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Nuova chiesa con soldi comunali: dibattito di fuoco tra pro e contro

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L’altare della chiesa del Santissimo Salvatore

Accesissime discussioni sui 345mila euro del Comune da destinare alla costruzione di una nuova chiesa al “Santissimo Salvatore”. Biancavillesi divisi. Ecco gli interrogativi aperti e gli interventi più significativi.

 

di Vittorio Fiorenza

Il dibattito infuria da giorni. È giusto che il Comune di Biancavilla sborsi ben 345mila euro per contribuire alla costruzione di una chiesa, di una nuova chiesa per la parrocchia Santissimo Salvatore? Nel pieno della crisi, è normale un dispendio simile di denaro pubblico per “esigenze” di culto religioso in un paese in cui abbondano le chiese chiuse e peraltro nella prospettiva di ridurre le parrocchie cittadine a tre o addirittura due?  In un paese tutt’altro che eccellente per qualità della vita e strutture pubbliche, siamo sicuri che una chiesa sia la priorità? È una condotta, quella del sindaco, cioè il rappresentante di un’intera comunità, che non conta soltanto cattolici e credenti, degna di quella laicità che le istituzioni e i rappresentanti istituzionali devono rispettare per principio e dettami costituzionali? E se i Testimoni di Geova, gli Evangelisti o la numerosa comunità di romeni presente a Biancavilla bussassero alla porta del Comune per chiedere contributi per propri luoghi di culto? Il sindaco avrebbe la stessa sensibilità “laica”?

Insomma, con gli interrogativi si può continuare all’infinito. Sono interrogativi che dividono. Ma gli schieramenti non sono netti. Fermo restando che la Cei possa finanziare tutti i progetti possibili ed immaginabili, persino biancavillesi che si definiscono credenti e praticanti dissentono dalla scelta politica del Comune di contribuire con propri fondi al progetto della nuova chiesa. Altri puntano l’attenzione, invece, sull’occasione che la proposta offre per qualificare l’intero quartiere di “Spartiviale”.

Per l’interesse suscitato dall’argomento, Biancavilla Oggi ha dato spazio a due posizione opposte: quella di Salvo Panebianco, nel post “La laicità dell’istituzione comunale calpestata sotto la sottana dei preti”, e quella di Alessandro Scaccianoce, nel post “Il 68’ arriva a Biancavilla… in ritardo”.

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Le discussioni hanno anche generato foto satiriche come questa, realizzata dal profilo “BiancavillaIeri”

Il dibattito ha animato anche i gruppi Facebook su Biancavilla e le nostre pagine presenti sul social network. Ad aprire tutte le discussioni, un commento del preside Nino Longo, già apprezzato assessore alla Cultura ai tempi della prima amministrazione Manna e, più recentemente, sostenitore dell’attuale sindaco. Ha scritto Longo: «Come uomo di sinistra e credente sono scandalizzato. Non ci avevano detto che il Comune è senza soldi? C’è veramente bisogno di un nuovo edificio di culto? Con tutti gli edifici religiosi chiusi o sottoutilizzati o destinati ad altro scopo (Piccolo seminario, convento, asilo nido al mercato, spazio vecchia badia…)?».

Da qui, la risposta di Giuseppe Glorioso: «Comunque la si pensi, la chiesa di Biancavilla non è soltanto luogo di culto, solo per fedeli, ma ha rappresentato, e continua a farlo, un solido punto di riferimento sociale e di aggregazione per tante generazioni».

Appunto: un argomento divisivo. Ma è importante discutere. Ecco perché abbiamo realizzato una piccola rassegna (inevitabilmente incompleta) degli interventi più significativi presenti sul web. E qui ve li proponiamo.

 

