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Incendio distrugge box al cimitero: autocombustione o origine dolosa?

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Il fuoco ha incenerito il prefabbricato dell’impresa che sta realizzando la nuova cappella funeraria comunale. Non ci sarebbero segni evidenti per supporre la presenza di una mano criminale. Ma è un’ipotesi non esclusa del tutto.

 

di Vittorio Fiorenza

Prefabbricato distrutto completamente dalle fiamme all’interno del cimitero nuovo di Biancavilla. Non ci sarebbero segni evidenti per supportare una matrice dolosa, ma si tratta di una possibilità non esclusa del tutto dai carabinieri.

Il box era di pertinenza dell’impresa, la Ade s.c.a.r.l., amministrata da Daniele Di Bella, che è impegnata nella costruzione, in project financing, della nuova cappella funeraria comunale. Il prefabbricato, sistemato all’ingresso del cimitero di via della Montagna, poco prima del passaggio a livello della Fce, era utilizzato come ufficio: all’interno, una scrivania, alcune sedie, scaffali con documenti e attrezzi di lavoro. Tutto ridotto in cenere.

Ad accorgersi dell’incendio è stato il capocantiere. È intervenuta una squadra di vigili del fuoco del distaccamento di Adrano. Dai rilievi che sono stati compiuti, non sono emerse tracce di liquido infiammabile. Possibile, quindi, che il fuoco si sia innescato a causa di una lenta autocombustione dall’interno. L’impresa –va anche detto– non ha ricevuto telefonate o richieste “anomale”.

Si fa notare, tuttavia, che il box era nuovo e al suo interno non vi erano elementi elettrici o infiammabili, tali da potere immaginare un’autocombustione di quel tipo.

Da qui, dunque, la posizione dei militari della locale stazione dei carabinieri, che al momento non escludono alcuna pista.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cronaca

La Procura rimette in moto la ruspa: demolita casa abusiva a Biancavilla

Dalla sentenza di condanna all’ordine di abbattimento dell’immobile in zona “Croce al vallone”

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© Foto Biancavilla Oggi

Con l’emergenza Covid e i vari lockdown, le ruspe sono state spente. Ma i fascicoli penali sui casi di abusivismo edilizio sono rimasti accatastati sul tavolo della Procura e adesso vengono nuovamente presi in esami, uno dopo l’altro.

Così anche a Biancavilla riprendono le demolizioni. È accaduto vicino contrada “Croce al vallone”, dove una casa è stata lasciata al destino dell’abbattimento. Si tratta di uno di quei fascicoli per i quali si è accertato l’abuso e si arrivati ad una sentenza di condanna definitiva. Ogni tentativo legale per salvare l’immobile è stato compiuto, ma gli appigli giuridici si erano esauriti. Il proprietario non ha proceduto per conto proprio e la Procura ha ordinato la demolizione coatta, in esecuzione di un verdetto irrevocabile.

A coordinare gli interventi sono stati ufficiali di polizia giudiziaria. Prima lo sgombero dell’immobile, poi l’abbattimento della struttura, che comunque proseguirà ancora nei prossimi giorni fino allo smaltimento del materiale. La ditta incaricata dalla Procura è una tra quelle confiscate alla mafia.

Sul posto, i carabinieri della stazione di Biancavilla, agenti del commissariato di Adrano, la polizia provinciale, il corpo forestale dello Stato e vigili urbani. Uno schieramento normalmente previsto per prevenire eventuali problemi di ordine pubblico. Ad ogni modo, non si è verificato alcun disordine. Anzi, i proprietari hanno prestato collaborazione, aiutando gli operai a recuperare mobili ed infissi.

Le precedenti demolizioni prima del Covid

Tra le ultime e precedenti demolizioni effettuate in territorio di Biancavilla, quella dell’aprile 2018. Un immobile illegale realizzato nel 2008 in contrada Spitaleri, in zona Vigne, ricadente all’interno della zona del Parco dell’Etna, era stato raso al suolo. La procedura della Procura era stata la stessa in decine di altri casi in provincia di Catania.

«Pur avendo i destinatari l’obbligo di adempiere spontaneamente all’ordine di demolizione, in caso di non ottemperanza, è necessario – veniva sottolineato – procedere alla demolizione coatta delle costruzioni abusive, al fine di rendere effettivo l’ordine impartito dalla sentenza di condanna, che altrimenti rimarrebbe lettera morta. Gli oneri della demolizione coattiva sono a carico dell’autore dell’abuso».

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