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Detto tra blog

Contro le scene da Far West telecamere in tutta Biancavilla

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di MARCO CHISARI*

Scene di ordinaria follia si sono registrate a Biancavilla negli ultimi tempi, come in un perfetto Spaghetti western. Tanti, anzi troppi i casi di violenza e furti ai danni dei cittadini.

Da qui la proposta dell’associazione “Giovani in azione”: mettere sotto l’occhio vigile delle telecamere le vie strategiche di Biancavilla.

I commercianti non si sentono più al sicuro e noi siamo stufi di vivere nel terrore! È inaccettabile che l’amministrazione sia ancora ferma davanti a tutto ciò, che specialmente negli ultimi tempi ha sconvolto la nostra città.

La nostra associazione ha quindi deciso di entrare a gamba tesa su tale situazione, occorrono infatti più controlli e più prevenzione, solo così possiamo evitare ciò che oggi appare inevitabile. Tutto questo è possibile solo monitorando 24 h su 24 le principali vie cittadine, gli imbocchi e gli sbocchi che portano a Biancavilla e specialmente tutte quelle strade che oggi appaiono dimenticate, dove la delinquenza è di casa.

I costi sono assolutamente sostenibili, ma al di là di ciò credo che per salvare una possibile vita si debba fare tutto ciò che si può senza farsi bloccare dall’ostacolo economico. La nostra vita è forse quantificabile in una spesa?

*dirigente dell’associazione “Giovani in azione”

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. vincenzo

    20 Febbraio 2016 at 18:13

    bellissima proposta, che ovviamente il comune non metterà mai in atto perchè “scomoda”

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Detto tra blog

Mafia a Biancavilla, quei fallimenti educativi al di là della cronaca

Il processo “Ultimo atto” e gli spunti di riflessione sui “buoni” e i “cattivi” che vivono a fianco

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Una comunità di persone vive anche di queste informazioni, ossia illustrare le attività investigative delle proprie agenzie di controllo. «Blitz “Ultimo atto”, la Procura chiede 125 anni di carcere per 13 imputati», è l’articolo con cui Biancavilla Oggi ci aggiorna sul «rito abbreviato per Pippo Mancari “u pipi” e i suoi picciotti, accusati di mafia, droga ed estorsioni». Normalmente è così: si parla dell’organo che ha indagato, del reato, possibilmente con le ipotesi del guadagno illecito, le attività criminose, i comportamenti, le vittime, spesso senza nome, o soltanto alcune di quelle che in realtà hanno subito. Poi si passa ai criminali, le facce, gli anni di galera previsti, l’attesa del giudizio. Tutto in una sequenza che sembra esaustiva e completa. Poi vedremo le condanne, la sentenza, l’appello, etc.

Questo ci basta? Ci basta questo per sentirci a posto come cittadini? Sembra di assistere ad un canovaccio uguale e distante da noi, anche se stiamo parlando di persone e gente che incontriamo ogni giorno. Mi chiedo: questa operazione di polizia e la sua divulgazione ci bastano per la nostra idea di comunità? Non c’è forse un tratto di vita tra carnefici e vittime che ci potrebbe interessare di più? La frattura al contratto sociale si ricompone da sola? Mi chiedo. Loro sono i cattivi, o quelli che hanno sbagliato – e si vede dalle facce – e noi siamo i buoni? È proprio così?

In realtà nelle strade e nelle piazze siamo lì, insieme, ognuno per la propria vita, ma tutti accanto l’uno all’altro. Questo tipo di notizie, che diventano solo cronaca, non sono fin troppo indifferenti alla vita di chi ha sbagliato e di chi ha subito il torto.

Come possiamo fare per capire ciò che potremmo fare in termini comunitari? Perché si continua a chiedere il pizzo e si continua a spacciare, nonostante le pene previste? Parlo ovviamente in termini generali e non su questo caso specifico.

Io penso che dove si commette un reato di questa portata, qualcosa non ha funzionato anche prima ed anche in tutti noi. In questa comunità di persone c’è stato un fallimento. Reati del genere coinvolgono molte più persone, atteggiamenti, comportamenti, amicizie, conoscenze. Un mare di persone. E molto tempo prima ha lasciato che le cose sfuggissero di mano. Reati del genere parlano di fallimenti educativi in primis, poi di tante altre cose. C’è il momento della condanna, dopo le indagini, ma il momento per comprendere come siamo arrivati, un’altra volta a queste situazioni quando? Quando comprenderemo di quali passaggi è fatto un percorso di comunità in questa direzione?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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