L'Intervista
Conti in rosso, Vincenzo Giardina: «Stanare i furbi, animare l’economia»

Agosto 2018, seduta di Consiglio Comunale per approvare il rendiconto di gestione. A pronunciare per la prima volta la parolina tanto temuta, “dissesto”, fu il consigliere Vincenzo Giardina, già in passato vicepresidente dell’assemblea cittadina. Fu lui ad evidenziare il pericolo, parlando pure della necessità per il Comune di fare da “sceriffo” contro i tanti furbetti che non pagano il dovuto. Un intervento che faceva presagire le misure di rigore votate pochi giorni fa dall’aula per convincere la Corte dei conti della svolta nella gestione comunale ed evitare il crac.
Giardina, allora non avevate ancora piena contezza dell’eredità che vi era stata lasciata, ma lei fu tra i primi ad intuirne la drammaticità.
Sì, è così. Era il primo Consiglio dopo quello di insediamento. Effettivamente vedendo che c’erano 35 milioni di residui attivi (di cui 15 di dubbia esigibilità), debiti per circa 18 milioni e una bassissima riscossione, il rischio del dissesto si intravedeva. Feci un intervento politico, chiedendo cosa avesse fatto la passata amministrazione per riscuotere quei 35 milioni di residui attivi. Nulla, non era stato fatto nulla. Parlai della necessità di fare da “sceriffi” proprio per tutelare coloro che onestamente hanno pagato rispetto a coloro che, pur potendolo fare, non hanno versato il dovuto.
Fa un certo effetto, oggi, seguire quella riunione consiliare su Youtube (a partire dal minuto 25) e sentire gli interventi dei suoi colleghi seduti di fronte a lei mentre sostengono che hanno lasciato un bilancio sano. Sano, forse, solo su un foglio Excel. Questo è accaduto pochi mesi fa.
Infatti, avevo detto in quella stessa riunione che avremmo potuto avere problemi a pagare gli stipendi dei dipendenti comunali. Cosa che poi accadde. No, non sono un oracolo. I numeri parlavano chiaro, vista anche la notevole anticipazione di cassa sulla quale si pagano interessi.
A Biancavilla chi non paga tasse e imposte è una grossa fascia di popolazione. Impensabile che tutti siano indigenti. Diciamo che abbondano i furbi. Non perseguirli, negli anni, è stata una scelta politica di ingiustizia sociale, la negazione di un principio sacro della sinistra. Ci ha pensato? Lei, come tutti, è chiamato adesso a fare il “comunista”, affinché tutti paghino il dovuto e gli onesti non subiscano la sfacciataggine dei furbi.
Stanare i furbi non è da “comunisti” né da “fascisti”. È un dovere. La mia formazione è quella della destra sociale. Se è vero che il 40% paga regolarmente e l’indice di povertà in Sicilia è del 15-20%, significa che c’è un buon 40-45% che può e invece non paga e pretende pure i servizi. Noi dobbiamo dire da che parte stare: io sto con chi rispetta le regole e non con i furbi.
In linea puramente teorica sarebbe favorevole a mettere online la situazione tributaria di ogni amministratore e ogni consigliere?
È una questione di etica politica. Volendola considerare, si può fare. Comprendo che se i politici chiedono ai cittadini di essere in regola, è giusto che innanzitutto lo siano loro. È un’idea da considerare.
Coloro che hanno la responsabilità hanno nomi e cognomi precisi. Ma si possono indicare oppure è vietato? Sembrate timorosi a farlo. Forse perché in maggioranza avete imbarcato alcuni che sono stati protagonisti nella passata esperienza amministrativa?
Nessuna difesa della passata esperienza, non assolvo assolutamente l’amministrazione Glorioso, che poteva intervenire prima e non l’ha fatto. Noi abbiamo ereditato debiti, mentre l’amministrazione Cantarella ha lasciato un Comune virtuoso.
La Corte dei conti è chiara nell’individuare le criticità economico-finanziarie dell’ente e ad indicare le responsabilità, che sono locali. Invece, a sentire taluni, sembra che l’allarme rosso sui conti comunali sia dovuto a fattori… meteorologici. Avevate promesso un’operazione verità: non l’avete fatta.
