Connettiti con

Cultura

Il mistero della statua bizantina: appello per decifrare l’enigma

Padre Pino Salerno anticipa a Biancavilla Oggi l’Sos che sarà rivolto alla comunità scientifica, nel tentativo di risalire all’identità dell’effige trovata all’interno della statua di San Biagio. «Ci sono simboli da capire». 

Pubblicato

il

Padre Pino Salerno anticipa a Biancavilla Oggi l’Sos che sarà rivolto alla comunità scientifica, nel tentativo di risalire all’identità dell’effige trovata all’interno della statua di San Biagio. «Per il momento non sappiamo nulla, ci sono segni e simboli da capire». 

 

di Vittorio Fiorenza

Un ritrovamento sensazionale: una statua bizantina “inglobata” in quella di San Biagio, di epoca settecentesca, custodita nella basilica pontifica “Maria Santissima dell’Elemosina” di Biancavilla. L’antica opera lignea è mancante della testa e degli arti superiori: non è possibile attribuire un’identità precisa. La notizia era stata data da Biancavilla Oggi, che aveva mostrato in esclusiva il video che documenta il momento in cui restauratori ed esperti della Sovrintendenza fanno l’importante scoperta.

Si tratta di un santo orientale, il cui culto è stato soppresso? Oppure di un’effige nascosta all’interno di una statua sacra con l’intento di condannarla all’oblio? Non si sa: un mistero. Se svelato, però, potrebbe dare ulteriori e più oggettive informazioni sull’origine di Biancavilla, fondata alla fine del Quattrocento da un gruppo di profughi albanesi.

Ecco perché per risolvere l’enigma storico, padre Pino Salerno, prevosto di Biancavilla e parroco della chiesa madre, lancerà nei prossimi mesi un appello alla comunità scientifica, invitando studiosi ed esperti a collaborare. «Per il momento –ci spiega padre Pino– non sappiamo nulla di preciso. Si tratta di decifrare simboli e segni che quest’opera lignea presenta. Per questo, da aprile cercheremo di pubblicare online tutti i dettagli della statua con relativa documentazione fotografica, nel tentativo di trovare persone competenti che possano fornirci informazioni su chi rappresenta quella figura e “leggere” il messaggio di quei simboli».

La scoperta, a fine del 2015, della statua nascosta dentro l’altra come una matriosca è stata del tutto casuale. Un appassionato di storia e tradizioni locali, Antonio Zappalà, ha voluto finanziare il restauro del simulacro di San Biagio, risalente a metà del ‘700. Quando i restauratori del laboratorio Calvagna di Aci Sant’Antonio se lo sono trovati davanti e lo hanno aperto, hanno svelato un’altra statua “incastonata” che presenterebbe elementi “bizantini”. Da parte della Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali di Catania non c’è stato alcun pronunciamento. Occorrono studi approfonditi, da affidare ad esperti al di sopra di cultori di storia locale, prima di fare valutazioni.

La figura è certamente maschile, presenta una stola, ha i sandali su piedi scalzi e sulle ginocchia si intravede, poggiata, la gamba di un bambino. Nella parte anteriore, uno scapolare o un “pallio”. Che sia un sacerdote, un vescovo o un santo di ordine mendicante sono soltanto ragionamenti a caldo di chi ha visto il manufatto ligneo, peraltro di un certo pregio.

L’ipotesi più immediata è che la statua dall’identità ignota, sfregiata e mutilata forse per effetto della soppressione della devozione del santo (o presunto tale), si legherebbe al processo di “latinizzazione” contrapposto alle tradizioni dell’oriente cristiano portate dal gruppo di albanesi di rito greco-ortodosso. Senz’altro, come aveva sottolineato ai nostri microfoni già due anni fa padre Pino Salerno, «si aggiunge un tassello che apre ampi orizzonti sul periodo ancora buio della fondazione del nostro paese».

