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Cultura

Mario Adinolfi in basilica per la sua “crociata” contro le unioni civili

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Il noto giornalista, ospite in chiesa madre per invito dell’associazione “Maria Santissima dell’Elemosina”, si schiera contro il ddl Cirinnà: «Mi preoccupa la deriva antropologica che trasforma le persone in cose».

 

di Vittorio Fiorenza

«Oggi arrivo in una realtà amichevole, di solito trovo carabinieri e polizia, che devono intervenire a tutela del mio diritto di parola contro la veemenza con cui vengo attaccato». A Biancavilla, considerata uno dei pilastri del cattolicesimo conservatore della diocesi catanese, Mario Adinolfi ha trovato un pubblico aperto all’ascolto.

Nella basilica “Maria Santissima dell’Elemosina”, da dietro una cattedra, il giornalista romano, tra i fondatori del Pd, è intervenuto a favore del concetto di famiglia. È stato il 251esimo incontro in giro per l’Italia per la sua “crociata” sui temi del suo libro “Voglio la mamma”, in cui contesta –così li definisce– i “falsi miti di progresso” (aborto, eutanasia, matrimonio tra gay ed utero in affitto).

«Ciò che sostengo io –dice subito Adinolfi– sono cose che partono da un’ovvietà: i bambini nascono da un uomo e da una donna. Mi preoccupa una società in cui, falsamente, si possa sostenere il contrario. Sarebbe una deriva antropologica, a causa di chi vuole ridurre le persone a cose. Siete nati tutti da un papà e da una mamma? Bene, nessuno mai ha dato risposte discordanti. Dunque questa è una verità».

Ad ascoltarlo, dopo la messa, nell’incontro organizzato dalla basilica biancavillese e dall’associazione “Maria Santissima dell’Elemosina”, qualche centinaio di persone.

Mario Adinolfi ha poi invitato all’azione contro il ddl Cirinnà su unioni civili e adozioni. «Una legge ingannatrice», l’ha bollata il giornalista, direttore del quotidiano “La Croce”.

«Andiamo sul sito di Palazzo Madama e scriviamo a ogni singolo senatore, basta cliccare su “composizione” e verranno fuori tutti i nomi con la rispettiva mail. Facciamo capire che noi cittadini siamo contrari alla “Cirinnà” e all’innaturalezza della vita», ha sollecitato Adinolfi. Ma respinge le accuse di omofobia. «Non ho mai scritto –ha detto– due righe contro gli omosessuali, ho già il mio carico di peccati, non voglio occuparmi di quello degli altri. Come cittadino, però, ho il diritto di esprimere la mia contrarietà alle nozze tra gay».

All’incontro sono intervenuti pure don Salvatore Bucolo, responsabile di pastorale familiare dell’Arcidiocesi di Catania, il prevosto, don Pino Salerno, e la giornalista cattolica Giuliana Avila Di Stefano

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Cultura

Il Corpus Domini a Biancavilla: festa del pane, della terra e… dei nuovi immigrati

Non solo rito religioso, ma anche memoria agricola e ponte tra passato contadino e presente multiculturale

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Mentre la sfera del sole raggiunge il suo punto più alto nel cielo, riscaldando le giornate della Piana di Catania, a Biancavilla comincia un rituale antico, scandito dal ritmo della natura: è il tempo della mietitura del grano. Un tempo, questo, che significava benessere e sostentamento per l’intera comunità. La terra, scura e generosa alle pendici dell’Etna, restituiva mesi di attesa e di lavoro con il frumento dorato, simbolo di ricchezza e sopravvivenza.

Il grano dava da mangiare a tutti: non solo ai proprietari dei campi, ma anche e soprattutto alle centinaia di braccianti impiegati a mietere, trebbiare e mondare i preziosi chicchi. In tempi difficili, segnati dalla miseria e dalla fame, l’abbondanza di un raccolto costituiva motivo di festa: la fatica era ripagata dalla certezza che per un altro anno si sarebbe avuto pane sulla tavola.

“U Signuri” e i quartieri in festa

In questo stesso mese di giugno, che prelude all’estate, Biancavilla celebra una delle sue feste più sentite: u Signuri. Una festa che unisce il sacro al quotidiano, il cielo e la terra, e che parla proprio del pane spezzato, dell’Eucaristia che diventa presenza divina tra la gente.

Il caldo estivo fa uscire di casa anche i più restii, e “a chiazza” si anima di voci, volti, incontri. È davvero la festa dei quartieri, della cooperazione tra vicini di casa che si traduce in bellezza.

Cominciando dalla Chiesa Madre, per un’intera settimana ha luogo, a turno in tutte le parrocchie, la processione d’a Sfera: il SS. Sacramento racchiuso dentro l’ostensorio che coi suoi raggi dorati richiama quelli del sole luminoso, generoso e forte.

