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Cultura

L’omaggio di Salvo Ardizzone alla memoria del maestro Franco Zeffirelli

L’artista biancavillese racconta il suo incontro, quand’era ancora studente, con il grande regista italiano

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Nello scenografico complesso di San Firenze, sede della Fondazione Franco Zeffirelli, consegnata l’opera dell’artista siciliano Salvo Ardizzone, originario di Biancavilla, dedicata al maestro del cinema italiano: “I Zeffiretti FZ 2023” acrilico 80×80.

Il dipinto rappresenta un giovane Zeffirelli del periodo del Gesù di Nazaret, circondato dagli “zeffiretti” dell’idomeneo di Mozart tanto amati dalla mamma Alaide. E poi tanto “viola” e tanti “gigli”, che rappresentano la sua amata Fiorentina.

«Ho incontrato il Maestro – ricorda l’artista biancavillese – nella primavera del 1993, lui stava girando il film “Storia di una Capinera” a Catania, io frequentavo l’Accademia di Belle Arti e stavo realizzando la mia tesi “Gesù nel cinema: secondo Pasolini, Zeffirelli e Jewison”, tre modi di vedere la figura di Gesù. È chiaro che di Zeffirelli mi sono soffermato sul “Gesù di Nazaret”, che considero il kolossal non solo della mia adolescenza ma anche di tutti i tempi».

«Tramite le suore benedettine, visto che una mia compagna di classe lo era, mi procurai – prosegue Ardizzone – un appuntamento con il Maestro all’interno del set. Nonostante siano passati esattamente 30 anni, lo ricordo come se fosse oggi. Lui saliva la “scalinata Alessi”, dove c’era anche il suo hotel di appoggio, considerando che lui aveva anche un caravan. Finita la salita si avvicinò a me, nonostante ci fosse un gruppetto di persone e mi disse: “Sei tu il ragazzo della tesi?”. Io in maniera emozionata gli risposi “sì”. Mi prese la mano e la bacio, dicendo “Grazie”. Ho ancora impresso questo momento nei miei pensieri e lo porterò con me».

Se il Gesù di Nazaret e Fratello sole, sorella luna mi hanno emozionato per le verità evangeliche e storiche, Storia di una Capinera e Romeo e Giulietta, mi legano di più alle emozioni amorose, che tutti noi abbiamo dentro il nostro cuore. La stessa cosa si può dire di Amore senza fine. Per parafrasare Callas forever, posso dire Zeffirelli forever».

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Cultura

1° Maggio a Biancavilla, l’occupazione delle terre e quelle lotte per i diritti

Il ruolo della Sinistra e del sindacato: memorie storiche da custodire con grandissima cura

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Anche Biancavilla vanta una ricca memoria storica sul 1 maggio. Nel nostro comprensorio non sono mancate, nel secolo scorso, iniziative e manifestazioni di lotta per i diritti dei lavoratori.

Spiccano su tutte l’occupazione delle terre e la riforma agraria di cui ci parla Carmelo Bonanno nel recente libro “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia. La ricostruzione dei partiti, le prime elezioni e i protagonisti politici dopo la caduta del fascismo”.

Il volume, edito da Nero su Bianco, raccoglie le testimonianze di alcuni dei protagonisti della vita politica e sindacale locale del Novecento, evidenziando le numerose iniziative volte a spazzare via i residui del sistema feudale di organizzazione delle terre e ad ottenere la loro redistribuzione.

Il mezzo principale per raggiungere tale obiettivo fu l’occupazione delle terre ad opera di un folto gruppo di contadini e braccianti. Tra questi, Giovanbattista e Giosuè Zappalà, Nino Salomone, Placido Gioco, Antonino Ferro, Alfio Grasso, Vincenzo Russo. A spalleggiarli anche diversi operai. Tra loro, Carmelo Barbagallo, Vincenzo Aiello, Domenico Torrisi, Salvatore Russo. Ma anche intellettuali come Francesco Portale, Nello Iannaci e Salvatore Nicotra.

Così, ad essere presi di mira furono anzitutto i terreni del Cavaliere Cultraro in contrada Pietralunga, nel 1948. Più di 400 persone li occuparono per cinque giorni e desistettero soltanto per l’arrivo della polizia, che sgomberò le proprietà.

A questa occupazione ne seguirono altre, tutte sostenute dai partiti della Sinistra dell’epoca (Pci e Psi in testa) e dalla Camera del Lavoro, e col supporto delle cooperative agricole di sinistra.

Le parole del “compagno” Zappalà

Significativa la testimonianza, riportata nel libro di Bonanno, del “compagno” Giosuè Zappalà: «Gli insediamenti furono vissuti con grande entusiasmo e costituirono per noi protagonisti dei veri e propri giorni di festa in cui potevamo manifestare la libertà che per tanti anni ci era stata negata. Le terre, i cui proprietari erano ricchi borghesi e aristocratici, spesso si trovavano in condizioni precarie, erano difficilmente produttive e necessitavano di grandi lavori di aratura, semina e manutenzione. Noi braccianti, perciò, con grande impegno e dedizione, spinti, oltre che dalla passione per il nostro lavoro, anche e soprattutto dalle condizioni di vita misere di quei tempi, ci occupammo, fin quando ci fu concesso, dell’opera di bonifica. Erano terre che di fatto costituivano per moltissimi l’unica fonte di reddito disponibile».

Tali iniziative, innestatesi nel corso del processo di riforma agraria che portò al superamento del sistema di governo delle terre sino ad allora vigente, condussero però a risultati contraddittori, poiché alcuni contadini ottennero terre produttive mentre altri terre scadenti. Ciò acuì il clima di invidia e inimicizia tra i protagonisti di quelle lotte e condusse alla rottura definitiva della coesione e della solidarietà della categoria.

Ciò non toglie che queste iniziative e manifestazioni segnarono un passaggio molto importante nella storia politica, socio-economica e sindacale locale e posero le basi per la “conquista” del palazzo municipale nel 1956 con l’elezione di Peppino Pace, primo sindaco comunista di Biancavilla.

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