Alfio Stissi
…eloquent indignationem… Indignato non per la parrocchia in sé e tutta la sua comunità, che anzi rappresentano attraverso il loro operato una parte bella e sana della nostra cittadina. Indignato perché lo status “laico” della nostra entità statale non può trovare espressione attraverso la volontà del nostro Ente Locale che decide di partecipare alla costruzione di un nuovo edificio adibito al culto religioso. Oggi viviamo in un’epoca in cui la Chiesa Cattolica deve curare la sua missione senza l’intervento pubblico; Lo Stato Italiano e le sue rappresentanze sono una cosa e la chiesa con le sue Preziose Parrocchie sono un’altra cosa. Non devono avere incroci economici così evidenti anche perché il cittadino “se versa” le tasse lo fa per spirito civico e non religioso. Un cittadino che vuole aiutare la chiesa lo farebbe di sua spontanea volontà tramite una donazione oppure nel caso in cui la Parrocchia lo riterrebbe opportuno potrebbe istituire una colletta e ognuno con la sua volontà avrà modo di elargire la sua “valorosa” offerta. Gli introiti derivanti dalle tasse pubbliche italiane vanno spesi per servizi pubblici italiani e non per una parrocchia che appartiene all’amministrazione della Cei. Questo è il mio pensiero da cittadino laico. Credo che essere cristiani cattolici debba essere un concetto che esuli dall’essere cittadini italiani.

Antonino Distefano
Dopo aver letto l’articolo di Panebianco, vorrei precisare e chiarire (se possibile) qualcosa: è giusto che il cittadino esprima la sua opinione e la sua critica all’operato del Sindaco, specie quando questi spende soldi pubblici. Sì, a Biancavilla c’è tanto da fare perché sia una cittadina più vivibile (strade, fogne, bonifiche per amianto, verde pubblico, ecc.), ma far entrare in questo discorso chiesa-religione-preti mi sembra alquanto fuori luogo, acrimonioso e perfino blasfemo. La parola di Dio si può leggere certamente anche fuori delle chiese (“Gesù predicò all’aperto” – ma parlava anche dentro le sinagoghe). I cristiani che fanno la Comunione non sono cannibali pur ricevendo il Corpo di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Un’ultima osservazione sul ‘detestato’ minuto di silenzio in Consiglio Comunale per la morte di mons. Calaciura: un minuto di rispettoso silenzio era il meno che si poteva dare a una figura che ha onorato Biancavilla in tante opere benefiche (Ospedale – Ospizio Cenacolo – Centro per disabili e per drogati…). Il titolo dell’articolo poi rivela astio di vecchia data per i preti e quindi per la chiesa. Deficit di self control.

Gracy Distefano Grady (dagli Stati Uniti)
Mi sembra che in Italia ci sia la separazione della Chiesa e del governo, come negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti mai hanno dato o darebbero un centesimo ad una chiesa cattolica, protestante, un tempio ecc. Come mai il Vaticano non aiuta a fabbricare chiese cattoliche? 345 mila euro sarebbero meglio usati per attività o servizi civili necessari ai cittadini.

Alessandro Rapisarda
Io sono un cattolico praticante e leggendo questo articolo faccio delle riflessioni e poi mi pongo una domanda. Sono felicissimo di vedere comunità come quella di San Salvatore crescere, ma non posso che condivide molti passaggi del mio caro amico ateo Salvo Panebianco. Sono d’accordo con lui: viviamo in un comune dove manca l’essenziale. Non ho dove portare a giocare le mie figlie, ci stiamo lentamente abituando a vivere in un comune-discarica con rifiuti ovunque, strade della vergogna e discariche abusive dietro ogni angolo. Ci diciamo e auto convinciamo che è normale vivere in un comune-fogna, dove appena piove esce merda in piazza e tutto profuma di scorreggia, con un inesistente depuratore. Ci convinciamo che è normale morire per mancate bonifiche, per errori del passato. Vogliamo convincerci che elipiste, asili nido, asili pubblici, centri per anziani, trasporto pubblico, parchi e giardini pubblici, tutto sommato non ci servano… D’altronde, noi siamo siciliani: è normale. Le parrocchie nel territorio fanno un lavoro eccezionale, con i poveri, con i ragazzi, con le famiglie. E Biancavilla, come disse il Vescovo Mons. Gristina in chiesa madre, durante la visita pastorale, «siamo fortunati ad avere un così alto numero di parrocchie per un così piccolo comune». La mia domanda è questa: se il progetto per costruire la nuova chiesa è di 1,5 milioni di euro e la Cei finanzia il 75%, quindi 900.000 euro, non si può, con quella cifra, allargare o migliorare l’ormai piccola chiesa di San Salvatore? È davvero necessario e prioritario questo consistente aiuto pubblico?

Sergio Atanasio
Sono abituato a vedere le cose nella loro universalità, pertanto preferisco innanzitutto rilevare come per l’ennesima volta la chiesa dei preti trionfi sul mondo laico. Ancora una volta nella sua ambiguità, la chiesa dei parrini beneficia dei contributi di quello Stato cui non paga l’Imu. Ma nello specifico biancavilloto, carusi, lo sappiamo bene che favorire la chiesa dei preti significa consolidare il consenso.

