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Detto tra blog

«Poi ho capito: il voto non è libero. Le donne? Strumento della politica»

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Nel mio brevissimo approccio con la politica ho conosciuto momenti di grande intensità e significato, di complicità con le persone che facevano parte del mio gruppo e anche di grande gioia e divertimento.

Malgrado ciò, facendo un bilancio complessivo, purtroppo sono rimasta molto delusa e molto amareggiata da quello che è la politica in generale.

Ho capito che la politica purtroppo si regge su dinamiche che sono tutt’altro che coerenti, tutt’altro che logiche.

Ho capito che le elezioni ce le si può giocare in una notte. Dopo tanta fatica ed impegno, in una notte si fa tutto e si butta tutto alle ortiche.

Mi sono sempre chiesta come facessero determinate persone a promettere 80 voti, 100 voti, 300 voti, mi sono sempre chiesta come una persona potesse avere la sicurezza che un determinato numero di cittadini avrebbe votato secondo le sue indicazioni.

Ebbene, poi l’ho capito.

Ho capito che sono pochissimi i cittadini che votano liberamente il candidato che ritengono più meritevole della loro preferenza e che al contrario per lo più i cittadini votano dove gli viene detto di votare perché in cambio ricevono un beneficio o, quanto meno, una promessa di un beneficio.

Mi capita quasi quotidianamente che vari compaesani mi dicano “io volevo votare te ma non potevo perché avevo il voto IMPEGNATO con il mio datore di lavoro” oppure “ora che mi sono licenziata, sono libera di votare te” oppure “io volevo votare te ma mio marito ha impegnato il mio voto con Tizio o con Caio che gli hanno promesso un favore” oppure ancora “avvocatessa, perché non organizza un comitato per lamentarci di questo o di quello”…e io rispondo: “chiedo scusa, lei chi ha votato? E’ salito? Si? Benissimo. Il suo voto ha trovato piena espressione. Si rivolga al consigliere da lei prescelto”.

Che tristezza…. Questa è l’Italia e questa è Biancavilla, ma l’Italia siamo noi e Biancavilla siamo noi!

Non possiamo lamentarci del momento critico che stiamo attraversando se noi stessi quando votiamo scendiamo a compromessi, se noi stessi per dirla in modo più esplicito vendiamo il nostro voto.

Anche le donne mi hanno delusa e purtroppo continuano a farlo.

Il legislatore regionale ha ideato il voto di genere, consentendo all’elettore di manifestare una doppia preferenza: uno voto a un candidato uomo e uno a una candidata donna.

Ebbene, anche questo strumento che doveva essere uno strumento che garantisse parità tra uomini e donne, è stato magistralmente manipolato ed utilizzato per “segnare” i voti, cioè renderli identificabili così da potere meglio controllare gli elettori, e per far si che, dalle varie accoppiate uomo/donna, gli uomini potessero prendere più voti, con l’intento di prendere due seggi, uno per l’uomo e uno per la donna, da far “gestire” al consigliere uomo.

E non mi si dica che non è così! Questo è un dato che ho riscontrato nei consigli comunali di vari paesi.

Di chi è la colpa? Di tutti! Degli uomini che continuano a considerare le donne non in grado di fare politica ma soprattutto delle donne che si sono prestate a questo “gioco”.

E’ stato veramente avvilente sentire dopo le elezioni commenti del tipo: “tu dovevi votare me e lei ma hai votato lei e un altro candidato” oppure “la candidata Tizia mi ha tradito e non mi ha portato i suoi voti”, quasi come se l’accoppiata di Tizia con Caio fosse inscindibile, fosse obbligatoria.

Ancora più triste sentire commenti del tipo “io ero accoppiato con tre donne”, facendo così riferimento alle donne non come autonome candidate ma come candidate di supporto al candidato uomo.

Il cittadino doveva votare per forza quella accoppiata. Punto e basta.

Questo a cosa ha portato? Ha portato ad avere dei consigli comunali, come anche a Biancavilla, con una percentuale meno che minima di donne elette.

Alla faccia della parità! Complimenti a tutte quelle candidate donne che si sono prestate a tutto questo. Non hanno fatto altro che alimentare il maschilismo che impera nella politica.

