Cronaca
Furnari querela Fiorenza, il giudice gli dà torto: «È diritto di cronaca»
Il racconto sul caso delle “spese pazze” alla Provincia non era piaciuto all’esponente Pd
Caso archiviato: Vittorio Fiorenza e Biancavilla Oggi hanno seguito una condotta professionale corretta e ineccepibile, nel rispetto della verità, esercitando e difendendo il diritto di cronaca e di critica. Non c’è stata nessuna diffamazione nei confronti di Giuseppe Furnari. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, Giuseppina Montuori, ha quindi disposto l’archiviazione del procedimento che il politico biancavillese aveva mosso contro il direttore responsabile della testata.
Erano stati due gli articoli, pubblicati in queste pagine nell’ottobre 2016, contestati dall’esponente del Partito democratico. Il primo, dal titolo “Condannato Giuseppe Furnari, le fatture che lo hanno inguaiato”, faceva riferimento alla vicenda, risalente al 2011, delle cosiddette “spese pazze” alla Provincia di Catania e alla sentenza di condanna della Corte dei conti nei confronti di 37 consiglieri provinciali per l’utilizzo di risorse dell’ente non per fini istituzionali. Tra questi, pure il noto politico biancavillese, al quale è stata contestata una spesa di 7mila euro.
«Per tale importo –avevano sentenziato i magistrati contabili– il predetto (Giuseppe Furnari, ndr) è condannato alla rifusione. Si tratta di materiale acquistato e di cui viene predicato il rimborso afferente biglietti augurali, calendari e una cena lunch (fattura n. 3475 del 20/7/2011 presso Grand Hotel Baia Verde), che nulla ha a che vedere con l’attività istituzionale».
Biancavilla Oggi ne aveva dato notizia, in ossequio al diritto dei cittadini di essere informati, essendo fatti di interesse pubblico e rilievo giornalistico.
Furnari, però, aveva avuto nei confronti di questa testata e del suo direttore una serie di reazioni piccate e di insofferenza, esternata attraverso il suo profilo Facebook, richiamando così ulteriori commenti di utenti. Biancavilla Oggi, quindi, aveva risposto con un editoriale dal titolo «Il condannato infastidito dalla verità: “È la stampa bellezza, la stampa!”» con il quale non soltanto il giornale non ha indietreggiato rispetto a quanto scritto, ma ha rivendicato il diritto/dovere di scrivere.
Ebbene, Furnari aveva ritenuto i due scritti offensivi e diffamatori per la sua persona, decidendo quindi la querela nei confronti di Vittorio Fiorenza. Il pubblico ministero aveva già chiesto l’archiviazione, ritenendo che i due articoli fossero corretti e descrittivi dei fatti accaduti. L’esponente del Pd si era, però, opposto.
Furnari è stato assistito dall’avv. Francesco Messina, mentre il giornalista è stato difeso dall’avv. Pilar Castiglia.
Adesso è arrivata da parte del Gip Montuori la decisione favorevole a Fiorenza, la cui posizione è stata archiviata: «Non emergono elementi di rilievo penale –viene sottolineato dal giudice– con riferimento ad eventuali profili di diffamazione, come indicato già nella motivazione del P.M., palesandosi soltanto una legittima forma di cronaca delle vicende in oggetto, caratterizzata dalla tipica ironia giornalistica e dalla presenza di commenti che rappresentano la manifestazione libera del proprio pensiero».
Il primo articolo di cronaca, pubblicato da Biancavilla Oggi –viene evidenziato ancora dal giudice– «è assolutamente preciso e corretto, riportando la verità dei fatti così come emergenti dalla lettura della sentenza emessa dalla Corte dei conti».
L’editoriale, resosi necessario per rispondere agli attacchi di Furnari e della schiera di suoi sostenitori, è invece «un amaro commento del giornalista ai numerosi post pubblicati su Facebook dallo stesso Furnari e da altri soggetti». Un articolo, questo, nel quale «neppure risulta essere travisata –precisa la dott. Montuori– la realtà dei fatti né essere stata usata alcuna espressione diffamatoria bensì soltanto l’intenzione a continuare a svolgere la propria professione giornalistica senza subire alcun tipo di intimidazione o condizionamento esterno, così come sempre fatto anche dinanzi –ricorda il giudice– a comportamenti ben più gravi ed intimidatori e subiti in altre circostanze, nonché la volontà di rivendicare il proprio diritto di cronaca e di critica giornalistica, riconosciuto dalla carta costituzionale».
Parole che certificano con grande autorevolezza la linearità di condotta professionale di Vittorio Fiorenza, sempre al servizio esclusivo della verità e dei cittadini. Parole che, al di là del caso di specie, dovrebbero essere recepite dalla classe politica, spesso intollerante alle critiche e inadeguatamente reattiva al racconto dei fatti che la riguardano, nel tentativo di intimidire o oscurare la verità. Tentativo destinato al fallimento, quando viene mosso nei confronti di giornalisti irreprensibili.