Riccardo Tomasello
I Testimoni di Geova non credo aspettino finanziamenti statali o comunali per costruire luoghi di culto. All’interno della comunità stessa cercano e trovano i soldi e la manodopera per fare qualsiasi cosa… Su questa storia dei soldi comunali per la costruzione della nuova chiesa dico che è vero che questi sono tempi in cui bisogna dare delle priorità, ma è anche vero che questa comunità merita di crescere, allargando e potenziando le proprie attività. Tante sono le iniziative portate avanti da Don Salvatore: tutte cose che hanno saputo infondere gioia in questo deserto emotivo che è Biancavilla. Certo, è vero che in questo paese e all’interno dell’amministrazione comunale di ogni periodo storico la chiesa ha esercitato sempre e comunque la sua autorevolezza e questo non mi piace. Credo sia importante per uno Stato (come per un Comune) mantenere integra la sua laicità (utopia?). Comunque una cosa è evidente: anche la chiesa, a volte, cede alle lusinghe del denaro. Dove girano soldi tutto si crea e tutto si distrugge ma nulla si trasforma. Complimenti alla comunità.

Alfredo Michele Calderoni
Direbbe don Bosco: l’oratorio è casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che educa e cortile per incontrare nuovi amici… Tutte caratteristiche che in questi anni hanno caratterizzato l’opera di padre Salvatore Verzì, anche in un piccolo posto… Quando la carità è vera e l’amore per i giovani anche… non si bada a confini o spazi o energie ed economie… La struttura sicuramente aiuterà e salverà tanti altri bambini, giovani, famiglie… credenti e non… Concordo con la costruzione della Chiesa… e non solo… anche nell’incoraggiare chi ancora oggi fa tanto in quella zona. Prosit.

Dino Lanza
Sarei curioso di sapere quante delle persone che gioiscono di questa notizia sarebbero altrettanto felici se l’edificio in questione fosse stato una moschea… Che usassero il denaro pubblico per cose che servono davvero. Se una persona ha bisogno di venerare il proprio Dio può farlo anche in un capannone di legno, anzi a parer mio rispecchierebbe maggiormente il volere di Cristo…

Mirko Trovato
Se pensiamo a quanti sprechi possano fare le pubbliche amministrazioni, questi sono senz’altro soldi spesi bene: un quartiere di 4000 abitanti che aspetta la propria riqualificazione da anni, che passa innanzitutto da una povera parrocchia di periferia, che nel silenzio si occupa di decine di persone senza chiederne l’appartenenza religiosa, politica, la cittadinanza… Un plauso alla lungimiranza dell’amministrazione comunale, che sborsando solo il 25% otterrà una rivalutazione del quartiere per oltre 1,5 milioni di euro, sborsati quasi del tutto dalla Cei.

Salvo Attanasio
Smettiamola, per favore. Se proprio si crede nella fede si può fare chiesa e comunità anche in un capannone agricolo. Perché lussi e/o sprechi con fondi comunali? Che usino i soldi del Vaticano o soldi di competenza!

Giuseppe Santangelo
La Comunità del luogo che da lunghi anni attende il proprio edificio di culto, finalmente può gioire! La “chiesa” è la casa della “Chiesa”! Mi auguro solo che questo nuovo tempio, in via di realizzazione in questa epoca, sappia bene coniugare il gusto dell’arte contemporanea con le caratteristiche immutate di una chiesa cattolica e non di un qualsiasi “edificio laico”.

Gian Giuseppe Soma
La chiesa (e lo dico da credente praticante) è giusto che ci sia ed è giusto sostenere le attività collaterali che tanto aiutano i giovani a formarsi e magari evitare qualche “cattiva compagnia”… Tuttavia, il fatto che l’amministrazione comunale laica destini una somma così ingente per un luogo di culto in un periodo di ristrettezze economiche per tutti non è comprensibile, a mio parere. Ci sono diversi modi per consentire aggregazione sociale: per un oratorio o attività similari basta poco (grazie al prezioso e fondamentale aiuto dei volontari), non servono oltre 300000 €… Sicuramente certe attività proposte qui (bonifica amianto) non potevano essere soddisfatte dalla cifra in oggetto per motivi di bilancio, ma sicuramente ci potevano essere valide alternative più ragionevoli. Basta volerlo e pianificare (“planning is the key to the success”) come “un buon padre di famiglia”.