LEGGI GLI ARTICOLI

L’antico “segreto” di San Baigio: scoperta antica statua del ‘500

Identikit del santo misterioso: le ipotesi sulla statua ritrovata

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
1 Commento

1 Commento

  1. Daniela

    2 Gennaio 2018 at 19:27

    Sembrerebbero i resti di una Madonna in trono con Bambino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cultura

È sempre così: per ogni mamma, i figli sono la “curinedda” del nostro cuore

Il termine esprime tenerezza e amore: deriva dal greco con il significato di “germoglio”

Pubblicato

il

Fra le parole che le mamme usavano a Biancavilla per esprimere amore e tenerezza verso i figli e le figlie c’è curina, variamente declinato in espressioni come curineḍḍa!, curina dô ma cori!, curineḍḍa dâ mamma! ecc., tutte col significato di “amore mio!”, “cuore mio!”, “gioia dell’anima mia!” e sim.

Con questo tipo di significati la nostra parola è usata nei romanzi e racconti di Silvana Grasso, di cui diamo qualche esempio:

Ah Sasà! che hai combinato figlio mio?! Ah Sasà curina del mio cuore! E come ti salvo io?! …Recitava muto Cornelio (L’albero di Giuda, 1997).

Il Paradiso era per lui sentire il fischio d’un treno e un altro e un altro ancora nella curìna dell’anima (Disìo, 2005).

Le tasche delle sue giacche sciauriàvano di zagara anche dopo il bucato o forse era tutt’uno col naso quell’odore, tale intramato nella sua pelle, nella curìna dell’anima che nulla ci poteva, nemmeno il bagno nella vasca d’alluminio quando, una volta al mese, la signorina Anselma gli faceva la doccia calandogli di sopra alcuni secchi d’acqua calda. (dalla raccolta La ddraunàra, 2020).

Ma prima di assumere questo significato traslato (metaforico), la curina indica “la parte più interna e più tenera del cesto di una pianta”, in una parola “il garzuolo, il grumolo”, ad esempio della lattuga, la parte più interna e tenera che si preferisce per le insalate.

Estendendo l’indagine ad altre parti della Sicilia, troviamo che curina può indicare il “germoglio appena spuntato dal terreno”, le “foglie della palma nana, quelle più tenere e bianche” che nel Trapanese vengono tagliate, pulite dalle spine e fatte essiccare nella stagione estiva. Con esse si creano delle corde che gli artigiani locali intrecciano per la realizzazione di scope, ventagli, tappeti e borse (Custonaciweb). Per estensione indica la “treccia di capelli di una ragazza”. In area etnea orientale curina di parma si dice di una “ragazza buona, dal carattere mite”.

Altri significati figurati registrati qua e là in Sicilia considerano curina la “parte migliore di qualunque cosa”. Gli sbergi di curina sono, quindi, le “nocepesche di migliore qualità” e la frase èssiri di la curina può significare, a secondo delle località e delle fonti, a) “essere il preferito”, b) “essere molto scaltro, malizioso”, c) “essere uno dei principali esponenti della combriccola”. Arriviamo, per questa strada, infine, a un significato del tutto negativo con la locuzione laṭṛu di curina “ladro matricolato”.

Dal nome deriva (per parasintesi) il verbo scurinari. Usato transitivamente significa “togliere la parte più interna e più tenera, ad es. a una lattuga, a un finocchio ecc.”; negli usi intransitivi il verbo vale “germogliare delle piante a fusto non legnoso” e “crescere ben diritto, del castagno”. Dal verbo derivano l’agg. scurinatu “di castagno perfettamente diritto” e il nome scurinata “farina separata dal fiore”

Oltre che in Sicilia, curina o una var. è diffuso in Calabria, dove indica il “grumolo di lattiga o cavolo”, il “garzuolo”, il “cuore di una pianta” o la “cima di un monte”; in Basilicata dove il “lino pettinato”; il deriv, napoletano corìnola è la “roccata di lino”. Nella Calabria sett. troviamo ancora scurinare “cimare le piante” e il deriv. scurinatu “senza cima”, “disgraziato”.

Per chi si voglia cimentare, infine, nella ricerca dell’origine della parola, è certamente forte la tentazione di fare derivare curina da cori “cuore”. In realtà, la nostra voce deriva dal greco κορύνη (korýnē), usato da Teofrasto (371-278 a.C.) nel De historia plantarum col significato di “germoglio”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continua a leggere

I più letti

Nel rispetto dei lettori e a garanzia della propria indipendenza, questa testata giornalistica non chiede e rifiuta finanziamenti, contributi, sponsorizzazioni, patrocini onerosi da parte del Comune di Biancavilla, di forze politiche e soggetti locali con ruoli di rappresentanza istituzionale o ad essi riconducibili.