Gli altarini con le lenzuala bianche

Un tempo, quando esisteva una sola parrocchia — la Chiesa Madre — era da lì che partiva l’unica processione. Ma dopo il 1952, con la nascita delle nuove parrocchie, ciascuna ha iniziato a organizzare la propria, coinvolgendo fedeli e volontari nel proprio territorio. E così ogni sera, tra le strade dei quartieri, si visitano sette, otto, anche dieci altarini preparati con cura e devozione agli incroci: strutture semplici, realizzate con assi di ferro o di legno, ricoperte di lenzuola bianche e ornate di fiori, cuscini, candele e luci.

Il sacerdote si ferma a ogni altarino per impartire la benedizione. Subito dopo esplodono le note della banda musicale – prima molto più diffuso, negli ultimi anni un po’ più raramente – e lo sparo di qualche mortaretto che echeggia in tutto il paese, mentre dai balconi piovono petali di fiori e si alzano i canti e le preghiere. Gli stendardi delle confraternite e i bambini, vestiti con gli abiti della Prima Comunione, aprono la strada a questo corteo sacro e gioioso, che celebra il pane spirituale ma anche, implicitamente, quello materiale, frutto della terra e del sudore dell’uomo, simbolo della prosperità che si spera per l’anno a venire.

Il pane che unisce: dalla terra ai nuovi immigrati

Non solo rito religioso, la festa del Corpus Domini è memoria agricola, è gesto collettivo, è riflesso simbolico del dono ricevuto dalla terra: il grano triturato, impastato e cotto diventa pane da condividere.

Oggi, mentre molti rimangono indifferenti, nelle piazze e tra le strade a osservare da lontano questa tradizione, ci sono anche nuovi abitanti, nuovi vicini di casa: marocchini, rumeni, albanesi, tunisini arrivati a Biancavilla in cerca di lavoro e di futuro. Molti di loro lavorano nei campi, partecipano alla mietitura, apprendono il valore della terra di Sicilia e, a poco a poco, si integrano nel tessuto vivo del paese.

Anche se le differenze religiose o culturali restano, sono sempre più frequenti i segni di partecipazione condivisa. Pure se spesso guardano stupiti perché qualcuno di quei gesti rimane incomprensibile e strano, molti si fermano a osservare in silenzio le processioni, riconoscendo nella devozione di quelle persone che sfilano, qualcosa di familiare, che parla anche a loro, nei loro linguaggi, nelle loro fedi.

Il pane, allora, torna ad essere simbolo universale: spezzato, condiviso, celebrato. È un ponte tra generazioni e culture, tra passato contadino e presente multiculturale.

Tradizione che si rinnova

Nel clima pomeridiano di questo bel periodo dell’anno, Biancavilla si racconta attraverso la festa del Corpus Domini: una tradizione che si rinnova, che accoglie e che tiene insieme. Il mistero del pane e della presenza divina ci parla anche del lavoro dei campi e della forza della comunità, in un rituale che unisce il sacro e l’umano, il locale e il globale, il passato e il futuro e si riscopre non solo paese agricolo ma comunità che accoglie, che ascolta e che vuole evolversi senza dimenticare.

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Cultura

Frammenti di ricordi sugli anni ’50, ’60 e ’70 raccontati da Giuseppe Petralia

“Ci fu un tempo in cui…”: a Villa delle Favare, SiciliAntica ha presentato il libro del cronista biancavillese

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Un tuffo tra gli anni Cinquanta e Settanta, tra personaggi, quartieri e abitudini di vita di un tempo. Racconti di gioventù, aneddoti, figure emblematiche e momenti quotidiani che oggi appartengono alla memoria collettiva.

È questo il cuore del libro “Ci fu un tempo in cui… frammenti di ricordi su fatti e personaggi“, firmato dal giornalista Giuseppe Petralia e pubblicato da Algra Editore. L’opera è stata presentata a Biancavilla, nella sala conferenze di Villa delle Favare, in un incontro promosso da “SiciliAntica”.

Ad aprire la conversazione è stato Enzo Meccia, presidente dell’associazione, che ha presentato l’autore e sottolineato il valore dell’opera nel contesto della memoria storica locale.

Ad accompagnare la presentazione, l’intervento di Salvuccio Furnari, cultore di Storia Patria, che ha offerto una lettura appassionata e coinvolgente del volume, mettendo in luce l’efficacia narrativa dell’autore nel restituire atmosfere e personaggi ormai scomparsi. Petralia descrivere la bellezza dei personaggi e delle storie di un mondo che non c’è più, rendendolo vivo e comprensibile anche ai più giovani. Lo fa, proponendosi non come scrittore ma con gli strumenti del cronista.

Nel libro, infatti, Petralia raccoglie esperienze e fatti vissuti, attingendo alla sua lunga carriera giornalistica e a una collaborazione cinquantennale con il quotidiano “La Sicilia”. E come cronista è animato dal desiderio di trasmettere ai lettori – e in particolare alle nuove generazioni – uno spaccato autentico di vita, quando «senza cellulari e computer, si sapeva vivere meglio».

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Iscrizione al Roc n. 36315
Direttore responsabile: Vittorio Fiorenza

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