Sergio Mazzaglia
Penso che da cittadino sia importante capire come vanno spesi i nostri soldi. Non perché ci sia la chiesa di mezzo tutto è concesso. I soldi servono per opere collegate? Sul finanziamento se i fondi andavano persi e la cri rifiutava di fare la chiesa meglio che si fa. Io gioisco con voi, ma gioisco anche quando la città diventerà più vivibile. Spero che con questa chiesa più grande e che può ospitare più fedeli cambi qualcosa.

Luca Longo
In un periodo di forte crisi economica si potevano gestire ingenti somme di denaro per cose più importanti, anche perché la Chiesa Cattolica ha già l’aiuto dell’8 x 1000 e gli aiuti da parte dei fedeli. La Chiesa ha già i soldi per costruire nuove strutture, utilizzando i fondi dell’Arcidiocesi di Catania. Le aggregazioni dei ragazzi all’interno degli oratori si possono gestire e fare con una somma pagata da ognuno che vuole fare attività sportiva o ricreativa e glielo dice un salesiano che pratica con i salesiani, da una vita, lo sport in oratorio e con le PGS. A Biancavilla mancano i parchi e il verde pubblico. Bisogna ripartire dalla bonifica del monte Calvario, unico pericolo per noi biancavillesi.

Salvo Foti
Un’offesa all’intelligenza di chiunque (credenti e atei). Biancavilla retrograda, merita questi amministratori.

Alessandro Tosto
Sono un credente e anche cattolico, ma da cittadino contesto una simile scelta: sperpero di denaro pubblico.

Giuseppe Cunsolo
Sindaco vergognati: nel bel mezzo della crisi, mentre c’è gente senza lavoro e senza pane, pensa di stanziare tutti questi soldi per una chiesa. A Biancavilla ce ne sono chiese chiuse da farci alberghi. Vergogna infinita, delusione infinita.

Massimo Ragusa
La zona oggetto della trasformazione è dichiarata come zona di interesse collettivo di progetto e trovo assolutamente giusto che l’amministrazione in partnership con la Cei possa portare ai fruitori di quella zona dei vantaggi considerevoli per tutti i generi di attività che si svolgono anche da comuni cittadini e non solo da Padre Salvatore Verzi. Per tutto il resto delle questioni sollevate sono al 100% d’accordo, ma su questo punto della nuova chiesa, al di là di come la si possa pensare sul credo religioso e sull’istituzione cattolica, chiedo di provare a vedere il grande vantaggio che quest’opera porterà in termini di aiuto alla comunità sia dei cittadini del quartiere ma anche a tutto vantaggi di quanti li svolgono attività di carità e promozione di autentici buoni valori. Non si può guardare a questa operazione con l’occhio della speculazione edilizia, proprio perché quello che si realizzerà in quell’area non è un casermone di cemento depotenziato ma un luogo di incontro, di rispetto, e per chi vuole anche di preghiera.

Giuseppe Castiglione
Che la zona oggetto del finanziamento sia di interesse collettivo e fuori discussione, che i fruitori ne avranno dei vantaggi e vero anche, che la specifica chiesa sia gestita da persone per bene nessuno lo mette in discussione, e altrettanto vero che ogni cittadino di Biancavilla ha la sua idea di priorità, ma il punto e che lo stato deve fare lo stato e la chiesa deve fare la chiesa, il comune ha molte cose da fare prima di poter dare i soldi dei contribuenti ad enti terzi. E come se tu (cittadino) decidi di stanziare dei soldi per rifare la casa al tuo vicino solo perche ogni tanto tuo figlio gioca nel suo guardino.

