Detto tra blog
Comune senza progetti né gusto per la cultura: casse vuote o crisi di idee?
Che la vita culturale di un comune di provincia possa esternarsi in iniziative non sempre di spessore e del tutto simili a quelle di altri centri del circondario, è cosa che non stupisce.
Sorprende – invece – che Biancavilla approssimi, ormai all’inerzia, un’attività che (seppur con periodi di stasi), nel corso del tempo gli aveva fatto acquisire uno status.
Ridurre, tutt’al più, l’iniziativa pubblica in materia di cultura alla presentazione sporadica di qualche libro stampato a destra o a manca (non si capisce, poi, con quale criterio di selezione), o alla divulgazione di un cartellone teatrale che (tralasciando l’opinabile campo delle scelte) non proponga né incontri con i produttori, né crei laboratori di confronto e verifica, è cosa che – poi – ne ingiallisce l’immagine.
Esternazioni pubbliche e private di amministratori e consulenti hanno colto nella crisi finanziaria globale, giunta alle casse dell’ente, le ragioni di questo mutamento di campo.
Qui, certo, non si mette in dubbio che – forse anche in misura considerevole – i denari siano venuti meno. Rimane, però, il sospetto che l’appellarsi alla crisi finanziaria possa costituire l’alibi per mettere alla porta l’ingombro del dover scegliere, progettare, proporre (tutti verbi di forma attiva, certo più impegnativi del comodo e apatico “siamo aperti”, “siamo disponibili”, “siamo sensibili”, etc.).
A differenza di quanto le amministrazioni degli ultimi decenni non abbiano lasciato pensare, gestire la vita culturale di un paese non è cosa semplice. Ci sono iniziative da attuare, prospettive da mettere in campo, indirizzi a cui dare continuità. E tutto si complica quando si entra nella questione dei beni architettonici e naturalistici dove tutela, valorizzazione, salvaguardia generano – già su più vasta scala – crisi di risposte e impegni futuribili.
Basta tenere a mente le ultime opere editoriali locali (volumi editi dal pubblico, per intenderci), la cui spesa si era risolta, quasi sempre, ai soli costi di stampa, per avvertire già il sapore di un ricordo remoto.
Ci sarebbe, invece, da pensare sul fatto che in un momento in cui gli orientamenti ministeriali mirano alla “dematerializzazione” e – per di più – si istituisce un fondo per l’editoria on line, a Biancavilla non si colga l’occasione di istituire una collana di e-book (anche di solo formato PDF) per valorizzarne cultura e peculiarità locali. Il vantaggio per i cittadini sarebbe di poter accedere a una risorsa di interesse comune, fruibile da qualsiasi parte del globo e di proporre a studiosi, cultori, semplici internauti l’immagine migliore di un centro etneo non privo di dati d’interesse.
I costi per l’Ente? Prossimi allo zero.
Lascia basiti che il centocinquantenario dell’Unità d’Italia, a parte i palloncini dei ragazzi delle scuole, sia trascorso senza un evento che ricordasse i sanguinosi moti biancavillesi, ispirati dall’idea di quel Risorgimento dei popoli che bramava libertà, unità, uguaglianza.
E non deve poi sorprendere se i nostri alunni non sanno chi siano stati Angelo Biondi e Placido Milone o ancora se i loro insegnanti alla domanda farebbero spallucce. Neppure una conferenza o un corso di aggiornamento nel cinquantenario della pubblicazione di “Un comune rurale della Sicilia etnea. Biancavilla 1820 – 1860” di Giuseppe Giarrizzo, monografia che ha fatto scuola in Italia (si pensi alla recensione di Leonardo Sciascia su “La Stampa”). Ad oggi l’unico quarantennio della storia comunale analizzato con un rigoroso criterio storiografico.
