Biancavilla siamo noi
«Per una gastroscopia dovrò attendere 8 mesi: è questa la nostra sanità?»
Una lettrice ci racconta la sua esperienza: se si vogliono tempi celeri bisogna rivolgersi ai privati

Sono una cittadina di Biancavilla che, a causa di un reflusso continuo che ha causato una esofagite, ho necessità di effettuare una gastroscopia. Una volta avuta la ricetta da parte del mio medico, ho proceduto alla prenotazione online della visita tramite accesso Spid. Una modalità molto più comoda delle estenuanti attese al numero verde.
Ebbene, nonostante l’urgenza con cui l’esame andrebbe fatto, scopro che la prima possibilità più vicina a me è all’ospedale “Santissimo Salvatore” di Paternò, a fine giugno 2026, cioè tra otto mesi!!! Volendo optare per un’altra struttura ospedaliera della stessa azienda sanitaria, la “migliore” scelta sarebbe a fine maggio 2026. Una terza scelta che mi propone il sistema è, addiritttura, a gennaio 2027.
Trattandosi di un esame particolare che richiede una sedazione, è sottinteso che l’urgenza o i tempi ragionevoli per la visita siano elementi da rispettare. Io non so come sarà il decorso della mia condizione clinica e dei miei sintomi, che non mi lasciano dormire né fare una vita normale. Non sono in grado di fare una previsione ad una settimana. Figurarsi fare ipotesi a 7-8 mesi o addirittura tra un anno e mezzo.
Questo cosa significa? Significa semplicemente che il sistema sanitario mi costringe ad andare in una struttura privata con ben altro aggravio economico, rispetto al semplice ticket che avrei dovuto pagare prima della visita. Ecco, ho voluto raccontare a voi di Biancavilla Oggi la mia esperienza di cittadina alle prese con le incongruenze e le ingiustizie della nostra sanità. Con un forte senso di impotenza e frustrazione. Lasciateci esprimere almeno l’indignazione.
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Biancavilla siamo noi
«I miei figli mi sono stati strappati, sono un padre invisibile ma vivo»
La lettera di un biancavillese sotto processo, tra gli ingranaggi della giustizia penale e civile

