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In via Cellini una tragedia umana: demoliti un edificio e… una famiglia

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Le scene di demolizione dell’immobile di via Cellini sono state scene tragiche: hanno mostrato la fragilità dell’essere umano contro la spietatezza e la freddezza delle istituzioni. Ma le istituzioni, magari quelle locali, non dovrebbero conoscere personalmente i cittadini?

Questa “conoscenza” -mi sono reso conto- è ciclica di 4/5 anni e soprattutto non ha nessun calore umano. Proprio quello di cui aveva di bisogno la proprietaria dell’edificio quel mattino. Chiedeva la vicinanza, il conforto, una spalla su cui piangere magari nel ricordo del marito deceduto, lo stesso che aveva fatto tanti sacrifici per costruire quell’immobile. Certo, in modo abusivo. Non va dimenticato. E lo Stato non ammette errori e vive di macchine fredde e spietate come le ruspe.

Scrivo queste riflessioni volutamente dopo parecchi giorni dall’accaduto perché il pianto e le scene di disperazione viste quel giorno attraverso i video pubblicati da Biancavilla Oggi mi hanno profondamente commosso.

Appena ho sentito le urla di quel ragazzo che minacciava di buttarsi giù dal balcone ho pensato che in quel momento non esprimeva soltanto l’intenzione provocatoria di compiere un gesto estremo. Era piuttosto un sentirsi sconfitto, era come rivivere il lutto, era realizzare di essere abbandonato da tutte le istituzioni.

Così, la solitudine, la paura di perdere, la fatica e il ricordo del padre lo hanno spinto a quel comportamento.

Ma le ruspe sono fredde e le istituzioni spietate. Sicuramente la colpa non è unidirezionale: un cittadino deve adempiere ai propri doveri e reclamare i propri diritti, così come le istituzioni devono poter predisporre questo sano adempimento dei doveri.

E una domanda mi pongo: proprio da una vedova con due figli dovevano iniziare le operazioni di demolizione? Domanda banale che sicuramente è stata pensata da molti biancavillesi che non capiscono ancora i criteri della scelta.

Insomma, penso che in via Cellini, consapevolmente o inconsapevolmente, quella mattina vi è stata una tragedia umana. Non si è andati solo a demolire dei pilastri, ma si sono destabilizzate delle persone, si sono abbattute le personalità di una famiglia che senza il capo famiglia vive in una situazione di fatica e sforzi quotidiani per garantirsi un minimo giornaliero. Si sono abbattuti dei confini di rispetto sociale tra cittadini e Stato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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