Chiesa
Sisma, a Biancavilla messa di Natale col vescovo: «Vicino alla comunità»
di Vittorio Fiorenza
L’arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina, sarà stasera a Biancavilla, nella chiesa del Rosario, per presiedere la messa di Natale. È stato lui stesso ad annunciarlo in Cattedrale. Un modo per esprimere vicinanza alla comunità cattolica del centro etneo, dopo il terremoto dello scorso ottobre, che ha danneggiato abitazioni e scuole e ha determinato la chiusura della basilica, della chiesa dell’Idria e della chiesa di San Gaetano.
La visita di Gristina avviene mentre la terra etnea continua a tremare, facendo registrare continue scosse sismiche in coincidenza di una nuova attività eruttiva dell’Etna
Il vescovo ha già espresso la vicinanza alla popolazione biancavillese in un video di auguri rivolto ai presbiteri della diocesi di Catania e diffuso nel gruppo whatsapp a loro riservato ed appena creato dall’Ufficio diocesano “Comunicazioni sociali” diretto da padre Giuseppe Longo.
«Un pensiero speciale per voi carissimi fratelli –ha detto il vescovo in un passaggio– che sperimentate la difficoltà del Natale a causa del terremoto e quindi alle comunità che vivranno questi giorni in modo “particolare”, come a Biancavilla, ad Adrano e a Ragalna. L’augurio è che non ci lasciamo vincere dalle difficoltà e che facciamo tesoro, in queste difficoltà, dell’amore del Signore».
Per vie più formali, Gristina ha fatto pervenire a padre Pino Salerno e padre Salvatore Nicoletti, parroci della basilica e dell’Idria, un ulteriore messaggio di sostegno. «Il vostro -si legge nella missiva- sarà certamente un Natale un po’ diverso perché accompagnato dai disagi che il recente sisma ha provocato all’edificio parrocchiale. Vi sono perciò particolarmente vicino. So già che, attraverso gli uffici di Curia, sono stati adottati i necessari preliminari provvedimenti per limitare e risolvere i disagi che state vivendo. Mi auguro che -viene sottolineato- anche attraverso l’intervento degli enti locali preposti e di altre situazioni, possiate riaprire appena possibile l’edificio parrocchiale. Da parte mia, assicuro la preghiera come pure tutto il sostegno che sarà possibile fornire».
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Chiesa
San Placido: la nostra identità cittadina tra fede, tradizioni e memorie secolari
La festa in onore del Patrono è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare
Un episodio della vita di san Placido, risalente ai primi anni della permanenza in monastero con san Benedetto ci tramanda che i monaci di alcuni monasteri avevano enormi difficoltà a reperire l’acqua, sicuramente per la lontananza con le fonti o per una persistente siccità. Allora angustiati chiesero all’abate di risolvere il problema. Il superiore non trovò altro rimedio se non la preghiera. Una notte, affinché la supplica fosse più efficace, svegliò il piccolo Placido, beatamente addormentato. Insieme si inoltrarono tra i monti e in un luogo remoto pregarono lungamente tutta la notte. Alla fine, poste tre pietre ad indicare il sito, se ne tornarono in monastero. Quando, su indicazione dell’abate, gli altri monaci andarono nel posto indicato tra quelle rocce videro uscire l’acqua tanto desiderata, prodigioso dono ancora oggi tangibile.
I santi commuovono il cuore di Dio. Lo dovremmo pensare quando tra le strade di basolato lavico della città passa solenne la statua del nostro san Placido. Quando le bombe assordanti, le strisce colorate, gli applausi dai balconi, le festose marce della banda accompagnano l’immagine di questo monaco andato in cielo – più di millecinquecento anni fa – a poco meno di trent’anni. I santi chiedono a Dio le grazie di cui noi abbiamo bisogno e ci indicano la giusta strada, già da loro percorsa.
Il segno dell’identità cittadina
In un mondo che sta cambiando troppo in fretta, in una società che ha modificato valori e ideali, portare tra le strade le statue dei nostri patroni assume un senso nuovo rispetto ai tempi andati.