LA CRONACA
►Condannato Giuseppe Furnari, le fatture che lo hanno inguaiato
L’EDITORIALE
►Il condannato infastidito dalla verità: «È la stampa bellezza, la stampa!»

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Cronaca
Allaccio abusivo, elettricità gratis in appartamento: denunciata una donna
Controllo dei carabinieri assieme ai tecnici di Enel Distribuzione: accertato furto aggravato di energia
I carabinieri della stazione di Biancavilla hanno affiancato i tecnici di Enel-Distribuzione in un controllo presso un’abitazione, nella quale risiede un 52enne sottoposto a misura di sicurezza. L’attività ispettiva è stata avviata per accertare eventuali manomissioni della rete elettrica.
Durante la verifica, in effetti, è stato rilevato un allaccio diretto e abusivo, collegato all’appartamento situato al primo piano dell’edificio. Il collegamento illecito consentiva di utilizzare elettricità senza alcun costo, configurando il reato di furto aggravato di energia.
Nel corso degli accertamenti, la convivente dell’uomo, residente nella stessa abitazione, si è assunta la responsabilità dell’allaccio abusivo. Per questo motivo è stata denunciata.
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Cronaca
Omicidio Andolfi, per il giudice fu legittima difesa: 6 anni a Santangelo
Sentenza con rito abbreviato per il delitto avvenuto nel luglio 2024 nelle campagne di Centuripe
Salvatore Santangelo, imputato per l’uccisione di Antonio Andolfi, è stato condannato a 6 anni di reclusione e al pagamento di una multa di 2mila euro e delle spese processuali. Assolto, invece, per il tentato omicidio di Placido Minissale perché «il fatto non sussiste». È la sentenza di primo grado, per il procedimento con rito abbreviato, a firma del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Enna, Chiara Blandino. La Procura (con i sostituti Stefania Leonte e Massimiliano Muscio) aveva chiesto 16 anni di carcere.
Il verdetto, in sostanza, riqualifica il fatto da omicidio volontario a colposo, riconoscendo all’imputato di avere agito per legittima difesa ma con eccesso colposo. Santangelo è stato ritenuto colpevole, poi, per la detenzione e il porto illegale dell’arma con cui ha sparato. Tenendo conto della riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato, si è quindi arrivati a 6 anni di carcere. Ai genitori e alla sorella della vittima riconosciuto il risarcimento dei danni, da quantificare e definire in sede civile.
Una sentenza destinata a fare discutere, soprattutto perché riscrive la ricostruzione dei fatti, avvenuti nel luglio 2024 lungo una strada di campagna di Centuripe. Come raccontato già da Biancavilla Oggi, Santangelo aveva esploso, in un inseguimento, almeno quattro colpi di pistola verso il furgoncino guidato da Placido Minissale con Antonio Andolfi sul lato passeggero. Quest’ultimo, raggiunto da una pallottola, era stato accompagnato da Minissale fino al pronto soccorso dell’ospedale di Biancavilla, dove però i medici avevano constatato del giovane. Immediato era avvenuto l’arresto di Santangelo da parte dei carabinieri della compagnia di Paternò.
La svolta con gli esami balistici
La difesa dell’imputato, con gli avv. Fabrizio Siracusano e Giuseppe Milazzo, ha sollecitato verifiche tecniche e balistiche, alcune delle quali svolte dal Ris di Messina. I segni di una pallottola conficcata nella jeep di Santangelo hanno ribaltato l’ottica degli eventi, al punto che per Santangelo si erano aperte le porte del “Pagliarelli” di Palermo per essere posto ai domiciliari. I suoi avvocati, quindi, hanno invocato l’esimente della legittima difesa, sostenendo che l’uomo ha sparato perché fatto bersaglio di colpi di arma da fuoco. Il contesto – come emerge dalle carte delle indagini – è quello di dissidi e liti tra vicini di terreno, a causa dello sconfinamento di pecore al pascolo.
Alla luce della sentenza del Gup Blandino (le cui motivazioni si attendono entro 90 giorni), la posizione e il ruolo di Minissale, che in questo procedimento figurava come parte lesa, potrebbero essere rivalutate. Il giudice ha disposto, infatti, la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica «per le determinazioni di competenza in ordine alle false dichiarazioni rese da Minissale in occasione delle indagini e ogni altro reato che si dovesse ravvisare in capo allo stesso».

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MARIA
22 Maggio 2018 at 15:35
LA SOLITA ARROGANZA DEI POLITICANTI!
Giuseppe
8 Maggio 2018 at 17:22
Questo dimostra che molti politici sono di mestiere. Che i Consiglieri Provinciali, scoperti e condannati dalla Corte dei Conti in via definitiva, paghino e abbiano almeno la minima dignità di tacere, invece di essere ipocriti riempiendosi la bocca di belle parole e volendosi dare un’aurea che hanno dimostrato di non avere. Continuate cosi a Biancavilla Oggi avete l’appoggio di tanti cittadini stanchi di questa politica