Dovrebbe spettare in particolare al sindaco perché ha maggiore contezza, ma è un’operazione già in atto. Lo abbiamo detto che non è stata fatta alcuna riscossione e nessun intervento.
Fatto sta, Giardina, che adesso tocca a voi tentare di sistemare le cose. D’ora in poi, ogni responsabilità è vostra. Bastano quelle misure indicate in maniera unanime dal Consiglio Comunale?
È un primo tentativo per rispondere alla Corte di conti, per mostrare che stiamo lavorando, per salvare la situazione ed evitare il default del Comune. Aderire all’Agenzia delle entrate per fare riscossione è un passo serio e, speriamo, proficuo.
Come ha detto il suo collega Vincenzo Amato, dovreste strappare il vostro programma elettorale perché l’unico ed esclusivo impegno dovrà essere riempire la voragine di bilancio. È così?
Sì, in primis è quello che ho detto io. L’azione amministrativa dovrebbe essere svolta in funzione del programma elettorale. Invece si dovrà intervenire su ciò che ci è stato lasciato: due rendiconto andati a male, un bilancio di previsione 2016-2018 che non presenta caratteri di stabilità finanziaria. Quindi, ahimé, c’è il rischio grosso di aumentare le tasse. Mi auguro –se dovesse avvenire– che sia un aumento temporaneo. E non bisogna tralasciare poi l’urgenza di fare ripartire l’economia a Biancavilla.
E come? Con quale ricetta?
Dobbiamo vigilare sull’approvazione, imminente, del nuovo Piano Regolatore e puntare sulla zona artigianale, in modo da evitare di fare scappare imprenditori da Biancavilla, cosa che è accaduta.
Ecco, la zona artigianale di Sciammarita: un cavallo di battaglia del Centrodestra fin dai tempi della seconda Giunta Manna. Battaglia che perse vigore dopo l’esproprio dei terreni per circa 500mila euro, 98% dei quali andati alla società “Salentina Sicula Immobiliare”, proprietaria di 62.778 metri quadri. Insomma ci troviamo con un pugno di terra senza averci fatto nulla. L’unico felice è chi ha incassato i soldi degli espropri.
Quell’opera, portata a compimento con la realizzazione dei servizi dall’amministrazione Cantarella, si potrebbe rendere appetibile, per esempio rivedendo le modalità e le condizioni di assegnazione dei lotti. Bisogna riprendere l’opera: è possibile rilanciarla.
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Cultura
Carmelo Bonanno: «Biancavilla e quel 2 giugno 1946, il ritorno alla democrazia»
L’autore di Nero su Bianco Edizioni:: «I valori dell’antifascismo e della libertà vanno difesi ogni giorno»

La caduta del fascismo, la fine della guerra, le macerie materiali e morali. Un paese da ricostruire. Biancavilla vive gli eventi con una partecipazione corale per ricostituire i partiti e svolgere le prime consultazioni elettorali, dopo la dittatura ventennale di Benito Mussolini. Carmelo Bonanno racconta gli eventi dell’immediato dopoguerra nel volume “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Una ricerca ricca di testimonianze, che in quel 2 giugno 1946 vede la data cruciale per costruire un futuro carico di speranza, nel segno della libertà e del progresso.
Bonanno, quello è un giorno che ci restituisce la democrazia. Biancavilla come arrivò alle prime elezioni e al referendum del ‘46?
Biancavilla, a differenza dei comuni limitrofi, non conobbe la devastazione del suo territorio perché non subì i pesanti bombardamenti alleati di fine seconda guerra mondiale. Secondo i democristiani dell’epoca il merito fu di padre Antonino Arcidiacono e di altri due suoi amici carissimi che andarono a Piano Rinazze, dove erano stanziati gli Alleati, e mediarono con loro affinché Biancavilla fosse risparmiata. Secondo i comunisti del tempo, invece, furono i tedeschi che, notata la forte opposizione di Biancavilla, preferirono abbandonarla per evitare di rallentare la fuga dalle truppe alleate. Non sappiamo quale delle due versioni corrisponda a verità, magari in entrambe c’è del vero. Resta il fatto che Biancavilla arriva all’appuntamento elettorale in un quadro di maggiore “stabilità”.