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Amianto, reportage da Biancavilla tra fatalismo ed enigmi ancora irrisolti

Circa 70 morti per tumore alla pleura, ma è allarme anche per altre patologie: sconosciute le cause

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© Foto Biancavilla Oggi

Il pericolo è nell’aria. Gli avvisi affissi lungo la recinzione metallica sono a caratteri cubitali: “Vietato l’ingresso, attenzione zona a rischio”. Siamo a Biancavilla, 23mila abitanti, ma la cartellonistica è da “Area 51”. E in effetti, l’alieno c’è. È un minerale fibroso altamente cancerogeno – annidato tra i rilievi di rocce vulcaniche qui chiamati di “Monte Calvario” – generato in epoche remotissime dai bollori dell’Etna e dai capricci delle eruzioni laviche. Sconosciuto in natura fino a quando, nel 2001, il prof. Antonio Gianfagna, ricercatore dell’Università “La Sapienza”, ne traccia l’identikit. È una nuova fibra, di colore giallo, simile all’amianto, a cui Gianfagna dà il nome di “fluoro-edenite”, registrandola all’International Mineralogical Association. Per uno scienziato della terra equivale alla scoperta di un pianeta da parte di un astronomo. Lo studioso de La Sapienza, tornato sei anni dopo sul “luogo del delitto”, scopre un secondo minerale ignoto: è la fluoroflogopite.

Eppure, non c’è da gloriarsi se monte Calvario sia diventato un geosito di interesse mondiale e Biancavilla sia finita negli abstract della letteratura scientifica internazionale con la fibrillazione di geologi, epidemiologi ed operatori della sanità pubblica.

Diverse attività di cava presenti nella zona di monte Calvario (un’appendice urbana estesa per 20 ettari), fin dagli anni ’50 hanno frantumato e sbriciolato le rocce laviche. Un ottimo materiale per l’edilizia, ma il risultato è che gran parte degli edifici del paese sia “contaminata” dalla fibra, riconosciuta cancerogena nel 2014 dall’International Agency for Research on Cancer, riunita a Lione con 21 esperti di 10 paesi europei per apporre il timbro dangerous sulla ‘polvere’ di Biancavilla.

«Un’epidemia di tumori pleurici»

«Un caso straordinario di inquinamento naturale dovuto ad un minerale che, disperso nell’aria e inalato, provoca effetti sulla pleura, la membrana di rivestimento dei polmoni», avevano sentenziato già i primi studi alla fine degli anni ‘90. Di morti per mesotelioma pleurico, a Biancavilla, se ne contano ufficialmente 70 negli ultimi 35 anni, ma si stima che i decessi reali siano il doppio.

«Una piccola epidemia di tumori pleurici», l’aveva definita Pietro Comba, quando da dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità era stato tra i primi ad interessarsi del caso. Sì, proprio un’epidemia con percentuali anomale. Nel periodo 1980-2010, per esempio, si sono avuti 6 decessi per mesotelioma in persone al di sotto dei 50 anni contro 0,6 attesi: una mortalità 10 volte superiore. Anche in età giovanile, anche tra le casalinghe: a riprova che il rischio sia ambientale.

Qui, fare una banale manutenzione edile, stare fuori in giornate ventose o semplicemente… respirare costituiscono azioni a rischio. La vittima più giovane finora registrata è una ragazza di 27 anni.

«Mio figlio Dino, morto in 5 mesi»

Nell’elenco dei decessi per mesotelioma c’è anche Dino Ingrassia: è morto nel 2011 ad appena 33 anni, lasciando tre bambini. La mamma, Giusi Tomasello, è tra i pochi ad esporsi. La sua testimonianza umana e civile dà un’anima alle fredde statistiche. All’ingresso della sua abitazione, il manifesto mortuario ricorda il figlio con la sottolineatura “vittima dell’amianto”, la stessa riportata sulla tomba.

«Tosse e stanchezza – ricorda – sono stati i primi sintomi accusati da mio figlio. Pensava fossero passeggeri. Andava a lavorare, prendendo uno sciroppo per poi passare agli antibiotici. Ma già dalla prima visita e dalle radiografie, i medici non ci hanno visto bene e la diagnosi di mesotelioma pleurico è arrivata presto. Non sapevo nemmeno l’esistenza di questa malattia».

La signora parla con voce tremante e gli occhi lucidi: «Mio figlio se n’è andato in meno di 5 mesi e gli ultimi 26 giorni – dopo un intervento chirurgico – li ha passati in Rianimazione all’ospedale “Garibaldi” di Catania. Era nel pieno della vita quando ha lasciato i suoi tre bambini, il più piccolo dei quali di 10 mesi. Ora penso agli altri miei tre figli e ai miei nipoti. Mi preoccupo per loro e, se ci sono giornate ventose, l’angoscia è più forte. Vivo nel terrore e nella paura, mi auguro che monte Calvario, da cui tutto ha avuto origine, venga risanato e reso innocuo».

