Cronaca
Il pizzo all’agenzia funebre Arena: sette imputati condannati a 60 anni


Nella foto grande, Ambrogio Alfio Monforte. Da sinistra, in alto: Vincenzo Monforte, Carmelo Vercoco, Alfio Muscia, Fabio Amoroso, Vincenzo Panebianco e Gregorio Gangi.
Stralcio con rito abbreviato per i blitz “Onda d’urto” e “Reset”. La pena più severa ad Ambrogio Monforte: 10 anni e otto mesi di carcere. Oltre a multe per 50mila euro, riconosciuti risarcimenti agli Arena, alle associazioni “Libera Impresa” e “Obiettivo Legalità” ed al Comune.
di Vittorio Fiorenza
La ribellione al “pizzo”, gli arresti degli estortori, la sentenza: tutto avvenuto in meno di un anno. Sette imputati che hanno seguito il rito abbreviato per il reato di estorsione, aggravato dal metodo mafioso, sono stati condannati a pene complessive di 60 anni di carcere dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania, Giuliana Sammartino. Pene persino più severe rispetto a quelle avanzate dal pubblico ministero Andrea Bonomo. Il procedimento scaturisce dalle operazioni “Onda d’urto” e “Reset”, condotte dai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla.
Il pizzo –è stato evidenziato dall’inchiesta– era stato pagato a tre gruppi criminali (eredi della diaspora del vecchio clan di Biancavilla), che si sono alternati nella “spremitura” dell’agenzia di pompe funebri Arena. Un viavai di mazzette di 200-300 euro a funerale durato più di cinque anni, fino al tentativo di pretendere dall’impresa a gestione familiare il 50% del fatturato.
Le intercettazioni dei carabinieri e la collaborazione delle vittime sono state un mix vincente. E adesso la sentenza di primo grado.
La pena più alta è stata inflitta ad Ambrogio Alfio Monforte, ritenuto esponente di spicco, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: 10 anni e otto mesi di carcere, oltre a 16mila euro di multa. Per il figlio Vincenzo: 10 anni di galera e 10mila euro di multa. Entrambi, inoltre, una volta scontata la pena, dovranno essere sottoposti a libertà vigilata di tre anni. Per Fabio Amoroso e Gregorio Gangi, 8 anni di reclusione e 6mila euro di multa ciascuno. Altri 9 anni e sei mesi con multa di 10mila euro sono stati inflitti a Vincenzo Panebianco. Otto anni di reclusione e 8mila euro di multa per Carmelo Vercoco, mentre Alfio Muscia è stato condannato a sei anni.
Alle parti civili, Orazio Arena con i figli Luca e Giuseppe e alla moglie di quest’ultimo, assieme alle associazioni “Libera Impresa” ed “Obiettivo Legalità” e al Comune di Biancavilla, è stato riconosciuto un risarcimento per danno patrimoniale e non patrimoniale, che, come provvisionale ammonta a quasi 100mila euro. Provvisionale che, peraltro, è stata dichiarata esecutiva.
Il blitz “Onda d’urto” è stato portato a termine lo scorso dicembre. Determinanti sono state le dichiarazioni del giovane imprenditore Luca Arena, che ha denunciato le infiltrazioni dei gruppi criminali nel settore dei servizi funebri e l’alternarsi di tre gruppi, eredi del vecchio clan biancavillese. Parole utili agli inquirenti non soltanto per lo svelamento degli episodi di estorsione e dei tentativi di fagocitare l’impresa degli Arena, ma anche per tracciare la nuova mappa criminale di Biancavilla e chiarire i nuovi assetti.
Il blitz “Reset” è scattato quattro mesi dopo. Una sorta di appendice del precedente. A dare il suo contributo alla giustizia, in questo caso, è stato Giuseppe, fratello maggiore di Luca, che ha raccontato ulteriori dettagli e ha permesso di fermare altri personaggi, peraltro già noti alle forze dell’ordine.
I due fratelli hanno permesso di fare luce sul settore vulnerabile dei servii funebri. Un gesto che ha consentito loro di essere riconosciuti come testimoni di giustizia. Adesso si trovano fuori Biancavilla, sottoposti ad un programma di protezione.
Oltre ai sette condannati nello stralcio con rito abbreviato, altri nove imputati stanno seguendo il rito ordinario ed ulteriori quattro attendono per dicembre la decisione sull’eventuale accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio.
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Cronaca
Tre studentesse travolte da una moto, grave una ragazza di Biancavilla
Incidente a Paternò: le tre compagne stavano camminando per raggiungere la fermata dell’autobus