Oggi ricorre anche l’anniversario del referendum istituzionale nel quale gli italiani si espressero a favore della Repubblica come forma di governo, anche se a Biancavilla – come in tutto il Mezzogiorno – la maggioranza scelse la Monarchia…
Sì, ma è anche vero che il risultato repubblicano a Biancavilla fu notevole perché la media siciliana di voti per la Repubblica era del 35% mentre a Biancavilla ottenne quasi il 49%.
Alle Amministrative dell’aprile 1946, a Biancavilla, la Democrazia Cristiana dominò conquistando 24 seggi su 30 in Consiglio Comunale ed eleggendo il farmacista Salvatore Uccellatore come sindaco, confermando poi il netto vantaggio sugli altri partiti anche alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno successivo. Biancavilla era (ed è) democristiana?
Sì, certo, Eccezion fatta per la parentesi comunista di Peppino Pace, la Dc seppe sempre rigenerarsi e governare, di fatto fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.
Oltre a padre Arcidiacono e a Salvatore Uccellatore quali furono le altre personalità di spicco della Dc locale in quegli anni iniziali dell’Italia repubblicana?
Ebbero un ruolo importante Filippo Leocata, medico, e Alfio Minissale, ingegnere, impegnato nella formazione della classe dirigente giovanile dello Scudocrociato.
Che ruolo ebbero il clero e la Chiesa nel successo democristiano?
Un ruolo fondamentale. Esercitato anche attraverso la costituzione di iniziative associative quali quelle dell’Azione Cattolica, degli Uomini Cattolici e delle Donne Cattoliche. E di un comitato in cui ebbero un ruolo di prim’ordine padre Giosuè Calaciura e Salvatore Uccellatore, prodigatisi per venire incontro ai bisogni dei biancavillesi.
E le donne, appunto, che per la prima volta ebbero diritto di voto?
Le donne giocarono un ruolo importante già durante il periodo della guerra: diedero sostegno economico e sociale, anche tramite la Chiesa, ai bisognosi e alle vedove di guerra. La loro azione politica fu funzionale alle loro opere di carità e assistenza, poi ricambiate in voti per la Democrazia Cristiana. Fornirono spesso un contributo decisivo, convincendo le donne a votare Dc in contrapposizione al Pci.
La sinistra biancavillese, “minoritaria” ma comunque con un consenso significativo, percorse una strada ben più accidentata. Perché?
Perché, tra le altre cose, ci fu una “scissione” tra la corrente dibenedettiana e il resto del partito. E i comunisti, scomunicati, subirono una notevole pressione “interna” ed “esterna”. Lo stesso Di Benedetto, di professione riparatore e noleggiatore di biciclette e allora segretario della Camera del lavoro locale, fu accusato – secondo le testimonianze dell’epoca – di aver rubato parte degli pneumatici inviati dal sindacato provinciale. Pneumatici all’epoca utilizzati non solo per le bici ma anche e soprattutto per creare le suole delle scarpe. Da lì capì che era stato preso di mira e che fosse un capro espiatorio e si allontanò dal partito, che di fatto si “riunificò”.
La lotta di classe nel nostro territorio portò anche all’occupazione delle terre. Che risultati ottenne?
Contraddittori. Perché, a seguito dell’assegnazione seguita alla riforma agraria, alcuni ricevettero terre proficue e redditizie. Altri, terre aride e cretose.
Una Biancavilla a maggioranza democristiana ma geograficamente divisa tra il centro “biancofiore” e la periferia comunista. Guidata da personalità carismatiche. Persino con un primato: prima città italiana a rivoltarsi contro i fascisti nella sommossa del 23 dicembre 1923. Una memoria sconosciuta ai più, che oggi ignorano le radici storiche della ricostruzione democratica locale. Che lezione dovremmo trarne a quasi un secolo di distanza?
