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Addio ad Aurora, morta a 15 anni: la commovente lettera di una compagna

«Il suo buon cuore, la sua dolcezza, la sua voglia di partecipare… curiosissima, desiderosa di capire»

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Grande dolore a Biancavilla per la morte di una ragazza di 15 anni. Un destino ingiusto per Aurora Furnari, che da tempo affrontava una malattia con visite, cure e viaggi anche al di fuori della Sicilia. La sua scomparsa ha provocato sconforto tra quanti l’hanno conosciuto e l’hanno voluta bene. I funerali si svolgeranno nella parrocchia Sacro Cuore, domenica 7 dicembre alle ore 9.30.

In redazione abbiamo ricevuto un commosso ricordo di una ex compagna di classe di Aurora. Una straordinaria testimonianza, che è un inno all’amicizia. La condividiamo di seguito.

***

Mi chiamo Rachele e ho chiesto a papà di inviare questa lettera a Biancavilla Oggi perché desidero che il mio ricordo di una cara amica rimanga per sempre. Scrivo “ricordo” e già mi si stringe il cuore, perché ancora oggi, pensando a lei, non faccio che piangere e riflettere sulla bellezza dei momenti vissuti insieme.

Siamo state compagne di banco. E già nel dire “siamo state” sento la prima stretta al cuore, perché non potremo più esserlo. Lo siamo state alle scuole medie, per tre anni. Lei, Aurora, cieca a causa di una malattia, è stata per me una confidente, un’amica, un punto di riferimento, anche perché si muoveva con difficoltà in classe. Ma il suo buon cuore, la sua dolcezza, la sua voglia di parlare, di partecipare, di essere come tutte le altre, mi hanno sempre aperto la mente.

Non posso che ricordarla così: curiosissima, sempre desiderosa di capire. Io mi impegnavo a portarle oggetti da toccare, per aiutarla a immaginare il mondo di fuori e le nostre esperienze.

Una volta, per spiegarle la mia passione per il tennis, cercai per tutta casa una pallina solo per farle sentire fra le mani la bellezza delle cose che facevo. Lei, mentre la toccava, voleva che le raccontassi le mie partite. Conservava quella pallina nello zaino.

Appena ho avuto notizia che lei non c’era più, ho ripensato proprio a quella pallina. E a tutte le cose che le portavo, a tutti i piccoli pezzi di mondo che cercavo di farle conoscere. Adesso quel mondo, finalmente, lei potrà vederlo. Ciao Aurora, ti voglio un mondo di bene. Rachele.

I familiari: «Travolti da un’ondata di affetto»

«Desideriamo ringraziare dal profondo del nostro cuore tutti coloro che in questi giorni di immenso dolore ci sono stati vicini». È quanto scrivono i familiari di Aurora in un messaggio fatto pervenire alla redazione di Biancavilla Oggi.

«La presenza, l’affetto e la sensibilità – proseguono – rappresentano la testimonianza più sincera di quanto Aurora abbia lasciato un segno profondo in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarla. Siamo stati travolti da un’ondata di amore e vicinanza. Il nostro grazie va anche al Sindaco e a tutte le istituzioni scolastiche per la loro presenza e l’affetto manifestato».

I familiari di Aurora, nonostante il momento di dura prova, hanno pensato anche ad un gesto di solidarietà. «Tutto il ricavato raccolto in questi giorni – fanno sapere – sarà devoluto all’Hospice pediatrico Casa del Bambino dell’ARNAS Garibaldi di Catania, un gesto che rispecchia il grande cuore di Aurora e ciò che lei ha voluto».

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Raffaele Furnari a “Caduta libera”: un biancavillese al game show di Canale 5

L’ingegnere 36enne, appassionato di viaggi di avventura, nel progrmma condotto da Max Giusti

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Raffaele Furnari, ingegnere civile, 36enne di Biancavilla, ha partecipato a “Caduta Libera”, il game show di Canale 5, condotto da Max Giusti e affiancato da Isobel Kinnear, ex ballerina di “Amici”. Come da tradizione, il campione in carica si posiziona al centro della pedana e sfida gli altri concorrenti. Ognuno è collocato sopra una botola pronta ad aprirsi alla prima risposta sbagliata. Chi riesce a prevalere partecipa al gioco finale “Sei Vincente”, dove è in palio il montepremi.

Raffaele è stato il primo a sfidare il campione Enrico Villanova, al suo diciannovesimo giorno consecutivo di permanenza. Durante la manche musicale “Parole Parole”, il concorrente biancavillese è stato più veloce del campione. Ha indovinato per primo il titolo della canzone misteriosa, guadagnando così una vita extra. Nel prosieguo della sfida, però, non è riuscito a superare il rivale nel numero di definizioni indovinate. È stato così eliminato con la caratteristica – e scenografica – caduta nella temuta botola.

Nel momento della presentazione, Raffaele ha ricordato con orgoglio le sue origini biancavillesi. Ha parlato della sua passione per i viaggi d’avventura, che documenta sul suo profilo social raffa_travel_. Il racconto della sua esperienza immersiva nella foresta amazzonica, dove ha trascorso le notti in amaca tra animali esotici e suoni notturni, ha incuriosito Max Giusti, che con la sua consueta ironia ha divertito il pubblico.

