Cultura
Gli scatti più belli di “Aria di festa”: premiati Borzì, Sberni e Caracì

Premiazione nella chiesa del Rosario dei finalisti del concorso fotografico sulle festività patronali, promosso dall’associazione Symmachia. Centinaia le immagini sui gesti e i momenti dei giorni dedicati ai santi patroni.
Sono tre biancavillesi, Marco Borzì, Pieremanuele Sberni e Grazia Caracì, i vincitori di “Aria di festa”, il concorso fotografico sulle festività patronali di Biancavilla, promosso dall’associazione culturale Symmachia, in collaborazione con l’associazione “Maria Santissima dell’Elemosina” ed il patrocinio del Comune di Biancavilla. La premiazione (con 600 euro distribuiti ai primi tre classificati) è avvenuta nella chiesa del Rosario.
L’iniziativa ha visto la partecipazione soprattutto dei più giovani, impegnati con reflex, “compatte” e anche smartphone ad immortalare i momenti salienti dei giorni di festa. Così, l’archivio della Biblioteca comunale “Gerardo Sangiorgio” si arricchisce di centinaia di scatti che documentano le festività patronali 2014, in tutte le sue forme: dai riti religiosi e le processioni, fino ai momenti popolari e folkloristici e, persino, aspetti particolarmente curiosi.
A valutare le foto sono stati i fotografi Angelo Cunsolo, Salvo La Spina, Raffaele Sanfilippo, i maestri d’arte Sara Ricca e Giuseppe Santangelo e gli studiosi e cultori di storia locale Teresa Castro e Carmelo Carcagnolo.
«E’ stata una scelta molto difficile – ha spiegato il fotografo Sanfilippo – abbiamo visionato foto di qualità e, oggi, siamo particolarmente contenti che a partecipare siano stati soprattutto tanti giovani. Ho già invitato gli organizzatori a proseguire in queste attività e ad avviare per il prossimo anno anche una categoria riservata ai bambini per cominciare a far capire l’importanza di questi momenti».
«Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi prefissati –ha spiegato Vincenzo Ventura di Symmachia – questo è il successo di tutti, di tanti giovani che hanno scelto di fare la loro parte e di realizzare l’iniziativa, di tutti i partecipanti che hanno voluto dare il loro punto di vista di questi giorni di festa. Abbiamo dimostrato che le festività patronali non sono soltanto botti, ma c’è anche la cultura che poi genera aggregazione e voglia di fare. Abbiamo già in cantiere altre attività e continueremo in questa direzione valorizzando i talenti e promuovendo ciò che di buono esiste nel nostro territorio».
Con Ventura, altri giovani impegnati volontariamente nell’organizzazione sono stati Calogero Rapisarda, Pamela Farinato, Sara Ricca, Giuseppe Foco, Pietro Santangelo, Chiara Carrà, Agata Foco, Emanuele Alì.
A tutti i partecipanti sono stati consegnati gli attestati di partecipazione. Fra questi, anche riconoscimenti alle scuole che hanno aderito all’iniziativa: il Liceo Classico e Scientifico Verga di Adrano e la Scuola elementare paritaria “Maria Ausiliatrice” di Biancavilla.
Ad impreziosire la cerimonia di premiazione, sono state le splendide voci dei bambini del Piccolo Coro “Don Bosco” del 1° Circolo didattico di Biancavilla. Con loro anche il dirigente scolastico, prof. Mario Amato a cui è stata consegnata una stampa dell’Icona della Madonna dell’Elemosina dal presidente dell’associazione mariana Giuseppe Santangelo.
Symmachia, con il suo presidente Angela Anzalone, pensa già ad altre iniziative sulla fotografia, a cominciare dalla realizzazione di un book che metta insieme gli scatti fotografici di tutti i partecipanti.
1° CLASSIFICATO: Marco Borzì
2° CLASSIFICATO: Pieremanuele Sberni
3° CLASSIFICATO: Grazia Caracì
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Cultura
Ficurìnnia nustrali, trunzara o bastarduna ma sempre da “scuzzulari”
Dalle varietà del succoso frutto alle varianti dialettali, tra tipi lessicali e significati metaforici


Se c’è una pianta che contrassegna fisicamente il paesaggio della Sicilia e la simboleggia culturalmente, questa è il fico d’India o, nella forma graficamente unita, ficodindia (Opuntia ficus-indica). Pur trattandosi infatti di una pianta esotica, originaria, come sappiamo, dell’America centrale e meridionale, essa si è adattata e diffusa capillarmente in tutto il territorio e i suoi frutti raggiungono le tavole di tutti gli italiani e non solo. A Biancavilla, la pianta e il frutto si chiamano ficurìnnia, ma in Sicilia si usano molte varianti, dalla più diffusa ficudìnnia a quelle locali, come ficadìnnia, ficalinna, ficarigna, fucurìnnia, ficutìnnia, cufulìnia ecc. Atri tipi lessicali sono ficupala, ficumora, mulineḍḍu.