Non dobbiamo dimenticare da dove proveniamo. Dobbiamo conoscere il nostro passato. Siamo figli della nostra storia. E la storia ci insegna che ci sono dei valori condivisi – l’antifascismo, la libertà, la democrazia – che noi oggi diamo per scontati ma che non lo sono affatto. E la storia serve a ricordarci che queste conquiste vanno difese ogni giorno.
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L'Intervista
M5s assente e il tesoretto elettorale da spartire, Asero: «Ecco cos’è accaduto»
Il portavoce sotto torchio: retroscena di un dramma esistenziale e del clamoroso forfait alle Amministrative

Cinque anni fa, le premesse c’erano tutte. Per la prima volta, il Movimento 5 Stelle faceva il suo ingresso al Consiglio Comunale di Biancavilla. Collocato tra i banchi della minoranza. Il Pd era un immenso deserto di sabbia. Dino Asero, il consigliere pentastellato eletto, aveva davanti a sé una spianata in cui sbizzarrirsi a fare opposizione al sindaco Antonio Bonanno. Sarebbe stata l’unica voce, rispetto ad un Partito Democratico ridotto in cenere. L’esclusiva prospettiva possibile, per i 5s, sarebbe stata l’allargamento del consenso e della popolarità. Per arrivare alla scadenza del mandato in una posizione dominante e dettare la linea, perfino ai Dem (in gravissimo affanno, come diagnosticato dalle recenti elezioni, sia le Politiche che le Regionali).
Invece? Invece, la competizione elettorale per le Amministrative vede l’assenza vistosissima dei 5 Stelle e di un proprio candidato sindaco (dopo le precedenti esperienze con Carmelo Petralia e Marco Vinicio Mastrocola). È uno sciogliete le righe. La fine di una storia cominciata oltre dieci anni fa, in quel Cine Trinacria. Lì alcuni ingenui, lunatici ed emeriti sconosciuti si presentarono come pungolo dei “politici di mestiere”. E inaugurarono un linguaggio, un modo, un approccio inediti a Biancavilla. Il loro clamoroso forfait a queste Amministrative? Un’incredibile opera ingegneristica di demolizione e dissoluzione di un prezioso patrimonio politico.
Consigliere Asero, lei è stato l’unico rappresentante istituzionale (portavoce, come dite voi) del M5s a Biancavilla: assume su di sé la responsabilità di questo tragico epilogo?
No, non me la sento di assumerla in toto. Sarebbe stata mia responsabilità se mi fossi staccato totalmente dal Movimento 5 Stelle. Io, invece, dichiaro pubblicamente che è stato tenuto un atteggiamento tale per silurarmi.
Lei, “capo” di fatto del movimento, prende le sembianze della vittima?
Io aderii nel 2018 ad un movimento già organizzato, perché esistente da oltre 5 anni. Mi fu chiesto di partecipare alla competizione elettorale. Una proposta tattica: si voleva riempire un contenitore e si pensava che io dovessi fare solo il portatore di voti. Accettai in extremis: forse fui l’ultimo ad essere inserito in lista. I progetti pensati da taluni, che già erano strutturati, non sortirono gli effetti sperati.
Cioè?
Io, ultimo arrivato, non solo fui il più votato, ma l’unico eletto, a “scapito” del gruppo “storico”. Da consigliere comunale, tuttavia, mi sono trovato un gruppo che anziché supportarmi, si è scagliato “contro”. Chiesi collaborazione perché il lavoro d’aula e di opposizione non è semplice. Mi fu risposto che, se non ero in grado, mi dovevo dimettere per fare posto ad altri. Ovvio che la mia attività consiliare, in questo clima, non è stata quella che avrei voluto.
Un movimento spaccato, insomma. Così i biancavillesi non troveranno sulla scheda elettorale il simbolo dei Cinque Stelle e il nome di un proprio candidato sindaco, alternativo alla destra e alla sinistra.
Ho detto 3-4 mesi fa, in riunioni o in chat interne cui partecipano pure esponenti nazionali e regionali, che se il problema fosse stata la mia persona, mi sarei messo da parte. Lo avrei fatto a condizione che il M5s fosse presente con la propria lista.