San Placido rappresenta l’identità cittadina, con tradizioni e memorie derivanti dallo stratificarsi del passato e dalle contaminazioni culturali che l’hanno arricchita e la rendono unica. La festa a sua volta è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare. Essa spezza la monotonia della quotidianità e attraverso la manifestazione esterna di sentimenti ed emozioni offre l’occasione di riscoprire le origini della comunità, recuperandone la storia, rifondandola periodicamente e trovando nella ritualità dei gesti compiuti all’unisono da tutti la propria ragione di essere.
Per i cristiani, la festa è anche culto, è manifestazione della gioia che deriva da Dio e a lui fa ritorno. Esattamente come il nostro “giru de’ santi”, che dalla Chiesa Madre prende inizio e lì ritorna, esorcizzando la concezione della vita. Una vita intesa non come fluire lineare, con un inizio e una fine, ma come un divenire ciclico di nascita, morte e rigenerazione. Esattamente come le stagioni.
Festa, fede e simbolismo
La festa è pure preghiera ed è riflessione sul destino dell’uomo. Placido è stato un uomo. Ha gioito e ha patito come ogni altro essere umano. Ha dato però degli obiettivi e delle priorità alla sua esistenza. Ha saputo fare dono di sé agli altri. Questo ci viene rivelato dalla statua, opera del biancavillese Placido Portal, scolpita agli inizi del Settecento. Essa, riproponendo la Santità del martire secondo i modelli classici del barocco siciliano, mostra un uomo imberbe, ancora molto giovane, con un’ampia cocolla nera, con la mano destra alzata per benedire chi gli si rivolge.
Il simbolismo aiuta a capire il messaggio solo se il fedele osserva l’opera con occhio attento. L’aureola d’argento, è uno degli attributi più antichi, indica quello come uomo di Dio, ammantato dall’aura splendente della luce divina. Il pastorale rappresenta la dignità di abate, padre e pastore della comunità monastica a lui affidata. Il libro della Regola afferma che il santo appartenne all’ordine Benedettino, i cui monaci dopo il crollo dell’Impero Romano compirono l’imponente opera di ristabilire l’equilibrio in una Europa sconquassata dalle invasioni barbariche. La palma è simbolo del martirio subito per testimoniare gli ideali cristiani. Le chiavi della città – consegnate ogni anno dal sindaco – indicano l’affidamento di Biancavilla al suo Patrono. Infine la croce pettorale, in argento e pietre preziose, è segno della fede in Cristo, stabile fino alla fine nel cuore di Placido.
Ai piedi del fercolo, dentro un’antichissima urna, sono conservate le reliquie, il braccio destro del santo che tante volte benedisse i fratelli e oggi continua a benedire i suoi devoti.
Il senso della festa oggi
Ecco cosa rappresenta quella effigie tirata dai fedeli, portata festosamente tra la gente, abbracciata da migliaia di biancavillesi. Ancora oggi, quel monaco di cui parlò Gregorio Magno, avvicinato dalla tradizione alla nostra Sicilia come martire, ci vuole parlare di pace in un mondo che, preso da interessi di parte sta conoscendo una triste era di conflitti; ci parla di ponti per unire individui appartenenti all’unica famiglia umana; ci parla di accoglienza e di interculturalità in una società chiamata a ricevere nuovi flussi migratori da terre povere e devastate concretizzati ogni giorno in nuovi vicini di casa, compagni di scuola, colleghi di lavoro; ci parla di lotta audace alle nuove mafie che attanagliano come tumori la nostra terra, la oltraggiano e la umiliano.
Una forte dose di coraggio, di presa di coscienza intelligente per far uscire la nostra società civile dall’individualismo imperante e dalla ricerca di profitti e interessi privati a scapito di quelli comuni. Una buona quantità di impegno e di forza di volontà per tirar fuori le nostre comunità ecclesiali – spesso annebbiate dai troppi fumi d’incenso – dai raccolti edifici sacri al mondo chiassoso e agitato. Accogliere le nuove sfide del nostro tempo e piantare semi di nuova speranza per tramutare il caos in cosmos: è questo che ci dice e ci chiede il nostro Santo Patrono in questo 2024? Forse, e non solo.
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