Quando lo capiremo che la parità vera e la libertà vera le raggiungeremo non con una legge che impone il doppio voto di genere ma piuttosto  quando i cittadini potranno votare liberamente un uomo o una donna a seconda dei suoi meriti, indipendentemente dal sesso.

Ma cosa ci aspettiamo da un sistema politico in cui le dimissioni dei politici sono concordate secondo logiche interne che se ne fregano della volontà degli elettori?

Ma in effetti, se la volontà degli elettori è frutto di interessi personali, perché tenerne conto?

In effetti, chi se ne frega della Costituzione della Repubblica, chi se ne frega della libertà di voto, chi se ne frega del fatto che stiamo andando a rotoli.

L’importante è che nel mio orticello vada tutto bene. L’importante è che con il voto che ho espresso e che ho imposto ai miei familiari di esprimere mio figlio abbia un posto di lavoro o pseudo tale o che, quanto meno, abbia una promessa da rincorrere rincorrendo il politico o il politicante che gliel’ha fatta!

Chi se ne importa dei valori e dei principi?

L’importante però è che poi tutti ci allarghiamo la bocca ricordando i Giudici Falcone e Borsellino.

Non voglio generalizzare, di certo ci sono delle eccezioni, ma, per lo più, quello che ho visto e che vedo è apparenza tanta ma sostanza zero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Comment

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  1. gianfranco galvagno

    15 Febbraio 2016 at 16:32

    Gent.ma Pilar Castiglia,
    mi fa piacere e apprezzo che qualcuno (purtroppo pochi e raramente) scriva e denunci il disinteresse generalizzato su tanti temi, compreso quello da Lei citato, che toccano la vita sociale di un paese, sia esso Nazione, Regione, Comune. Sulla cosidetta “società civile” ho avuto modo di postare un mio pensiero proprio su questo spazio e spesso (forse anche troppo) commento fatti e articoli sia su BiancavillaOggi che sulla relativa pagina FB. Non mi ritengo assolutamente schierato con nessun partito, per me valgono le azioni portate avanti e ben concluse con la dovuta serietà, trasparenza, etica ed efficienza che dovrebbe possedere chi gestisce la cosa pubblica nell’esclusivo interesse dei cittadini che, vorrei sottolineare, sono i loro datori di lavoro; il fatto che queste azioni abbiano delle colorazioni politiche lo considero un’optional.
    Mi soffermo su tre punti toccati nel suo post: 1) condivido che molti cittadini non votino liberamente “perché in cambio ricevono un beneficio o, quanto meno, una promessa di un beneficio”: invece no!! non ricevono e non riceveranno nessun beneficio (un frigorifero o mille euro non lo sono), ciò che riceveranno è una tristezza infinita che ha un nome: meschinità!!. 2) ho notato tra le righe riferimenti che assomigliano a quote rosa; lascerei perdere questi riferimenti perchè non fanno che accentuare vecchi discorsi sulla parità; credo fortemente che le donne abbiano una marcia in più su molti aspetti della vita e non è il caso di dibattere ancora su questo; ma è stata assolutamente corretta quando dice che la vera libertà è votare una persona per il merito e competenze riconosciute, indipendentemente che sia uomo o donna, e aggiungo eterosessuale o omosessuale. 3) sulle “dimissioni politiche concordate”, beh, ho commentato varie volte anche recentemente su FB, queste anomalie tutte italiane e biancavillesi a proposito di un non ben specificato Turn-Over, ma non ho ancora avuto “ragionevoli” risposte che mi potessero far cambiare idea. Chiedo scusa se mi sono dilungato, ma le opinioni a volte non si possono restringere.
    Un Cordiale saluto.

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Il centro anti-violenza Calypso e quei politicanti che volevano “sporcarlo”

Oggi tanti eventi ipocriti ma io sarò in Tribunale per una donna di Biancavilla, vittima di maltrattamenti

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Nel 2012, unitamente a due psicologhe di Catania fondavo l’Associazione Antiviolenza e Antistalking Calypso, la cui sede era ed è a Biancavilla. Ricordo che Sonya, Laura (questi i nomi delle due psicologhe) ed io eravamo spinte da forte motivazione, spirito di solidarietà e di aiuto a donne e bambini, vittime di violenza di genere. Ricordo l’inaugurazione dell’associazione, a Villa delle Favare, nel marzo del 2013. Ricordo l’attenzione che Calypso ha ingenerato nei politicanti di tutti gli schieramenti. Era di certo un bel bocconcino da strumentalizzare a proprio uso e consumo, ma avevano fatto i conti senza l’oste.

