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Cronaca

Omicidio Longo, al via il processo d’appello per la moglie Enza

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di Vittorio Fiorenza

Al via il procedimento di secondo grado per l’uccisione di Alfio Longo, il pensionato di Biancavilla massacrato nell’agosto del 2015 dalla moglie Enza Ingrassia, a colpi di legno in testa, mentre si trovavano nella loro villetta di zona “Vigne”.

Un processo cominciato ieri mattina con la relazione introduttiva presso la prima sezione della Corte d’assise d’appello di Catania, con il collegio presieduto da Rosario Cuteri, su ricorsi presentati sia dal legale della donna, l’avv. Pilar Castiglia, che dai nipoti della vittima, assistiti dagli avv. Vincenzo Nicolosi e Fina D’Oca. La Procura generale è rappresentata da Angelo Busacca.

All’udienza non ha partecipato l’imputata, che da oltre due anni si trova rinchiusa in una “casa protetta” di Mascalucia, in attesa della sentenza definitiva. La prossima udienza è stata fissata a febbraio.

Ingrassia, in primo grado, con rito abbreviato, era stata condannata a 14 anni di reclusione dal Gup, Rosa Alba Recupido. L’inchiesta aveva fatto emergere un quadro di violenze e maltrattamenti nell’arco di quarant’anni di matrimonio. Dopo la messinscena di un assalto di sconosciuti rapinatori in casa, la donna aveva confessato: «Sì, l’ho ammazzato io, non ne potevo più». Alla fine dell’ennesima lite, mentre l’uomo era a letto che dormiva, lei lo aveva colpito ripetutamente al volto e alla testa. Le immagini dei luoghi del delitto mostrano Longo disteso sul letto con la faccia irriconoscibile e il cuscino trasformato in una pozza di sangue.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cronaca

I fatti della fiera abusiva, parla la Lav: «Violenze inaudite, processo lacunoso»

Intervento del presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione sulla sentenza del Tribunale di Catania

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© Foto Biancavilla Oggi

«Un atto di violenza inaudito, dove a farne le spese sono state due private cittadine, tra cui la responsabile di Lav Catania Angelica Petrina, “colpevoli” solo di essere intervenute a vario titolo in quella che doveva continuare ad essere, secondo i partecipanti, una indisturbata fiera abusiva di animali sotto gli occhi di tutti. Una storia in cui animali e umani vengono maltrattati dagli stessi individui, a dimostrazione di quanto ripetiamo da sempre. Chi agisce con violenza nei confronti degli animali di solito non ha remore a perpetrarla anche nei confronti degli umani, perché si sente invincibile e impunito».

A dichiararlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione. Parole pronunciate a conclusione del processo con 17 imputati sui fatti di violenza avvenuti nell’ottobre del 2016 in via della Montagna, a Biancavilla, per la fiera abusiva del bestiame. Procedimento concluso con tre condanne per rapina ai danni di Angelica Petrina e dell’avv. Pilar Castiglia, che era intervenuta a difesa della prima. Per gli altri imputati, due assoluzioni. E poi prescritti i reati di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, maltrattamento di animali, minaccia aggravata, rifiuto in atti d’ufficio.

«Hanno voluto mettere – sottolinea la Lav – una pezza a qualcosa che non è rimediabile. Tutto il processo è stato lacunoso, con infinite lungaggini che hanno avuto un peso enorme sull’esito. La prescrizione per i reati di maltrattamento a danno degli animali fa rabbia, perché non porta giustizia, e le immagini di quanto accaduto quel giorno di quasi 10 anni fa invece parlano chiaro”.

Angelica Petrina, responsabile Lav Catania, aggiunge: «Ci sono state 3 condanne con pene irrisorie, ma hanno un elevato valore simbolico: significa che quel giorno ci sono state delle aggressioni e che sono stati riconosciuti dei colpevoli. Certamente ci aspettavamo di più». A seguito di quegli episodi, nessun raduno illegale si è più ripetuto a Biancavilla. È questo «l’unico risultato totalmente positivo di questa storia», evidenzia Petrina.

La posizione di Pietro Tomasello

A proposito della sentenza, scrivono una nota gli avv. Vincenzo Nicolosi e Giuseppe Milazzo, che hanno assistito Pietro Tomasello, assolto per rapina, in prescrizione il reato di lesioni personali.

I due legali si dichiarano soddisfatti «poiché da sempre convinti dell’innocenza del loro cliente». «La vicenda che ha coinvolto il sig. Tomasello – scrivono – è durata oltre otto anni ed ha portato con sé, oltre alla illegittima sottoposizione a un processo che lo vedeva del tutto estraneo, anche una conseguente gogna mediatica immeritata, che ha coinvolto non solo il Tomasello ma anche la sua famiglia».

Secondo i due legali «Tomasello ha avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Niente di più, e la sentenza di primo grado lo ha confermato». Si attendono a metà maggio le motivazioni della sentenza per la valutazione di ricorrere in Appello. Gli avv. Nicolosi e Milazzo «non escludono anche un’ulteriore appendice giudiziaria, volta a tutelare l’immagine del loro assistito illegittimamente e strumentalmente danneggiato e coinvolto nella presente vicenda processuale».

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