Viene anche da chiedersi come mai le ultime amministrazioni – protagoniste di scelte discutibili in merito al conferimento delle cittadinanze onorarie – non abbiano pensato al quasi novantenne Giarrizzo. Ermanno Scuderi (il vegliardo di quella generazione che ci ha consegnato il nome del poeta Antonio Bruno), è morto, mesi fa, senza il gradito riconoscimento.
Ma un’attenzione alla storia, alla letteratura, all’arte passa anche (e soprattutto) dalle cose piccole.
Dai manifesti e dagli inviti che pur si stampano (a volte troppo tardi), ad esempio. Si stenta a credere che nessuna personalità di rilievo, se invitata, non si lasci coinvolgere, gratuitamente, per un progetto culturale di un decoroso comune alle pendici del Vulcano.
Pensare che a distanza di anni altri enti, solo con locandine, cartoline, interventi – raccolti nel tempo – ci hanno fatto cataloghi e mostre.
Se si valuta, poi, che da secoli a Biancavilla è riconosciuta una tradizione letteraria, perché non esporre in luoghi simbolici versi e brani degli scrittori che più l’hanno illustrata nel tempo? Quanto sarebbe più gradevole, per chiunque, passeggiare in una città che custodisca l’orgoglio della sua memoria!
Non sarebbe il caso di coinvolgere il jazzista Dino Rubino, nome ormai affermato del panorama italiano, che il patriarca Enrico Rava ha dichiarato più volte essere trombettista che adora, in iniziative musicali che, in tempi di crisi, darebbero quel quid a un’estate che troppo spesso è di sola canicola?
Si è parlato tanto di cose e spazi di rappresentanza dell’Ente, eppure in nessun luogo deputato si trova un frammentino di ematite biancavillese: il minerale proveniente da questo territorio che fa l’orgoglio e l’attrazione dei musei di scienze naturali di ogni dove. Si rimanda alla bibliografia specifica.
Sorvoliamo il discorso sull’archeologia e sullo studio delle prime testimonianze della nostra storia.
Biancavilla rischia oggi il male più grande: l’anonimato. Il tradimento del suo specifico, del tanto citato genius loci.
L’immobilismo non è, quindi, solo questione di crisi finanziaria. Pare ci sia, a livello istituzionale soprattutto, una diffusa crisi di idee, oltre che di progetti, di gusto, di identità.
Tanto più si riesce a creare con tanti meno soldi è l’equazione che fa la grandezza degli uomini e delle città. La cifra di quel meglio che i tempi, da tempo, aspettano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Detto tra blog
L’aggressione in ospedale e i commenti “violenti” sui social contro i medici
Frustrazione, rabbia, intolleranza: fenomeni in aumento che analizziamo con l’aiuto dello psicologo


L’aggressione subita dal personale dell’ospedale di Biancavilla (con conseguente arresto dei carabinieri della donna che se ne è resa responsabile) ha innescato sui social pure un affollamento di commenti “violenti”. Quasi tutti rivolti a medici, infermieri e operatori sanitari. Data la maggiore frequenza degli episodi, gli ospedali vengono visti come luoghi “a rischio” per chi vi lavora. Un fenomeno che crea non solo un problema di sicurezza pubblica, ma riflette una complessa interazione di fattori psicologici e sociali che meritano un’analisi.
La violenza contro gli operatori sanitari è alimentata da una combinazione di fattori. Tra questi, la percezione del sistema sanitario come “sistema inefficiente”. I biancavillesi lamentano tempi di attesa lunghi e risorse insufficienti. Ciò genera frustrazione sia nei pazienti che nei loro familiari. L’insoddisfazione può sfociare in episodi di aggressività, soprattutto in situazioni di emergenza. La nostra società sembra essere sempre meno tollerante, di fronte ad aspettative irrealistiche sulla rapidità e l’efficienza dei servizi. Intolleranza che può sfociare in comportamenti violenti, quando il servizio sanitario non soddisfa tali aspettative. Poi, la crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, inclusa la sanità, rende il personale medico un facile bersaglio per sfogare rabbia e frustrazione.
