Cronaca
«Iniezione in vena per farli morire» Garofalo a giudizio per tre omicidi

di Vittorio Fiorenza
Davide Garofalo è stato rinviato a giudizio –su richiesta del pm Andrea Bonomo– dal Gup Giovanni Cariolo. Contestati tre omicidi con la “tecnica” dell’iniezione d’aria in vena: l’orrore che emerge dalle carte dell’inchiesta “Ambulanza della morte”. Il processo a Garofalo, adranita, classe 1975, rinchiuso nel carcere di “Bicocca”, si aprirà a dicembre alla Corte d’Assise di Catania.
Per lo stesso caso, c’è un secondo imputato, Agatino Scalisi, pure lui adranita, attualmente a piede libero, che seguirà il rito abbreviato (udienza fissata ad aprile): è accusato di un quarto omicidio.
Le vittime, come aveva denunciato il programma Mediaset de “Le Iene” con testimonianze di chi sapeva e aveva visto, sarebbero pazienti terminali, dimessi dall’ospedale di Biancavilla. Nel breve tragitto dalla struttura sanitaria a casa, attraverso un’ambulanza privata (nulla a che vedere con il servizio sanitario del 118), i due imputati avrebbero causato la morte dei malati. Per uno scopo disumano, stando alle accuse: accaparrarsi i relativi funerali ed ottenere dall’agenzia di pompe funebri una “provvigione” di 200-300 euro. Un’attività criminale avallata dai clan mafiosi di Adrano e Biancavilla.
Garofalo e Scalisi devono rispondere nei rispettivi procedimenti pure di estorsione, aggravata dal metodo mafioso, ai danni dell’impresa funebre Arena di Biancavilla, ormai chiusa.
Come parti civili, si sono presentati quattro familiari di una sola presunta vittima. Assieme a loro, ammessi Orazio Arena con i figli Giuseppe e Luca (inseriti nel programma di protezione, lontani da Biancavilla, in quanto testimoni di giustizia), l’Asp di Catania, il Comune di Biancavilla, il Codacons e l’associazione antiracket ed antiusura “Libera Impresa”.
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Cronaca
Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa
L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.
Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.
L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.
A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.
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Cronaca
Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»
Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.
Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.
Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.
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Lui
26 Ottobre 2018 at 5:44
Da buttare la chiave…