Storie
L’ultimo saluto a Massimiliano Verzì, passione e genialità per le moto


Incredulità per la morte improvvisa del biancavillese, noto per le sue capacità professionali per le due ruote. Aveva avuto per questo l’attenzione delle riviste specializzate. L’addio con rombo di motori e lancio di palloncini.
di Vittorio Fiorenza
Aveva una grande passione per le moto, poteva vantare una capacità veramente geniale nella conoscenza di ogni pezzo e di ogni ingranaggio. In tanti lo cercavano, anche da fuori Biancavilla, per affidargli la messa a punto e la sistemazione delle due ruote di grosse cilindrata.
Massimiliano Verzì, 42 anni, sposato e padre di tre figli, è morto in maniera prematura e improvvisa. La notizia ha lasciato nello sconforto quanti lo conoscevano per le sue qualità umane di persona umile e disponibile, prima ancora che per quelle professionali.
«Abbiamo capito subito che il sacro cuore della passione lo aveva colpito nel profondo», si legge nell’articolo. Massimiliano, già possessore di un’Aprilia Tuono R Factory, aveva avuto l’idea di “tuonizzare” una RSV. L’aveva acquistata malconcia perché chiusa per troppi anni in un garage e l’aveva fatta “rinascere” con la massima efficienza su strada.
C’è chi ricorda anche un interessamento di “Moto Sprint” per un suo prototipo di marmitta dall’aerodinamica e dal raffreddamento originali e innovativi. Massimiliano era così. Ingegnoso. Un amore per le moto che spesso lo portava a partecipare a manifestazioni e raduni di altri appassionati.
In tanti hanno partecipato al funerale nella chiesa “Santissimo Salvatore”. Tanti, provenienti da fuori provincia, erano in sella alle due ruote. L’addio, in piazza Roma, è stato dato con rombo di motori e lancio di palloncini, come si può notare nel video che abbiamo pubblicato sopra.
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Storie
La “rinascita” di Giovanna: «La mia odissea col Covid, salva per miracolo»
A due anni dalla guarigione, la testimonianza umana e la gratitudine di una donna tenace


Ci sono eventi che sembrano trapassati, ma che invece hanno lasciato segni profondi. Di Covid si soffre meno e si parla poco. Eppure, per tante famiglie resta una ferita aperta. Ha provocato morte e sofferenza. E chi ce l’ha fatta, non può fare a meno di gioire alla vita.
La testimonianza di Giovanna Schillaci, una donna di Biancavilla, che ha rischiato tanto a causa del coronavirus, è intrisa di umanità autentica e gratitudine.
«Oggi una data importante per me che non dimenticherò mai. Il 28 gennaio 2021 –racconta Giovanna– inizia la mia lunga odissea. Arriva l’ambulanza a prelevarmi in gravissime condizioni: polmonite bilaterale interstiziale da Covid. La mia vita è in pericolo. Solo un miracolo potrà salvarmi».
«Ed eccomi oggi, dopo due anni con dei segni indelebili e molteplici sofferenze. Ma molto gioiosa e grata, prima a Dio e poi ai medici professionisti che abbiamo nel nostro ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. Loro mi hanno curata con dedizione e amore ed oggi sono qui a raccontare la mia terribile disavventura».
Un’esperienza difficile, superata grazie alla struttura sanitaria di Biancavilla, che nell’emergenza fu convertita completamente al trattamento dei malati Covid.
Giovanna non dimentica quei camici bianchi che le sono stati a fianco. E li nomina uno per uno.
«Sono rimasti nel mio cuore e li custodirò per tutta la vita: la Dottoressa Maria Altomare, la dottoressa Martina Paternò, il dottore Salvo Spadaro, la psicologa Dottoressa Graziella Zitelli e la dottoressa Cristina Amato. Hanno messo anima e corpo per salvarmi e farmi ritornare a casa dalla mia meravigliosa famiglia, che non vedeva l’ora di riabbracciarmi e coccolarmi. Ringrazio tutti gli altri medici e infermieri che mi sono stati vicini, facendomi pesare meno la solitudine e il mio calvario. Grazie di cuore a tutti i miei angeli custodi».
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22 Maggio 2017 at 20:09
Ciao massimo…