I social, con la loro tendenza a polarizzare le opinioni e amplificare le emozioni, contribuiscono a creare un clima di tensione. Ho letto su Facebook, dopo l’articolo di Biancavilla Oggi, frasi di violenza verbale, erroneamente intesa come una “risposta giustificata” all’atto di aggressione, dando per scontato che tale atto sia stato generato da “malasanità”.
Al di là dell’episodio specifico di Biancavilla, chi commette atti di violenza contro il personale sanitario spesso manifesta caratteristiche psicologiche e comportamentali che possono essere ricondotte a patologie o disagi profondi. Molti aggressori hanno difficoltà a gestire emozioni intense: rabbia, frustrazione o paura. Queste persone possono esplodere in reazioni violente di fronte a situazioni percepite come minacciose o ingiuste. Dal punto di vista psicologico, i soggetti con tratti antisociali mostrano mancanza di empatia, impulsività e tendenza alla violazione delle regole sociali. In situazioni di stress, come quelle vissute in un pronto soccorso, queste caratteristiche possono favorire purtroppo dei comportamenti aggressivi.
Alcuni aggressori interpretano erroneamente le azioni del personale sanitario come ostili o malevole, alimentando sentimenti di sfiducia e reazioni “irregolari”.
Di fondo, c’è una bassa tolleranza alla frustrazione, infatti la mancanza di strumenti cognitivi ed emotivi per tollerare la frustrazione è una delle principali cause dell’aggressività. Un quadro particolarmente evidente in contesti sanitari, dove i tempi di attesa o i risultati insoddisfacenti possono essere percepiti come intollerabili.
C’è un altro punto importante da sottolineare. Tutte le aggressioni non si limitano a causare danni fisici al personale sanitario. Le conseguenze psicologiche possono essere profonde e durature. Molti operatori sanitari possono, infatti, sviluppare una “Sindrome da Burnout”. Il ripetersi di episodi di violenza contribuisce all’esaurimento emotivo, riducendo la capacità di affrontare lo stress e di empatizzare con i pazienti. Gli atti di violenza più gravi possono lasciare cicatrici profonde, con sintomi come flashback, ansia e ipervigilanza. Inoltre, lavorare in un ambiente ritenuto “pericoloso” può portare alla riduzione dell’entusiasmo e della passione per la professione.
È necessario, dunque, un approccio multidimensionale, che coinvolga istituzioni, società e individui. Bisogna attuare una “educazione pubblica” per ridurre la stigmatizzazione del personale sanitario e a promuovere una cultura del rispetto. Offrire assistenza psicologica agli operatori sanitari che subiscono aggressioni è fondamentale per prevenire il “Burnout”.
I fatti avvenuti all’ospedale di Biancavilla e le successive reazioni sui social contro il personale sanitario sono un fenomeno complesso, radicato in problemi psicologici individuali e dinamiche sociali disfunzionali. Affrontarli richiede un impegno collettivo per trasformare le strutture sanitarie in luoghi più sicuri, garantire il benessere degli operatori e promuovere una cultura di rispetto reciproco. Solo attraverso un approccio integrato si potrà ridurre questa drammatica tendenza.
*Il dott. Alessio Leotta è uno psicologo, psicoterapeuta e ipnotista della scuola di Milton Erickson. Svolge la libera professione a Biancavilla e ad Adrano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
-
Cronaca3 mesi ago
Operazione “Meteora”, i tentacoli dei clan mafiosi di Adrano su Biancavilla
-
News3 mesi ago
In strada boccette di metadone, il farmaco contro la tossicodipendenza
-
Storie3 mesi ago
Davide Sangiorgio, addio ad un ragazzo di animo nobile e di grande altruismo
-
Cronaca2 mesi ago
Tamponamento a catena sulla Ss 284, tratto di Biancavilla: il video del drone