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Cronaca

Dai dissidi con la suocera alla mega lite tra due famiglie di Paternò e Biancavilla

Violento epilogo con pistola e bastoni: i carabinieri hanno denunciato 11 persone per rissa aggravata

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Le indagini su unaa furiosa lite tra due famiglie, una di Paternò e l’altra di Biancavilla, hanno portato i carabinieri della compagnia paternese a procedere con 11 denunce.

Un caso complesso, risolto grazie ad una meticolosa e articolata indagine, che ha permesso ai militari di ricostruire le fasi della rissa ed identificare i partecipanti. I fatti sono avvenuti in contrada Marvizzaro, all’esterno dell’abitazione di una delle due famiglie rivali.

Tutto è partito da una segnalazione del pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla alla Centrale Operativa della Compagnia Carabinieri di Paternò. Il personale medico ha comunicato l’arrivo di un intero gruppo familiare composto da sette persone, giunte con lesioni alla testa.

I carabinieri si sono immediatamente mobilitati, ascoltando tutti i protagonisti, abitanti in zona Marvizzano di Paternò e in contrada Scirfi a Biancavilla. Chiarite anche le motivazioni della rissa.

I figli dei due contrapposti nuclei familiari – un 19enne paternese e una ragazza minorenne di Biancavilla – prima si sono fidanzati e poi hanno deciso di convivere a Paternò. Ma qui, i rapporti si sarebbero deteriorati per incomprensioni e litigi, soprattutto tra la ragazza e la madre del fidanzato.

L’epilogo con pistola e bastoni

L’epilogo della vicenda è recente: la minore avrebbe telefonato alla madre, raccontandole dell’ennesimo litigio. Un racconto che avrebbe suscitato l’ira della famiglia di Biancavilla, maturando la decisione di andare a “discutere” definitivamente i numerosi torti provocati alla loro figlia. Decisione che avrebbe preso le forme di una vera e propria spedizione punitiva.

Giunta in contrada Marvizzaro, la famiglia biancavillese, supportata da uno zio ed un cugino della minore, sarebbe stata accolta dai sette componenti della famiglia paternese, che attratti dal latrato dei cani, sarebbero scesi in strada ed una volta realizzate le cattive intenzioni dei componenti della famiglia rivale, sarebbero partiti all’attacco. Nel giro di pochi secondi le due famiglie sarebbero passate dalle parole alle mani. Ad inasprire ulteriormente gli animi, il gesto del 19enne fidanzato della minore. Il giovane, vedendo i familiari della sua fidanzatina intenzionati a portarla via, avrebbe impugnato un’arma (rivelatasi una pistola a salve) ed esploso alcuni colpi in aria a scopo intimidatorio. L’aggressione è poi continuata con dei bastoni. I contendenti si sarebbero lanciato anche vasi di terracotta.

Al loro arrivo, i carabinieri hanno trovato cocci di terracotta sparsi ovunque, bastoni disseminati sull’asfalto ed un bossolo a salve e la pistola scacciacani utilizzata dal 19enne. Al momento sono ancora ulteriori indagini. Intanto, tutte le persone coinvolte sono state dimesse dall’ospedale la sera stessa dei fatti. Tutti dovranno rispondere di rissa aggravata in concorso.

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Cronaca

In auto contro lo scooter: non è stato un incidente, ma un atto di “vendetta”

Diciottenne di Biancavilla denunciato per lesioni e atti persecutori ai danni di un coetaneo di Adrano

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Ha provocato un incidente stradale con l’intento di “vendicarsi” di un acceso diverbio avvenuto nei mesi scorsi. Un biancavillese di 18 anni è stato così denunciato dalla Polizia di Stato. Il giovane ha architettato il piano perché non si era rassegnato alla lite per futili motivi con una ragazzo 17enne di Adrano.

Il minorenne stava percorrendo in scooter via della Regione, ad Adrano. Proprio nei pressi della sede del Commissariato di Polizia era stato tamponato dall’auto guidata dal 18enne, finendo a terra, con una gamba bloccata sotto il peso dello scooter. Per tutta risposta, il giovane biancavillese, anziché prestare soccorso, è sceso dall’auto e, dopo una rincorsa, ha sferrato un violento calcio contro il ragazzino.

Una pattuglia di poliziotti ha assistito alla scena e ha fermato l’aggressione ancora in corso, bloccando il 18enne e prestando le prime cure al minorenne. Dopo qualche minuto, è arrivato il padre della vittima, accompagnata poi al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. La prognosi è stata indicata in sette giorni.

I poliziotti del Commissariato hanno compiuto dettagliati accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti e, dopo le attività di indagine, sono risaliti alle reali cause dell’aggressione.