Gentile redazione di Biancavilla Oggi, vivo a Biancavilla e sono padre di due splendidi bambini. Oggi scrivo non da uomo accusato, ma da uomo calunniato. Non da colpevole, ma da vittima: sono stato falsamente denunciato dalla madre dei miei figli, su basi infondate, e arrestato. Attualmente, mi è stato imposto il divieto di avvicinamento alla persona che mi ha denunciato, ma non ai miei figli, come spesso si tende erroneamente a far credere. Eppure, da due anni non posso vederli. Non c’è un provvedimento che limiti la mia responsabilità genitoriale, ma nei fatti è come se io non esistessi più.
Il processo penale è in corso, e durerà anni. Nel frattempo, però, la giustizia civile sembra aver già deciso tutto: senza ascoltarmi, senza tener conto delle prove. Le uniche dichiarazioni considerate sono quelle della madre dei bambini, non supportate da elementi concreti, mentre nel fascicolo del Pubblico Ministero sono presenti molteplici dichiarazioni che smentiscono la sua versione.
Entrando in tribunale ho capito una cosa: per la giustizia civile, l’arresto è l’unica cosa che conta. Tutto il resto — prove, contraddizioni, documenti — viene ignorato. Nel frattempo, io non vedo i miei figli. Uno dei miei figli, minorenne, pare sia stato coinvolto in incontri con un centro antiviolenza. E mi chiedo: con l’autorizzazione di chi? Con il consenso di chi? Nessuno sembra porsi questa domanda, tranne il mio avvocato.
«Un dolore non solo mio»
Il mio dolore non è solo mio. I miei genitori, nonni amorevoli, non possono più avere contatti con i nipotini. Attraverso l’avv. Pilar Castiglia, che mi assiste in questa battaglia di verità prima ancora che di difesa, ho chiesto che venga valutato il condizionamento psicologico cui i bambini sono sottoposti. Ma nulla cambia. La madre, approfittando dei tempi assurdamente lunghi della giustizia, continua ad attuare un sistematico allontanamento emotivo dei miei figli nei miei confronti.
Il paradosso più grave? In sede civile, la madre ha chiesto — tramite il suo avvocato — la mia decadenza dalla responsabilità genitoriale. Ma in sede penale ha dichiarato di non sapere nulla di tale richiesta. Delle due l’una: o mente lei, o il suo avvocato ha agito a sua insaputa. Ma anche questo elemento, purtroppo, non interessa a nessuno.
C’è un altro aspetto che ritengo assurdo: ciò che accade in sede penale non ha alcun peso in sede civile, e viceversa. Le due giustizie procedono come mondi separati, mentre la mia vita e quella dei miei figli vengono spezzate nel mezzo.
Il legame con i miei bambini è stato reciso, non per mia volontà, ma a causa di una manipolazione continua. Non poterli abbracciare, non sentire le loro risate, non partecipare alla loro crescita — ciò che per altri è scontato, per me è un sogno che sembra irraggiungibile.
«Mi mancano i “ti voglio bene”»
Ogni “ti voglio bene” non detto pesa come un macigno. Ogni giorno lontano è un giorno perso per sempre. Le uova di Pasqua che avevo donato ai miei figli sono state gettate nella spazzatura. Ho le foto delle uova buttate per strada e le ho depositate in tribunale, ma nulla.
Le chat affettuose che faticosamente i miei familiari ed io abbiamo ripreso con mio figlio, si interrompono misteriosamente ogni volta prima di un’udienza o di un colloquio con il curatore speciale. Mia figlia, che mi mandava cuoricini sui social, mi ha bloccato proprio dopo un’udienza in cui si è parlato dei suoi timidi tentativi di riallacciare i contatti con me e con i nonni. È un caso o qualcuno le ha riferito di quanto è stato discusso in udienza?
Sono disperato all’idea che non proverò più la gioia di ricevere quei piccoli cuori che mi davano la forza di resistere. Ed è pure un caso che mio figlio mi ha rimproverato in chat di avere trattenuto l’assegno unico? Al di là del fatto che ciò non è assolutamente vero, ma perché mio figlio viene messo a conoscenza di questioni di cui non dovrebbe sapere nulla? Non è anche questo un modo per manipolarlo e mettermelo contro?
«Che giustizia è?»
So che verrà il momento in cui sarò assolto. Le prove ci sono. Documenti, registrazioni, contraddizioni smascherate durante il controesame della controparte. Ma che valore avrà un’assoluzione fra tre o quattro anni, se nel frattempo avrò perso i miei figli?
Che giustizia è quella che — solo sulla base di tre pagine di denuncia prive di allegati e testimoni — decide per la vita mia e quella dei miei bambini? Che giustizia è quella che mi punisce in anticipo, consentendo alla madre di non farmi incontrare i miei bambini, prima ancora di un giudizio, mentre i miei figli vengono strappati alla mia presenza con lentezza crudele?
Le false denunce sono una ferita inferta anche alla battaglia contro la violenza vera, quella che va riconosciuta, fermata, e punita con forza. Io chiedo solo una cosa: che questa mia voce arrivi ai miei figli. Perché sappiano che il loro papà ha lottato. Lotta ancora. E continuerà a farlo. Perché il legame tra un padre e i suoi figli non può essere cancellato da una denuncia falsa, da un sistema cieco, da una giustizia sorda. Con speranza e resistenza. Un padre invisibile, ma vivo.
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Biancavilla siamo noi
«Ufficio Postale, lo sportello bancomat è spesso fuori servizio: intollerabile»
Ripetuti disagi per gli utenti che hanno necessità di utilizzare gli Atm per il prelievo di contante

Assolutamente disdicevole ed intollerabile è il disservizio degli sportelli ATM dell’ufficio postale di Biancavilla. Su un territorio di circa ventitremila abitanti gli unici due sportelli ATM, siti in Via Benedetto Croce 38, sono spesso fuori servizio, non permettendo il prelievo di contante.
La situazione è ormai divenuta insostenibile, protraendosi da mesi, considerando che gli sportelli funzionano a singhiozzo e senza continuità, generando il comprensibile nervosismo degli utenti, costretti a recarsi più volte all’ufficio postale per poter eseguire un prelievo di denaro contante.
Interruzione di pubblico servizio?
A questo punto ci si chiede se l’ormai notorio e perdurante disservizio debba dar luogo al dovuto accertamento delle corrispondenti responsabilità in capo a Poste S.p.A. presso le competenti autorità, per la possibile configurazione del reato di interruzione di pubblico servizio, e se sia legittimo avanzare in massa delle richieste di rimborso spese, per la necessità di recarsi presso altri sportelli siti sul territorio circostante, nonché il diritto al rimborso delle spese fisse di gestione, sostenute dai titolari della carta bancomat in relazione ai rapporti creditizi, a diverso titolo intercorrenti con Poste S.p.A.
A questo riguardo è comunque utile, attraverso il portale di Poste, preliminarmente segnalare il disservizio, mediante un formale reclamo, perché l’istituto postale provveda a cessare tale condotta. C’è da giurare che molti opteranno comunque per il recesso dai contratti di conto corrente.
ANNALISA GRECO
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