Storie
Addio a Gabriella Guerini, la donna antiracket che fu snobbata a Biancavilla
Nel 2014, dopo le “48 ore di sangue”, si mise a disposizione dell’amministrazione comunale: non fu ascoltata
di Vittorio Fiorenza
Un volto storico del movimento antiracket etneo. Gabriella Guerini è morta a Catania. Con la sua associazione si era costituita parte civile in 43 processi, affiancando 181 vittime di estorsione ed usura.
La ricordiamo, nella redazione di Telecolor, ben oltre dieci anni fa, mentre ci illustrava il rapporto sulla diffusione del pizzo mafioso in provincia di Catania. «Signora Guerini, a Biancavilla come è la situazione? Che vi risulta?», chiedevamo a margine dell’intervista, per pura curiosità personale. «Beh, quella è una città in cui purtroppo oltre il 90% dei commercianti e imprenditori paga ancora silenziosamente», ci rispose. Un dato esagerato, pensammo. Ma i blitz degli anni successivi avrebbero fatto emergere un quadro desolante, nonostante i martellanti arresti. Gabriella Guerini aveva ragione: Biancavilla era (ancora) il paese del “pizzo a tappeto”.
La ricordiamo, a Biancavilla, nel gennaio del 2014, mentre partecipava alla (non affollatissima) marcia antimafia, improvvisata da gruppi giovanili locali, in risposta alle “48 ore di fuoco”, durante le quali morirono sotto una scarica di piombo Agatino Bivona in via Fallica e Nicola Gioco in via Pistoia.
Gabriella Guerini prese parte a quella marcia, mossa da piazza Annunziata e conclusasi in piazza Roma, dove diede la sua testimonianza in qualità di presidente dell’Associazione Antiracket e Antiusura Etnea
E in questa veste, fin da subito, diede la sua disponibilità all’amministrazione comunale di allora perché anche a Biancavilla si creasse uno sportello antiracket aperto ai commercianti (proposta poi formalizzata con un voto del Consiglio Comunale attraverso una mozione di impegno alla Giunta).
Impegni inascoltati da parte di chi stava al governo. Eppure, già nell’ottobre del 2014, l’operazione “Garden” fece riemergere la necessità.
«Avevamo dato disponibilità –disse, allora, a Biancavilla Oggi, la presidente Guerini– a formare tre o quattro persone ed affiancarle per il primo periodo di attività dello sportello: persone di Biancavilla, che godano di stima e nomea di onestà, al di fuori di partiti e schieramenti politici. Però dal Comune non si è fatto più sentire nessuno, non abbiamo avuto nessuna risposta da allora. Eppure, a Biancavilla, c’è necessità di muoversi in tal senso. Gli ultimi blitz hanno fatto emergere situazioni pesanti. Grazie al lavoro del procuratore della Repubblica, Giovanni Salvi, e delle forze dell’ordine si sono potuti evitati altri due omicidi, ma le indagini hanno dimostrato che a Biancavilla la mafia continua ad agire e ad essere viva».
Nulla da fare, Gabriella Guerini (figlia di un partigiano di origini bresciane, trasferitosi a Catania negli anni ’60) non fu chiamata dal Comune. Una “certa politica” la snobbò e fece altre scelte per l’apertura –divenuta inevitabile su pressing giornalistico e di qualche intervento consiliare dell’allora gruppo di Fratelli d’Italia– dello sportello antiracket. Ma da parte della Guerini non ci fu alcuna reazione scomposta o piccata.
La ricordiamo così, garbatamente battagliera. Tempra ereditata dal padre, piccolo imprenditore, vittima di minacce per dei tentativi di estorsione sempre respinti con forza. Gabriella Guerini, negli anni ‘70, a Catania, aveva avviato con il marito un’azienda per la frantumazione delle rocce e lì erano iniziate le prime pesanti richieste di pizzo. Ma nella Catania degli Anni Ottanta, quella dei 120 morti ammazzati l’anno, non c’era nessuno che diceva di “no” agli estortori. Alle prime richieste degli esattori del racket gli imprenditori si opposero, denunciando tutto ai carabinieri e, nonostante danneggiamenti alle attrezzature e altri attentati intimidatori, non si tirarono indietro. Solo un incendio nel ‘91, mise fine all’azienda, ma non alla battaglia intrapresa da Gabriella Guerini, che prima con l’Asaec e poi con l’Asaae continuò il suo impegno nell’antiracket a Catania e in provincia.