L’origine dei rapporti conflittuali tra i due sembra essere legata ad un alterco avvenuto per futili motivi qualche mese addietro, con il 18enne che, in più occasioni, avrebbe tentato di “vendicarsi dell’affronto patito”. Il giovane è stato denunciato, in stato di libertà, per lesioni pluriaggravate ed atti persecutori.

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Cronaca

Così i dipendenti venivano intimoriti: «Attenti, il filo si può spezzare»

Lo sfruttamento dei lavoratori del supermercato, i retroscena di un’inchiesta avviata nel 2023

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«Un quadro inquietante di sfruttamento lavorativo». Dietro i volti gentili e sorridenti di banconisti, cassieri, addetti agli scaffali e magazzinieri si celava una realtà ben diversa. Nell’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Catania, Maria Ivana Cardillo, ha disposto le misure cautelari, vengono messi in evidenza gli elementi che hanno portato all’arresto di Luca Bonomo e Vincenzo Strano, rispettivamente titolare e direttore commerciale del supermercato di via Arti e Mestieri, a Biancavilla. Il marchio è Decò, ma la gestione è autonoma e indipendente dal Gruppo Arena. L’indagine, eseguita dalla Guardia di finanza di Paternò, è culminata anche con il sequestro preventivo dell’azienda e la nomina di un amministratore giudiziario.

Dalle quindici pagine dell’atto emergono – come è in grado di raccontare Biancavilla Oggi – episodi di sfruttamento: ferie e straordinari non pagati, stipendi da fame, in alcuni casi persino inferiori a 2 euro l’ora. Evidenziato anche lo stato di profondo bisogno in cui versavano i dipendenti, costretti ad accettare orari e retribuzioni falsificati. E poi, una forte sudditanza psicologica. Secondo il Gip, non si tratta di «una mera inosservanza di singole disposizioni normative, bensì… di un disegno criminoso».

Quando le verifiche amministrative e i controlli dei militari si sono intensificati, le due figure apicali hanno “avvertito” i dipendenti. Una lavoratrice ha riferito le indicazioni impartite da Strano: «Mi ha incalzata dicendomi che, se tenevo al mio lavoro, già sapevo cosa avrei dovuto rispondere… mi sono sentita sotto pressione». Stesso avvertimento sarebbe stato rivolto a tutto il personale, convocato per una riunione. Indicazioni ribadite poi da Bonomo: «Ci disse che, a seconda delle dichiarazioni rilasciate da noi dipendenti, il filo si sarebbe potuto spezzare».

Il filo, in realtà, si era spezzato già nel momento in cui le Fiamme Gialle avevano messo piede nel supermercato. Tutto era partito non da una denuncia, ma da un semplice controllo amministrativo dei finanzieri paternesi, nel novembre 2023. Già in quell’occasione erano emerse violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Da lì, la necessità di ulteriori approfondimenti su retribuzioni, orari, straordinari e altri aspetti contrattuali. Nella prima fase era stato sentito il commercialista e consulente del lavoro dell’azienda.

L’inchiesta si era quindi concentrata sul legale rappresentante della società per «evidenti indizi di sfruttamento lavorativo desumibili da erogazioni di retribuzioni evidentemente difformi rispetto alle ore lavorate». Il lavoro investigativo era proseguito con l’audizione dei dipendenti. Tra questi, il ruolo chiave era quello del direttore del punto vendita, definito dagli inquirenti la “longa manus” del titolare. Una persona – secondo la Procura – perfettamente consapevole delle condizioni lavorative offerte al personale. Anzi, durante i colloqui con chi aspirava ad un’assunzione, l’uomo metteva subito in chiaro i vincoli a cui bisognava sottostare.

«Lo stato di bisogno – ha sottolineato il procuratore Francesco Curcio – ha inciso sulla libertà di autodeterminazione, inducendo i lavoratori ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illecite, non riconosciute né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica».

Secondo la Guardia di finanza, la mancata regolarizzazione delle retribuzioni ha permesso al punto vendita di ottenere un risparmio illecito di oltre 2,7 milioni di euro, tra stipendi non versati e contributi omessi.

I due indagati – scrive ora il Gip – potrebbero avvicinare i dipendenti, sfruttando la loro vulnerabilità, per indurli a tacere o a fornire versioni alterate dei fatti. C’è, dunque, il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Da qui, l’applicazione degli arresti domiciliari, con pesanti contestazioni: intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e autoriciclaggio.

Il supermercato, comunque, rimane aperto. L’attività va avanti. La presenza dell’amministratore giudiziario, il dott. Luciano Modica, nominato dall’autorità giudiziaria, rappresenta la garanzia massima per il pieno rispetto, d’ora in avanti, dei diritti dei lavoratori.


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