Monte Calvario, in attesa della bonifica

Ecco, appunto: riflettori accesi su monte Calvario. Se nel 1998, le attività di cava erano state interrotte con ordinanza dell’allora sindaco Pietro Manna, la culla della fluoro-edenite è da bonificare per farne un grande parco verde. I lavori – attesi da 25 anni – sono cominciati formalmente lo scorso febbraio.

Un iter lungo e tortuoso, come ricorda il sindaco Antonio Bonanno, mentre si addentra sui dossier ‘amianto’ sparsi sulla sua scrivania: «Nel 2026 dovremmo vedere quell’area – sorgente di morte e dolore – trasformata in un “parco della vita” fruibile dalla nostra città».

Nell’attesa di poterci andare a passeggiare e che la città abbia il suo polmone sano, tutt’intorno la vita quotidiana procede incurante del nemico invisibile. Un bambino scorrazza in bicicletta, sollevando un polverone ogni volta che passa sul terriccio. Poco più in là, in un magazzino, operai sono alle prese con dei bancali. Dal balcone di casa, una donna scuote la tovaglia tolta dalla tavola, a pranzo terminato. «Io vivo qua da quando sono nato, di qualcosa si deve pur morire», dice un anziano, in linea con il fatalismo dei biancavillesi: se il pericolo non è visibile – è l’assurdo ragionamento dominante – perché allarmarsi?

Oltre 4000 immobili da sanare

Sia chiaro: monte Calvario non è l’ultimo step della bonifica. Secondo l’Ufficio Tecnico Comunale, ci sono 4300 case costruite nel periodo 1956-1998 con materiale di cava. Gli intonaci esterni (complessivamente 2 milioni di metri quadri) andrebbero messi in sicurezza con “vernici incapsulanti”, così come già fatto negli edifici pubblici una quindicina di anni fa.

Sarebbe una bonifica ambientale di un intero centro abitato senza precedenti al mondo, con costi stimati in 150 milioni di euro, a cui aggiungerne altri 2,5 per realizzare una discarica di inerti. Un gigantesco intervento che, sommato ad accorgimenti di prevenzione durante i lavori edili, farebbe scendere verso lo zero il rischio dell’inalazione delle fibre aerodisperse. 

Certo, nel fascicolo di indagine sul minerale-killer ci sono ancora tanti punti oscuri, a cominciare dal dettaglio drammatico che nel centro etneo la mortalità e i ricoveri ospedalieri siano in eccesso non solo per neoplasie alla pleura, ma anche per altre patologie.

L’allarme del rapporto “Sentieri”

Sul banco degli imputati, figura ancora la fibra di monte Calvario. A confermarlo è il sesto rapporto Sentieri sul monitoraggio dei siti italiani contaminati, appena pubblicato dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.

«Vanno implementati – riporta il capitolo su Biancavilla – studi specifici sul comportamento della fluoro-edenite, in particolare per l’azione fibrogena sul polmone. Sono ignoti, inoltre, gli eventuali effetti di questa fibra a carico di altri apparati, come quello cardiocircolatorio, le cui patologie in questo sito si confermano costantemente in eccesso».

Tumori polmonari, placche pleuriche e patologie dell’apparato respiratorio hanno un’incidenza fuori norma.

«Vanno proseguiti – raccomanda il rapporto – la sorveglianza sanitaria della popolazione di Biancavilla e il monitoraggio ambientale per identificare le fonti di esposizione potenzialmente ancora presenti, indagando i livelli di esposizione in tutte quelle attività che comportino movimentazione del terreno e rilascio di fibre da intonaci e opere murarie».

Biancavilla, un paese-laboratorio

Una storia che non può ancora essere archiviata, dunque. Biancavilla resta un paese-laboratorio con enigmi irrisolti. Così, un altro triste primato del centro etneo – una settantina di soggetti colpiti da sclerosi multipla, cioè il doppio rispetto a quelli attesi – potrebbe essere spiegato scrutando ulteriormente sulla geologia territoriale.

Trattandosi di malattia neurologica, la fluoro-edenite non dovrebbe avere responsabilità. Ma potrebbero influire altri fattori ambientali o sostanze naturali, come ipotizza un primo studio del Policlinico di Catania. Se il minerale-killer è stato scovato, ora tocca dare la caccia ai suoi complici.

(Tratto da S – il mensile d’inchiesa dei siciliani / Marzo 2023 / di Vittorio Fiorenza)

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