«Gabriella ha lasciato un enorme vuoto – intervengono i dirigenti di “Sos Impresa” – e sarà veramente difficile pensare al movimento antiracket siciliano e nazionale senza di lei».
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Storie
Vent’anni senza Placido Stissi, il figlio Giuseppe: «Onorati di un papà così»
A “Biancavilla Oggi” il ricordo commosso: «Non ci ha visto crescere, ma siamo certi che veglia su di noi»
Vent’anni fa la morte di Placido Stissi. Il suo ricordo è intatto. Il suo gesto resta una testimonianza del suo altruismo. Dipendente della Provincia di Catania e stretto collaboratore del presidente Nello Musumeci e poi di Raffaele Lombardo, Stissi stava andando al lavoro. In un punto della tangenziale di Catania, sotto la pioggia battente, accostò e fermò la sua macchina. Lo fece per prestare aiuto ad un giovane automobilista rimasto in panne nella corsia opposta. Mentre attraversa la carreggiata, però, un veicolo lo travolse. Morì a 41 anni, lasciando la moglie Anna Maria e i tre figli, ancora minorenni: Giuseppe, Gessica e Denis.
Il ricordo del suo primogenito è intriso di affetto e orgoglio. «Sono passati 20 lunghi anni, mi fa onore, ci rende onorati che – dice Giuseppe a Biancavilla Oggi – dopo tutto questo tempo ancora la gente ricordi il gesto eroico che mio padre ha fatto. Non ha riflettuto più di una volta a scendere dalla propria auto e a soccorrere quel ragazzo rimasto in panne e con l’auto capovolta. Non ha pensato alle conseguenze che potevano succedere in quella fatidica giornata piovosa. Come poi effettivamente accaduto, lasciando noi figli piccoli e mia mamma».
Chi ha conosciuto Placido, a Biancavilla, può confermare che le parole del figlio descrivano esattamente quei modi di sincera disponibilità nei confronti di chiunque.
«Mio papà era fatto così. Sempre premuroso. Sempre cordiale e generoso con tutti. L’amico degli amici. Sempre pronto ad aiutare tutti. Un angelo volato in cielo troppo giovane e troppo presto. Oggi è raro fare e ricevere gesti del genere. Soprattutto noi giovani – sottolinea Giuseppe – dovremmo prendere esempio da questi ormai rari gesti di altruismo verso il prossimo. Non si pensa altro che all’invidia e alla cattiveria, invece dovremmo trovare il modo per riportare i bei gesti di solidarietà. Non dovremmo dimenticare che potremmo avere bisogno, anche noi, di un semplice aiuto, una carezza, una mano che ci venga posta sulla spalla o essere ascoltati».
«Noi figli – conclude Giuseppe – siamo veramente onorati di avere avuto un padre così. Mia mamma lo è del marito che ha avuto. Certo, il dolore resta, come il rammarico che ci abbia lasciati così presto senza vederci crescere ed essere al nostro fianco. Ma siamo sicuri che ci veglia da lassù e guida i suoi nipoti nella migliore strada».
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Cunsolo
23 Marzo 2020 at 18:14
Ho conosciuto Gabriella nel 1994, era una Donna forte, coraggiosa e sopratutto intelligente, si metteva sempre a disposizione e aiutava sempre chi aveva bisogno.
Ho avuto bisogno di Lei e si è spesa aiutandomi e a instradarmi in questa missione insieme a Tano Grasso, padre di tutte le Associazioni Antiracket.
Lascia un vuoto enorme nel mondo dell’antiracket, una persona gentile e perbene che ha dato tanto per tutti.
Ciao Gabriella, un forte abbraccio, ti assicuro che sarai sempre viva nelle nostre menti. GRAZIE