Esistono inoltre specie non addomesticate, come l’Opuntia amyclaea, con spine molto pronunciate, sia nei cladodi sia nei frutti, poco commestibili, e usate principalmente come siepi a difesa dei fondi rustici. In Sicilia, questa si può chiamare, secondo le località, ficudìnnia sarvàggia, ficudìnnia spinusa, ficudìnnia di sipala, ficudìnnia masculina, ficudìnnia tincirrussu. Per distinguerla dalla specie ‘selvatica’, quella addomesticata è in Sicilia la ficurìnnia manza, di cui esistono varietà a frutto giallo (ficurìnnia surfarina o surfarigna), varietà a frutto bianco (ficurìnnia ianca, muscareḍḍa o sciannarina [< (li)sciannarina lett. “alessandrina”]), varietà a frutto rosso (ficurìnnia rrussa o sagnigna), varietà senza semi (ficudìnnia senza arìḍḍari, nel Palermitano). I frutti pieni di semi si dicono piriḍḍari, quelli eccessivamente maturi mpuḍḍicinati o mpuḍḍiciniḍḍati, quelli primaticci o tardivi di infima qualità sono i ficurìnnia mussuti (altrove culi rrussi).
In una commedia di Martoglio (Capitan Seniu), il protagonista, Seniu, rivolto a Rachela, dice:
Almenu ti stassi muta, chiappa di ficudinnia mussuta, almenu ti stassi muta! … Hai ‘u curaggiu di parrari tu, ca facisti spavintari ‘dda picciridda, dícennucci ca persi l’onuri?
Come è noto il frutto del ficodindia matura nel mese di agosto, ma questi frutti, chiamati (ficurìnnia) nuṣṭṛali a Biancavilla, anche se di buona qualità, fra cui sono da annoverare i fichidindia ṭṛunzari o ṭṛunzara, in genere bianche, che si distinguono per la compattezza del frutto, non sono certo i migliori. Quelli di qualità superiore, per resistenza e sapidità, sono i bbastardoli, o, altrove, bbastarduna. Questi maturano tardivamente (a partire dalla seconda metà di ottobre) per effetto di una seconda fioritura, provocata asportando la prima, attraverso lo scoccolamento o scoccolatura, una pratica agricola che consiste nell’eliminazione, nel mese di maggio, delle bacche fiorite della pianta, che verranno sostituite da altre in una seconda fioritura. A Biancavilla e in altre parti della Sicilia si dice scuzzulari i ficurìnnia.
Per inciso, scuzzulari significa, da una parte, “togliere la crosta, scrostare”, dall’altra, “staccare i frutti dal ramo”. Dal primo significato deriva quello metaforico e ironico di “strapazzarsi”, in riferimento a persona leziosamente ed eccessivamente delicata, come nelle frasi staccura ca ti scòzzuli!, quantu isàu m-panareḍḍu, si scuzzulàu tuttu, u figghju! Così “di chi ha fatto una cosa trascurabile e pretende di aver fatto molto e di essersi perfino affaticato”. Inoltre, èssiri nam-mi tuccati ca mi scòzzulu si dice “di una persona assai gracile” oppure “di una persona molto suscettibile e permalosa”. Il verbo, infine, deriva da còzzula “crosta”, dal latino COCHLEA “chiocciola”.
Ritornando ai fichidindia, sono ovviamente noti gli usi culinari, la mostarda, il “vino cotto”, quelli dei cladodi, le pale, nella cosmesi o ancora nell’artigianato per realizzare borse di pelle vegan, ma essi, o meglio alcuni loro sottoprodotti, sono stati anche, in certi periodi, simboli di povertà. Quando, infatti, si faceva la mostarda, i semi di scarto venivano riutilizzati, ammassati in panetti e conservati. Si trattava di un prodotto povero di valori nutrizionali e dal sapore non certo gradevole come la mostarda. Si chiamava ficurìnnia sicca, locuzione divenuta proverbiale a volere indicare non solo un cibo scadente ma perfino la mancanza di cibo. Cchi cc’è oggi di manciàri? ‒ Ficurìnnia sicca! Cioè “niente!”
PER SAPERNE DI PIU’
“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia
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