Quale la risposta?
La risposta è stata picche. Il movimento, ribadisco, è stato spaccato fin dall’inizio per la presenza di alcuni che si ritengono i “puri”, i detentori del potere. E che hanno esplicitamente dichiarato a rappresentanti nazionali e regionali la pretesa, prima di parlare della lista, di chiarire la gestione del movimento a Biancavilla. C’è chi ha rivendicato il diritto ad essere il rappresentante del gruppo territoriale di Biancavilla, a prescindere dalla rappresentanza (cioè io) in Consiglio Comunale.
In quanto unico eletto, lei avrebbe dovuto esercitare un ruolo aggregante. Così non è stato: nemmeno questa è sua responsabilità?
In quanto consigliere comunale ho assunto la responsabilità politica e giuridica del movimento. Ho chiesto a molti di intervenire per ricompattarlo. Il tentativo di aggregare l’ho fatto, ma non c’è stato verso. Io non ho smanie di protagonismo o il desiderio di fare il consigliere comunale a tutti i costi. Ma il M5s doveva continuare.
Per essere più chiari, da una parte un gruppo che ha avuto lei come riferimento e dall’altra la cerchia che si riconosce in Mastrocola: separati in casa.
Separati in casa e senza alcuna collaborazione. Quando un gruppo è diviso, questi sono i risultati e ne piangiamo le conseguenze: Movimento 5 Stelle assente dalla competizione elettorale.
Ma poi anche il gruppo a lei più vicino ha fatto perdere le tracce. Qualche domanda se l’è posta o no?
Sì, anche perché delusi dalle vicende nazionali. Molti punti di riferimento non ci sono più. A livello locale, ci siamo riuniti e siamo stati presenti.
È di poche settimane fa, però, il suo appello Facebook per parlare delle imminenti elezioni: troppo tardi?
Negli ultimi tre mesi, ogni settimana ci siamo visti all’Etna Jazz Club, messo a disposizione molto gentilmente dalla prof. Carmen Toscano. L’obiettivo era portare nomi per formare la nostra lista. Purtroppo non li abbiamo trovati. Tutti disposti a dare un sostegno, ma nessuno si è voluto spendere con il proprio nome. Consapevoli di una battaglia persa, vista la presenza di un Centrodestra molto forte con una vittoria scontata di Antonio Bonanno.
E che ragionamento è questo?
Infatti è un atteggiamento che fa cadere le braccia. La politica si fa per partecipare e dare il proprio contributo.
Anche perché si era arrivati ad ipotizzare un nome per un’eventuale candidatura a sindaco.
Era stato fatto il nome del dottor Pippo Catania: accennato soltanto in una riunione. Il progetto non è stato coltivato perché mancava il substrato fondamentale.
Non sono in pochi a ritiene che lei, in realtà, aveva già da tempo progettato l’alleanza col Pd.
Assolutamente no, nessun progetto. Anzi, c’è stato un incontro, a mia insaputa, tra M5s e Pd. Erano presenti Carmen Toscano, Rosetta Garufi e Alessandro Fallica. Un incontro nella sede del Partito Democratico.
È noto, comunque, che in Consiglio Comunale, dal Pd sono stati continui i riferimenti a prove di alleanza con il movimento, senza che lei abbia mai smentito.
Certo, ho apprezzato gli appelli del collega Alfio Distefano e mi auguravo si arrivasse ad un’alleanza. D’altra parte, la direttiva nazionale è quella di costruire alleanze per un risultato migliore.
Una volta preso atto che non vi sareste presentati, lei ha pensato di traslocare il simbolo nella lista civica di Ingiulla, che ancora veniva data distinta dal Pd.
Sì, ho parlato con Nuccio Di Paola (referente regionale dei Cinque Stelle, ndr), dicendomi che di fronte a tale volontà, era possibile realizzare l’operazione a Biancavilla.
Appunto, con il mandato di quali e quanti attivisti lei avrebbe operato in questa direzione?