Eh sì, perché l’oste, cioè io, non ha mai consentito alcuna strumentalizzazione e non si è mai piegata ai vari avvicinamenti e alle tante promesse che le venivano dispensate con il solo fine di recuperare qualche voto all’interno dell’associazione. Che delusione, però, quando hanno capito che la maggior parte delle associate non era residente a Biancavilla e che quindi non aveva alcun significato politico alle elezioni locali. Che delusione quando hanno capito che l’associazione era autentica e per nulla interessata ai favori dei politici, ops, politicanti.

Noi volevamo solo una sede idonea ad accogliere le donne vittime di violenza. Non volevamo soldi, non volevamo incarichi. Nulla, se non mettere in campo la nostra professionalità per aiutare le donne vittime di quella violenza e di quel maschilismo che, vuoi o non vuoi, imperano e che in alcune forme sono così sottili, tanto da non essere riconosciuti e che, purtroppo, provengono anche dalle donne.

Cominciamo dalla lingua italiana

Questa è la verità e io la dico. Quelle donne, per esempio, a cui va bene che la cameriera sia chiamata cameriera, idem la segretaria, idem l’infermiera. Ma si rifiutano di essere chiamate avvocata, sindaca, assessora, la presidente e così via. Ciò in barba all’Accademia della Crusca e all’utilizzo della lingua italiana in forma corretta. E la motivazione a sostegno di tale rifiuto qual è? “Avvocata, magistrata, architetta…. non si può sentire”. Invece cameriera si può sentire. Se non è discriminazione questa (nei confronti delle cameriere e di tutte le donne), non so cos’altro lo sia.

Ho sempre pensato che la competizione tra donne e la mancanza di solidarietà di cui veniamo accusate sia frutto della mentalità maschilista e patriarcale da cui tutti (uomini e donne) siamo imbevuti sin da bambini. Ma più vedo e sento donne che si ribellano all’utilizzo corretto della lingua italiana, espressione di una giusta evoluzione non solo della lingua ma anche e soprattutto della società e della mentalità, e più faccio fatica a comprendere dove stia l’inghippo. Sulla mia carta di identità c’è scritto “avvocata”. Io l’ho chiesto, seppur abbia raccolto l’iniziale perplessità di alcuni dipendenti dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Biancavilla, anche donne, ovviamente.

I “compitini” di Biancavilla e il calendario del perbenismo

D’altro canto, a Biancavilla come in tanti altri comuni (tutti?), i “compitini” sono corretti. Quote rosa rispettate, perché imposte dalla legge, altrimenti con il cavolo. Anche perché si sono resi conti che “questa cosa” delle quote rosa e del doppio voto uomo/donna è un ottimo strumento per duplicare i propri voti (degli uomini, ovviamente). E poi: assessore (plurale di assessora) alle Pari opportunità, rigorosamente donne perché le pari opportunità sono affari che riguardano solo le donne. E ancora: panchine rosse, scarpette rosse, scolaresche riunite in piazza il 25 novembre e l’8 marzo, alla presenza per lo più di donne.

A mia memoria, ai vari eventi imposti dal calendario del perbenismo, salvo qualche eccezione, i sindaci e gli assessori (uomini) non hanno mai partecipato. O in alcuni casi hanno fatto brevi apparizioni perché impegnati in affari ben più importanti rispetto ad iniziative ritenute forse affarucci da femminucce. D’altro canto, gli uomini si occupano di cose serie, mica di panchine e scolaresche.

Calypso, realtà preziosa e onesta

Comprendo che sarebbe più popolare scrivere che tutto vada bene e che sono tutti belli e bravi. Io, però, sono ormai disillusa dal paese in cui pensavo di investire professionalmente e umanamente. E donare ad esso il mio entusiasmo e i miei valori di uguaglianza, parità e solidarietà verso il prossimo. Mi sono enormemente rotta le scatole, perché allinearmi non è nel mio “mood”, come direbbero i ragazzi di oggi.

