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Cronaca

Intimidazioni alla “Casa di Maria” ma il blitz scatta per… una tettoia

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© Foto Biancavilla Oggi

di VITTORIO FIORENZA

Che solerzia “svizzera” alle falde dell’Etna. La “Casa di Maria”, che in contrada Abate Vitale di Biancavilla accoglie bambini, migranti, ragazze madri, donne vittime di violenza e persone in difficoltà, si è vista arrivare 11 agenti per una presunta difformità edilizia su una tettoia. .

In un paese in cui l’abusivismo “pesante” (a cominciare dalle abitazioni che figurano come capannoni agricoli) non è stato mai arrestato, appare un tantino esagerato un così massiccio dispiegamento di forze.

Ancor di più se si considera che nei confronti di chi avrebbe segnalato la presunta incongruenza progettuale (sanzionata con 860 euro), la “Casa di Maria” avrebbe sporto denuncia per minacce, incendi e atti osceni davanti ai minori. Denunce che, però, non hanno finora avuto un seguito. Ci sono due pesi e due misure? È l’interrogativo che si pongono i coniugi Sergio Pennisi e Carmela Comes, fondatori della struttura di accoglienza, come evidenziato oggi da MeridioNews.

Le denunce che hanno presentato loro –ha raccontato al quotidiano online, l’avv. Goffredo D’Antona, che assiste “Casa di Maria”– «non hanno ancora ricevuto riposta, un giorno invece uno dei denunciati va presso la Polizia forestale e denuncia delle difformità edilizie nel terreno dell’associazione».

Arrivano «undici agenti operanti, tra i quali un vice questore e un commissario della polizia forestale, e un commissario e un ispettore della polizia municipale del Comune di Biancavilla». Poi arriva dal Comune l’ordinanza di demolizione per «lavori, secondo loro, non conformi».

Il dubbio di una disparità di trattamento resta. Così Sergio e la moglie presentano un esposto alla Procura di Catania

«Per capire –sottolinea ancora l’avv. D’Antona all’intervista rilasciata a Claudia Campese– se gli atti, sicuramente solerti, della polizia forestale e del Comune siano dovuti a un trattamento di favore nei confronti del più volte denunziato, o se sia una procedura normale».

«Il Comune ci dimentica»

Sergio Pennisi e Carmela Comes, 53 anni, assieme ai loro quattro figli, svolgono svariate attività di volontariato nei confronti di bisognosi. Centinaia di volontari qui sono ospiti ogni anni, provenienti da tutto il mondo. Non mancano le collaborazioni con il Banco alimentare, il centro antiviolenza Thamaia e Libera-Contro tutte le mafie. Tra le attività vi è pure quella dell’affido. Per ogni bambino il Comune è tenuto a versare un contributo di 400 euro (contro i 2000 delle case famiglia). Eppure, l’amministrazione Glorioso non paga da 15 mesi, come sottolinea Pennisi.

Qualche anno fa, come ha raccontato il quotidiano “La Sicilia”, diversi alberi della proprietà di “Casa di Maria” vennero date a fuoco. Incendio doloso. Persino in quel caso non ci furono dichiarazioni pubbliche provenienti dal palazzo comunale né di condanna per l’attentato né di solidarietà alle vittime.

«Da diversi anni subiamo richieste di denaro, ci hanno anche bruciato la campagna, ma noi abbiamo sempre denunciato –ha ancora racconta Sergio a MeridioNews– E poi c’è tutta la serie di mancanze delle istituzioni che si dimenticano di chi lavora e fa del volontariato».

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Cronaca

Operazione “Ultimo atto”, avviato il processo anche per altri sei imputati

Segue il rito abbreviato un altro troncone, con il presunto reggente del clan e 12 suoi picciotti

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Prima udienza dibattimentale del processo scaturito dall’operazione antimafia “Ultimo atto”, condotta dai carabinieri a Biancavilla, nel settembre 2023. Alla prima sezione penale del Tribunale di Catania (presidente Riccardo Pivetti) al via il processo a carico di sei imputati: Carmelo Militello, Nicola Minissale, Ferdinando Palermo, Alfredo Cavallaro, Maurizio Mancari e Francesco Restivo. Altri 13 seguono, invece, il rito abbreviato e per i quali la Procura ha chiesto condanne per 125 anni complessivi di reclusione. Si tratta del gruppo che fa capo a Pippo Mancari u pipi (anche lui imputato in abbreviato, per il quale sono stati chiesti 12 anni di reclusione).

Siamo alle udienze interlocutorie: si procederà ora alle richieste di prova e al conferimento ai periti per la trascrizione delle intercettazioni. Dialoghi telefonici ed ambientali che hanno fatto emergere un organigramma con vecchie facce e giovani rampanti e una rete di affari illeciti.

Non soltanto estorsioni (ai danni di sei imprenditori e commerciati, oltre che agli ambulanti e ai giostrai della festa di San Placido). Ma anche traffico e spaccio di droga: un mercato sempre fiorente. E poi, la cosiddetta “agenzia”. Due società di trasporto su gomma, che, secondo gli inquirenti, per lunghi anni era stata nelle mani dei clan di Adrano e Biancavilla, imponendo il monopolio assoluto nei servizi rivolti soprattutto ad imprese della lavorazione di agrumi. Carmelo Militello e Ferdinando Palermo, in particolare, sarebbero i due uomini chiave della “agenzia”. Un’attività sottoposta a sequestro finalizzato alla confisca per un valore di circa 3 milioni di euro.

Gli altri componenti del gruppo che hanno scelto il rito abbreviato sono, oltre a Pippo Mancari: Giovanni Gioco, Salvatore Manuel Amato, Placido Galvagno, Piero Licciardello, Mario Venia, Fabrizio Distefano, Nunzio Margaglio, Alfio Muscia, Carmelo Vercoco, Cristian Lo Cicero e Marco Toscano. Imputato è anche Vincenzo Pellegriti, che del gruppo si è disassociato, entrando nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia. Le sue dichiarazioni sono state utilissime all’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Andrea Bonomo.

In entrambi i procedimenti si sono costituiti parte civile il Comune di Biancavilla (su delibera della Giunta del sindaco Antonio Bonanno, rappresentata dall’avv. Sergio Emanuele Di Mariano) e l’associazione Libera Impresa (rappresentata dall’avv. Elvira Rizzo). Non figura, invece, nessuna delle vittime di estorsione. Assenti: come da consueta tradizione omertosa.

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