Per accedere come concorrente, Raffaele ha dovuto superare un articolato processo di selezione: prima un test scritto di 60 domande in 15 minuti su attualità e cultura generale, poi una prova orale che simulava la dinamica reale del gioco.

Ma è pericoloso cadere nella botola? Raffaele ha spiegato che, prima della messa in onda, degli stuntman mostrano ai concorrenti la posizione corretta da assumere per evitare infortuni. Nulla è lasciato al caso: ciò che si vede in televisione è solo una parte di un’organizzazione meticolosa e ben strutturata. Per Raffaele l’esperienza a “Caduta Libera” si è conclusa – almeno per ora – ma non è escluso che possa essere richiamato nelle prossime puntate per tentare nuovamente la fortuna.

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Biancavilla, novembre 1957: cronaca di quel duplice femminicidio alla stazione

“Biancavilla Oggi” ricorda il sacrificio di due sorelle cancellate dalla memoria e senza nessuna giustizia

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Elaborazione AI: Biancavilla Oggi / Grok (xAI)

Una pagina di cronaca cancellata dalla memoria collettiva. Quasi settant’anni fa un duplice femminicidio alla stazione della Circumetnea, affollata di viaggiatori, sconvolse Biancavilla. Otto colpi di pistola per un duplice femminicidio compiuto dalla mano di un marito ossessionato dalla gelosia. Una tragedia familiare, il 14 novembre del 1957, che ebbe eco sulla stampa nazionale.

Lui, l’assassino: un 37enne, vaccaro e custode di alcuni fondi agricoli. Le vittime: la moglie di 35 anni e sua sorella di due anni più piccola. Tutti originari del Messinese, ma vivevano a Biancavilla. Nonostante i cinque figli e i 17 anni di matrimonio (10 dei quali vissuti a Biancavilla), per la coppia non c’era pace. Liti continue, tensioni quotidiane. Lui convinto di essere tradito perché aveva sentito in paese che la moglie «era stata toccata». Ma lei respingeva quelle dicerie: tutto falso. Fino al brutale epilogo. La donna decise di andare via. Assieme alla sorella – venuta qualche settimana prima in suo aiuto «perché le cose si stavano mettendo male» – cercò di tornare nel suo paese natale. Un atto di ribellione alle angherie. Un gesto di coraggio e determinazione: qualità che ancora oggi mancano a tante vittime di maltrattamenti.

In attesa del treno, metafora di libertà

Così, le due sorelle si recarono alla stazione della Ferrovia Circumetnea con l’intenzione di prendere l’automotrice diretta a Randazzo e da lì raggiungere la provincia di Messina. «Stanca della vita di inferno che le faceva condurre il marito, aveva deciso di abbandonare per sempre il tetto coniugale e di tornare dai suoi familiari», riportò il quotidiano La Stampa. Un piano che l’uomo bloccò a revolverate. Precipitatosi in stazione in sella alla sua motocicletta, senza pronunciare parola, esplose una raffica di colpi: quattro freddarono la moglie mentre stava ritirando i biglietti di viaggio, due presero la cognata e altri due andarono a vuoto. Una morte istantanea, in attesa del treno, metafora di un tentativo di fuga verso la libertà.

Tornato nella sua abitazione, l’omicida raccontò tutto a una vicina: «Se volete vedere mia moglie e mia cognata morte, andate alla stazione. Se poi volete vedere anche il mio cadavere, entrate fra poco in casa mia». Barricatosi, si distese sul letto, sparandosi un colpo alla testa con l’ultima pallottola rimasta nell’arma. I carabinieri sfondarono la porta e, subito soccorso, l’uomo venne trasportato d’urgenza all’ospedale “Vittorio Emanuele” di Catania.

La giustizia della memoria

«La comunità rimane scossa da una tragedia maturata all’interno delle mura domestiche e degenerata in maniera irreparabile», scrisse il Corriere della Sera. Biancavilla (e la Sicilia) vivevano ancora nella cappa del patriarcato, del maschilismo e della sudditanza femminile, senza possibilità di giustizia per chi osasse alzare la testa. Che fine fece l’assassino? Se la cavò con qualche settimana di ospedale: gli fu estratta la pallottola conficcata sopra la mandibola, senza gravi conseguenze. A distanza di un anno dal duplice femminicidio, fu dichiarato totalmente infermo di mente e quindi non processabile. “Il vaccaro che uccise due donne per gelosia internato per dieci anni nel manicomio di Barcellona”, titolò il quotidiano La Sicilia. Sì, la fece franca perché “pazzo”, in un’epoca in cui il rimbombo delle parole “adulterio” e “delitto d’onore” avevano ancora un peso influente nelle aule di giustizia.

La radio trasmetteva i primi brani di un giovane “urlatore” Adriano Celentano, promessa della musica, e tutti a cantare Nel blu dipinto di blu, canzone vincitrice quell’anno del Festival di Sanremo, mentre lo strip-tease di Aïché Nana aveva appena inaugurato la Dolce vita. La ribellione giusta di una moglie sottomessa e il sacrificio suo e della sorella erano stati già dimenticati a Biancavilla. Non sappiamo il destino a cui andarono incontro i cinque figli della coppia. In questa Giornata contro la violenza sulle donne, Biancavilla Oggi vuole ricordare le vittime innocenti di quel delitto arcaico: uccise perché donne e non assoggettate alla prepotenza maschile. La giustizia della memoria, almeno quella, la dobbiamo loro riconoscere.

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