieme alla comunità sono chiamati a conservare gli insegnamenti, la spiritualità e gli aneddoti che hanno accompagnato quel periodo. La figura di don Antonino Tomasello (scomparso prematuramente un anno fa) non mi è estranea. Anzi, per ben 7 anni era stato il mio parroco in Matrice a Biancavilla. Ricordo le sue omelie e il modo di porsi con le persone con umiltà e spirito di accoglienza. Don Antonino derivava da una formazione sacerdotale davvero particolare. Sin da adolescente aveva desiderato essere sacerdote, come lo era padre Salvatore Greco, suo punto di riferimento e garante della sua formazione sacerdotale.
Ma per lui questo desiderio non era stato facile. In quel periodo, il Seminario diocesano viveva un profondo rinnovamento. Erano gli anni successivi al rettorato di mons. Ventorino, il quale licenziò diversi seminaristi poiché a suo giudizio non avevano i presupposti per continuare il cammino. Erano gli anni post conciliari e soffiava ancora il vento della contestazione sessantottina. Così per diversi anni, il seminario era stato chiuso.
Quando don Nino fece domanda di entrare in seminario, gli fu proposto un cammino particolare. Egli frequentava il corso teologico in Seminario. Alcuni giorni si ritrovava con il rettore, all’epoca il giovane don Agatino Caruso. Per il resto viveva la pastorale nella nuova parrocchia del Sacratissimo Cuore di Gesù di Biancavilla. Erano gli anni ’70: la Chiesa recepiva il nuovo stile pastorale dettato dal Concilio Vaticano II. In quel periodo nascevano i nuovi catechismi, si diffondevano le Comunità Ecclesiali di Base (chiamati centri di ascolto) e tante altre esperienze.
Dal “Sacro Cuore” a “Cristo Re”
Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta per mano dell’arcivescovo di Catania, mons. Domenico Picchinenna, il 16 Ottobre 1977, padre Nino svolse il ministero sacerdotale come vicario parrocchiale al Sacratissimo Cuore di Gesù. La comunità e lo stesso parroco, don Salvatore Greco, ne apprezzarono la bontà e la preparazione.
Appena giunto in diocesi mons. Luigi Bommarito, venne nominato parroco della chiesa di Cristo Re. Il giovane don Nino, dopo 10 anni di vicario parrocchiale, iniziò a mettere in pratica ciò che aveva appreso nella sua formazione, istituendo i centri d’ascolto, andando nei quartieri per incontrare le persone.
L’esperienza vissuta in basilica
Nel giugno del 2000, mons. Bommarito lo nominava prevosto-parroco della Matrice di Biancavilla, rivestendo anche il ruolo di vicario foraneo del XIII Vicariato, cercando di promuovere una pastorale unitaria nelle parrocchie. In Matrice portava con sé uno stile diverso, più aperto, credendo molto alla responsabilità dei laici. Veniva così rinvigorito il gruppo famiglia, si dava voce e nuovo stile alla cura e alla devozione della Madonna dell’Elemosina e di San Placido, istituendo un’Associazione mariana e un Circolo in onore al patrono. Più volte si confrontava con il mondo politico per portare la voce della dottrina della Chiesa nel governo cittadino.
Era solito camminare con il giornale sotto il braccio insieme al giornale calcistico. Aveva una passione molto accentuata per la lettura, infatti dove andava lui nascevano librerie piene di testi, anche di un certo valore. Certamente era un buon parroco, molto scrupoloso e buono, anche se non mancavano le solite delusioni pastorali.
L’incarico sacerdotale a Paternò
Nel 2007, nel pieno del suo mandato, rassegnava le dimissioni come prevosto-parroco della Matrice. Esse verranno accolte il 1° novembre con la sua contestuale nomina a parroco del Santissimo Salvatore di Paternò. L’esperienza pastorale in quest’ultima città lo aveva colto di sorpresa. «Io nella mia vita –mi disse una volta– pensavo di dover essere sempre il vice parroco di padre Greco, l’esperienza a Paternò non l’avrei mai immaginata». Eppure, proprio quegli 11 anni al Santissimo Salvatore lo videro impegnato su vari fronti della pastorale. Fu riferimento per numerose famiglie di Paternò, tanto che per diversi anni curò la pastorale familiare. Fu anche per breve tempo vicario foraneo del XII Vicariato.
In occasione del suo 40° anniversario di sacerdozio, essendo io seminarista e svolgendo l’esperienza pastorale a Paternò, ho avuto modo di ascoltare diverse sue testimonianze. A noi seminaristi disse: «Non sottovalutate la vita comunitaria. Essa vi sostiene e vi aiuta nelle prove della vita. Io non ho avuto questa fortuna, poiché il seminario in modo residenziale non l’ho fatto». Un aspetto che per lui aveva rappresentato una profonda perdita: più volte nella sua vita aveva cercato di curare questo aspetto.
Dalla Chiesa-Mondo ai Figli dell’amore misericordioso
Per diversi anni era stato simpatizzante della missione Chiesa-Mondo di Catania, cogliendo diversi aspetti pastorali, spirituali e comunitari in seno alla famiglia religiosa. Successivamente, a Paternò, aveva avuto modo di conoscere ed apprezzare “I Figli dell’Amore Misericordioso”, spiritualità che coinvolge i sacerdoti e diversi laici, legati al Santuario di Collevalenza, vicino Assisi.
Nell’ottobre 2018 l’arcivescovo mons. Salvatore Gristina lo aveva nominato parroco della chiesa della B.M.V. dell’Angelo Annunziata. Nomina, come sempre, accettata con spirito di obbedienza. Una volta mi disse: «Io non volevo fare più il parroco, mi bastava una rettoria la Mercede, San Giuseppe, così potevo confessare».
Di certo, non era un modo per sottrarsi al suo compito di pastore. Ma l’umiltà di mettersi da parte per fare spazio a forze nuove. Sentiva il peso della sua salute fisica e la responsabilità dell’amministrazione dei beni, che spesso risulta cavillosa. Sono molto contento di averlo conosciuto come parroco e confratello. Non avrei immaginato di essere suo successore in parrocchia. Ma con gioia raccolgo ciò che ha seminato in questo breve periodo del suo parrocato.


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