Incidente stradale nei pressi del Parco del Sole, lungo Corso Italia, a Paternò. Una moto, guidata da un 17enne di Santa Maria di Licodia, ha investito tre ragazze che stavano attraversando la strada.
Tra i feriti, una ragazza di 16 anni di Biancavilla è stata trasferita in elisoccorso dal campo sportivo “Falcone Borsellino” all’ospedale “Cannizzaro” di Catania. Le sue condizioni sarebbero gravi, avendo riportato un trauma cranico-facciale. Le altre due giovani coinvolte, una 16enne e una 18enne, entrambe di Santa Maria di Licodia, hanno riportato fratture agli arti e lesioni a milza e polmoni.
Le tre ragazze, studentesse del Liceo Scientifico “Enrico Fermi”, stavano attraversando la strada per raggiungere la fermata dell’autobus che le avrebbe riportate a casa dopo la scuola.
Gli agenti della polizia municipale di Paternò hanno effettuato i rilievi per ricostruire la dinamica dell’incidente. La moto è stata posta sotto sequestro. Il traffico nella zona è stato temporaneamente deviato per consentire le operazioni di soccorso e i controlli delle forze dell’ordine.
Cronaca
Consegnati soldi e gioielli, truffata un’anziana di Biancavilla: due arresti
Le dettagliate indagini condotte dai carabinieri hanno consentito di risalire subito ai malfattori

Erano riusciti a farsi consegnare contanti e gioielli da una 88enne di Biancavilla, con la “sceneggiatura”, ben congeniata. Un finto avvocato ha contattato la vittima sull’utenza telefonica di casa, allarmandola con la falsa notizia di un grave incidente stradale provocato dal figlio. Per questo motivo, dunque, l’anziana madre, per evitare le spiacevoli conseguenze legali prospettate dal truffatore, ha consegnato ad un finto appartenente alle Forze dell’Ordine denaro e gioielli.
Questa volta, però, i Carabinieri di Biancavilla e di Catania, sono riusciti ad arrestare i malviventi: due 19enni catanesi. Le indagini sono scattate non appena la signora, sentito il figlio, ha compreso il raggiro, decidendo di denunciare tutto ai carabinieri di Biancavilla.
I militari hanno immediatamente avviato le indagini, mettendo in campo tutte le pattuglie disponibili e analizzando, in prima battuta, tutte le telecamere di videosorveglianza della zona, dalle quali sono riusciti a risalire all’autovettura adoperata dai truffatori, una Fiat 500 noleggiata a Catania poche ore prima.
Allertati, dunque, i colleghi della Compagnia di Catania Fontanarossa, anche i colleghi di Librino si sono messi sulle tracce dei malfattori, individuando l’autonoleggio e acquisendo i documenti di uno dei due giovani. Poi, mediante analisi tecniche e accertamenti presso la banca dati in uso alle Forze di Polizia, gli investigatori hanno ricostruito il percorso effettuato dall’auto, accertando che quel giorno era stata a Biancavilla e si era fermata davanti alla casa della vittima, per poi rientrare a Catania.
Le varie pattuglie in campo hanno perciò predisposto un servizio di osservazione a distanza, beccando poi i due giovanissimi truffatori mentre stavano riconsegnando l’utilitaria, convinti di averla fatta franca. I due, portati in caserma e arrestati, devono rispondere di truffa aggravata. Il giudice ha convalidato gli arresti, sottoponendo i due giovani ai domiciliari.
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