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Cultura

Difficile fare cultura a Biancavilla: chiude la rivista “Piazza Grande”

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© Foto Biancavilla Oggi

Ma quant’è difficile fare cultura a Biancavilla? Risvegliare le coscienze, spingere alla riflessione, agire per contrastare disimpegno, indifferenza, assuefazione, mediocrità? Interrogativi noti per i lettori di Biancavilla Oggi, che su questi aspetti si è spesso soffermata.

Interrogativi su cui è rimasta imbrigliata anche l’associazione culturale “Piazza Grande” di Biancavilla, costretta ad annunciare la chiusura dell’omonima rivista, dopo quattro uscite in edizione cartacea. Una rivista dai contenuti di valore, che hanno spaziato dalla storia alla filosofia, dalla psicologia alla più stretta attualità, nel tentativo di fare… cultura.

Animatore del gruppo redazionale è il prof. Alfio Pelleriti, impegnato in prima persona a curare ogni dettaglio del progetto, oltre ad essere presidente dell’associazione, distintasi in diverse iniziative, veicolate anche attraverso queste pagine.

«“Piazza Grande” chiude! Abbiamo resistito un anno, pubblicando quattro numeri, andando avanti con caparbietà e giovanile testardaggine. Abbiamo portato avanti un progetto tendente a stimolare riflessione e confronto aperto e critico, sperando di contribuire ad una crescita culturale della comunità biancavillese», dice Pelleriti.

«Gettiamo la spugna di fronte ad un muro invalicabile e indistruttibile: quello del conformismo e della sudditanza alle mode e ai pregiudizi; quello dall’individualismo e dell’inanità; quello della retorica ipocrita e insopportabile della Sicilia terra di “grande tradizione e cultura”, di “cieli tersi e profumi inebrianti”».

«“Piazza Grande” chiude i battenti –conclude Pelleriti– per la gioia di una maggioranza silenziosa, trasversale a tutte le posizioni politiche, a tutte le categorie sociali, usa alle inconsistenti lamentazioni, a curare il proprio “orticello” familiare, e a guardare con sospetto chi parla di verità e di giustizia, avvezza a lanciare calunnie e bugiardi sospetti contro chi prova a far muovere le acque stagnanti di una comunità che vuole dormire o darsi a inconsulto iperattivismo per non pensare, per non sentirsi  responsabile di nulla, né verso gli uomini né verso Dio».

Il tentativo che comunque sarà fatto è quello di proseguire l’esperienza delle pubblicazioni, ma attraverso il web.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cultura

Il maestro di fotografia Giuseppe Leone e il prezioso “lascito” per Biancavilla

La scomparsa all’età di 88 anni, il ricordo dell’ex assessore alla Cultura nella Giunta Manna

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È scomparso a Ragusa, all’età di 88 anni Giuseppe Leone, uno degli ultimi grandi interpreti della fotografia in Sicilia. Una figura originale di fotoreporter che ha raccontato l’Isola, il suo paesaggio, il mondo contadino, la condizione della donna ma anche la cultura: era amico di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino. Nel 1997 dedicò diversi scatti anche a Biancavilla, su invito dell’allora assessore alla Cultura per la realizzazione del calendario del Comune. Oggi quella pubblicazione cartacea ha valore di opera d’arte. Di seguito, per Biancavilla Oggi, il ricordo di Nino Longo.

Al tempo in cui ero assessore alla Cultura della prima sindacatura di Pietro Manna, seguivo con una certa passione delle riviste di fotografia come “Reflex Progresso fotografico” e “Zoom “. In esse avevo letto un servizio su Giuseppe Leone e di una sua pubblicazione sull’architettura barocca nella Sicilia sudorientale. Avendo progettato di realizzare un Calendario sui Beni Culturali nel nostro Comune, mi venne l’idea di contattare il nostro famoso fotografo per proporgli il lavoro.

L’Ufficio riuscì a contattarlo e gli demmo un appuntamento. Lui venne e si mise a disposizione, mettendo alcune condizioni. Non ricordo la sua richiesta   in ordine al suo onorario, ma esso non fu particolarmente oneroso. Le condizioni da lui poste furono che le foto fossero in bianco e nero e che la scelta dei soggetti fotografici fosse solo sua e non sulla base delle richieste dell’Amministrazione. Lui poi venne a Biancavilla e andò in giro da solo, anche di notte.

La sua attenzione fu posta su diversi angoli del paese e soprattutto sulla “materia” della pietra lavica, su scorci architettonici e su semplici personaggi che si trovavano a passare casualmente o sostavano in certi angoli. Oltre alla “materia” il suo “occhio fotografico” si soffermava sugli effetti del chiaro/scuro e sulla “semplicità” dei soggetti umani.

Così noi scoprimmo il particolare effetto di certe immagini che avevamo sotto gli occhi ma che non avevamo “veramente visto”. Ed ecco il signor Torrisi sotto l’arco di San Giusippuzzu, le devote davanti “u Tareddu” di via Mongibello, il monello davanti all’arco di via Brescia, i confrati all’accompagnamento funebre, il suonatore di ciaramella. Ma anche in lontananza la chiesetta dell’eremo di Badalato, con l’enorme mole dell’Etna, i vecchi mulini ad acqua di Rollo, il basolato di via Innessa, di via Tutte Grazie, via preside Caruso, il portale della chiesa di Sant’Orsola.

Ne è venuta fuori una città antica ma vissuta, i cui personaggi si inserivano nell’insieme dei paesaggi, con i manufatti in evidenza. La vita vera, non retorica, non celebrativa. I nostri “monumenti” importanti messi da parte.

Il calendario è piaciuto a tutti; è andato anche all’estero. Qualche foto è stata esposta anche a New York, mi dicono. Molti cittadini, nel tempo, hanno riproposto alcune immagini, senza neanche sapere che erano parte di un calendario del comune di Biancavilla del 1997.

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