Tutto ciò non solo a Biancavilla, ma Biancavilla è certamente colpevole di non avere accolto una realtà preziosa, onesta e autentica quale è Calypso. Perché? Perché la sua presidente (la presidente e non il presidente) che sono io, ha notoriamente la lingua troppo lunga.

Indimenticabile quando nel 2013 una persona vicina all’attuale sindaco (all’epoca non ancora sindaco e che, peraltro, io sostenevo, sbagliando) mi disse che ero troppo scomoda e che «non avrei fatto strada in politica». In effetti, così è stato perché sono fuggita a gambe levate. Altrettanto indimenticabile quando un sindaco ricandidato di un colore diverso di quello sopra nominato si è permesso di strumentalizzare il mio nome e indirettamente quello della mia associazione durante un comizio. Mi costrinse a prendere parola e a dire che nel capodanno precedente, quando una ragazza di Biancavilla era stata sequestrata dal suo convivente, io ero in piena operatività insieme alla famiglia e ai carabinieri, mentre lui era a casa a mangiare le lenticchie.

Certa politica sporca tutto

Ma si sa, certa politica sporca tutto. Calypso, però, non l’ho fatta sporcare. Meglio rimanere una piccola realtà autogestita e autofinanziata che impelagarsi con schifezze varie. Tante belle parole ma nulla di concreto a Biancavilla. Città che, essendo in buona compagnia, probabilmente si autoassolve dalle responsabilità che incombono sulla sua testa e su quella dei suoi capoccioni.

Oggi, 25 novembre, io non parteciperò ad alcun evento, così come ormai faccio da anni. Sarò in Tribunale a discutere il processo di una donna di Biancavilla. Una donna che, se non avesse trovato il sostegno dei figli e del genero e, senza volere fare autoreferenzialità, della sottoscritta, forse sarebbe stata uccisa.

Gli altri, anzi, le altre, le cosiddette assessore (plurale di assessora) che si firmano “assessore” (al singolare), perché non hanno la consapevolezza che, in questo caso, la forma è sostanza o se ne hanno la consapevolezza non hanno il coraggio di sostenere il cambiamento, si lavino le coscienze con le panchine rosse e con le scarpette rosse e con le cazzate demagogiche da cui i nostri ragazzi vengono riempiti da adulti ciechi rispetto alle responsabilità di una società sempre più violenta (basti bazzicare i social).

Panchine e scarpette rosse come il sangue delle donne uccise per mano degli uomini violenti e per mano di una società fatta di uomini e donne complici. Rosse come la carne dei bambini vittime di violenza diretta e assistita, compresa quella delle false denunce, fenomeno dilagante e sempre più preoccupante che vede vittime uomini e bambini.

Femminismo non è fanatismo

Per onestà intellettuale si deve dire anche questo e si deve parlare anche di questo perché strumentalizzare le denunce, anche coinvolgendo i bambini, per scopi vendicativi ed economici null’altro è che violenza. Ed è un oltraggio nei confronti delle donne che davvero sono vittime di violenza, oltre a costituire un oneroso dispendio economico per lo Stato.

Ringrazio Biancavilla Oggi e il suo femminismo che dà speranza a un paese cieco e muto. Cecità e mutismo che, è utile ribadirlo sempre, ho provato sulla mia pelle quando ho subito la violenta rapina in pieno centro e in pieno giorno, nota a tutti, evento rispetto al quale, a parte questo giornale e il suo direttore Vittorio Fiorenza, tanti, tanti, tanti, ma davvero tanti, mi mostrano solidarietà e complicità dietro il sipario, perché farlo sul palcoscenico… “chi me lo fa fare?”.

Eh va beh… se lo specchio non si rompe quando vi guardate la mattina evidentemente è ipocrita e pusillanime quanto voi. A proposito, femminismo non è sinonimo di fanatismo e non è neanche sinonimo di odio nei confronti degli uomini ma magari ne parleremo un’altra volta. Buon 25 novembre, buona lavata di coscienza a tutti.

*Presidente del cento Calypso – Biancavilla

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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