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Ucciso dal virus a 60 anni, il ricordo: «“Turi”, sempre dalla parte degli ultimi»

Biancavillese morto a Brescia: la commozione dell’amico Pippo Catania ed il cordoglio del sindaco

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I manifesti mortuari sono stati affissi anche a Biancavilla, suo paese d’origine, dove tanti lo conoscevano e lo stimavano per le sue doti umane e professionali. Salvatore Ingiulla, dagli amici chiamato “Turi”, è il medico biancavillese che è morto all’ospedale civico di Brescia, dopo diverse settimane di ricovero, a causa dell’infezione da “coronavirus”. Era da tempo residente a Brescia con la moglie (di origine adranita) e prestava servizio nella guardia medica delle carceri di Verziano e Canton Mombello.

Ha dato notizia del suo decesso il coordinatore regionale Fp-Cgil Polizia Penitenziaria, Calogero Lo Presti, e subito è rimbalzata a Biancavilla. Qui Ingiulla, quando ritornava per i periodi di ferie, a Natale o in estate, si intratteneva spesso al Circolo Castriota.

Pippo Catania, noto medico biancavillese, attraverso Biancavilla Oggi, con parole commosse, rivolge questo messaggio di addio, tracciando il profilo umano ed intellettuale di Ingiulla.

«Ti ricordo con piacere e tristezza, Salvatore o “Turi”, come ti ho sempre chiamato. Amico di infanzia e amico di espressione politica della nostra gioventù, quando seguivamo quel grande maestro di idee che era il compianto prof. Alfio Bisicchia. Sempre a favore degli ultimi e di quelli indesiderati, tanto che hai dedicato la tua professione ai carcerati. Sempre estroverso, ma serio nei tuoi giudizi e in quello che facevi. Responsabile fuori e in famiglia. Amorevole e, come me, non sopportavi i lecchini e gli ipocriti. Ti ricorderò sempre, caro Turi. Quando l’ultima volta che ci siamo visti, a Natale, mi hai espresso la tua voglia di tornare nella tua terra. Hai superato una malattia pesante e ti sei rimesso a battagliare come sempre. Fai parte di quelle amicizie vere e sincere e, per questo, non potrò mai dimenticarti. Che ti sia lieve la terra».

Anche il sindaco di Biancavilla, Antonio Bonanno, appresa la notizia della morte del dott. Ingiulla, ha rivolto un pensiero ai familiari: «Nonostante non vivesse ormai da parecchio tempo a Biancavilla, è un dispiacere enorme avere appreso della sua scomparsa. Esprimo tutta la mia vicinanza alla famiglia ed ai suoi cari».

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Vent’anni senza Placido Stissi, il figlio Giuseppe: «Onorati di un papà così»

A “Biancavilla Oggi” il ricordo commosso: «Non ci ha visto crescere, ma siamo certi che veglia su di noi»

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Vent’anni fa la morte di Placido Stissi. Il suo ricordo è intatto. Il suo gesto resta una testimonianza del suo altruismo. Dipendente della Provincia di Catania e stretto collaboratore del presidente Nello Musumeci e poi di Raffaele Lombardo, Stissi stava andando al lavoro. In un punto della tangenziale di Catania, sotto la pioggia battente, accostò e fermò la sua macchina. Lo fece per prestare aiuto ad un giovane automobilista rimasto in panne nella corsia opposta. Mentre attraversa la carreggiata, però, un veicolo lo travolse. Morì a 41 anni, lasciando la moglie Anna Maria e i tre figli, ancora minorenni: Giuseppe, Gessica e Denis.

Il ricordo del suo primogenito è intriso di affetto e orgoglio. «Sono passati 20 lunghi anni, mi fa onore, ci rende onorati che – dice Giuseppe a Biancavilla Oggi – dopo tutto questo tempo ancora la gente ricordi il gesto eroico che mio padre ha fatto. Non ha riflettuto più di una volta a scendere dalla propria auto e a soccorrere quel ragazzo rimasto in panne e con l’auto capovolta. Non ha pensato alle conseguenze che potevano succedere in quella fatidica giornata piovosa. Come poi effettivamente accaduto, lasciando noi figli piccoli e mia mamma».

Chi ha conosciuto Placido, a Biancavilla, può confermare che le parole del figlio descrivano esattamente quei modi di sincera disponibilità nei confronti di chiunque.

«Mio papà era fatto così. Sempre premuroso. Sempre cordiale e generoso con tutti. L’amico degli amici. Sempre pronto ad aiutare tutti. Un angelo volato in cielo troppo giovane e troppo presto. Oggi è raro fare e ricevere gesti del genere. Soprattutto noi giovani – sottolinea Giuseppe – dovremmo prendere esempio da questi ormai rari gesti di altruismo verso il prossimo. Non si pensa altro che all’invidia e alla cattiveria, invece dovremmo trovare il modo per riportare i bei gesti di solidarietà. Non dovremmo dimenticare che potremmo avere bisogno, anche noi, di un semplice aiuto, una carezza, una mano che ci venga posta sulla spalla o essere ascoltati».

«Noi figli – conclude Giuseppe – siamo veramente onorati di avere avuto un padre così. Mia mamma lo è del marito che ha avuto. Certo, il dolore resta, come il rammarico che ci abbia lasciati così presto senza vederci crescere ed essere al nostro fianco. Ma siamo sicuri che ci veglia da lassù e guida i suoi nipoti nella migliore strada».

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