Una parte non era per questa soluzione, infatti ne abbiamo preso atto. La mia richiesta, però, poneva un interrogativo: visto che non facciamo la lista, perché disperdere i nostri voti? La mia idea era quella di piazzare 2, 3 o 6 nostri attivisti nella lista civica di Andrea Ingiulla. Bisognava essere autorizzati da Roma, ma non abbiamo ricevuto risposta. A mio modo di vedere è stato un danno. Mi chiedo: quale è la funzione del Movimento Cinque Stelle a Biancavilla? Non lo so.
A quel punto, Asero, non ha pensato ad una candidatura a titolo personale nella lista di Ingiulla?
No, perché prima mi sarei dovuto dimettere ed uscire dal movimento. E io sono e resto uno dei Cinque Stelle.
Però sta fattivamente appoggiando il Pd e Andrea Ingiulla.
Ma ci mancherebbe. E sa perché? Perché, andando a scuola dove insegno, tutte le mattine vedo su un muro dell’istituto una scritta: «Chi non partecipa attivamente alla politica, attenta alla Carta Costituzionale». Firmato Piero Calamandrei.
Calamandrei di nuovo citato in queste pagine, dopo l’intervento del nostro Rosario Di Grazia a proposito del “deficit democratico” con 8 liste di Bonanno contro una di Ingiulla. Una carenza che chiama in causa non tanto l’attuale sindaco, piuttosto coloro che a lui dovrebbero opporsi. Voi in primis.
Bonanno non sta facendo male, presentandosi con 8 liste. Ci sta. Prendo solo atto che Biancavilla è un paese di Centrodestra.
Ne è proprio sicuro? Da noi intervistato, Alfio Grasso fa un’altra analisi: non c’è nessuno strapotere della destra, ma un vuoto e un menefreghismo a sinistra.
Il vuoto dipende da tutti. Ho letto l’articolo di Rosario Di Grazia sullo “squilibrio democratico” esistente. Ma oltre a denunciarlo perché, per esempio, lui non si fa avanti?
Tutti candidati, tutti consiglieri? Ognuno col proprio mestiere. Scrivere, ragionare, osservare criticamente sono comunque modalità di un impegno pubblico.
Voglio sottolineare l’importanza della partecipazione: ecco perché ammiro Andrea Ingiulla e la sua lista. Si stanno impegnando, consapevoli che la strada è tutta in salita.
Che fine farà ora il tesoretto elettorale dei Cinque Stelle? Sarà depredato o confluirà nel partito dell’astensionismo?
Penso che non ci sarà astensionismo perché le liste sono tutte strutturate. Il tesoretto dei Cinque Stelle andrà disperso, una parte nel Centrodestra e l’altra nel Pd. Il mio rammarico è proprio questo.
Se è vero che nel movimento hanno coabitato persone di diversa estrazione (da Piero Cannistraci a Carmen Toscano), è innegabile che il faro che ha orientato tutti è stata l’avversione al Pd di Glorioso e Pappalardo, alle loro politiche e alla loro gestione del potere.
Ma dobbiamo restare ancorati a quello che è successo nel passato o dobbiamo guardare oltre? Se non mi ritrovo nel Centrodestra, io devo coalizzarmi con quello che prima era il mio “nemico”. La politica è dialogo, non mondi a tenuta stagno.
Dimenticare tutto: quel che è stato è stato…
Se è necessario sì, per il bene superiore del paese. Bisogna dimenticare.
Il vostro candidato a sindaco, cinque anni fa, avendo come premessa l’amministrazione a guida Pd, criticava gli appalti ai soliti amici, gli assessori scaduti come lo yogurt, i feudi elettorali, l’affarismo per i soliti noti, sollecitava il ripristino della normalità a Biancavilla… Una pietra sopra?
Sfatiamo una cosa: la mitica giostra di Glorioso non esiste più ed è diventata la giostra di Bonanno. È cambiato qualcosa? Secondo me no: gli amici degli amici ci sono e resteranno sempre. La politica locale è questa.
Ma l’opposizione non ha prodotto, in tal senso, alcuna forte denuncia. Diciamola tutta: l’avversione martellante per Glorioso non l’avete riservata a Bonanno. Una critica interna che le viene rivolta riguarda l’opposizione timida e distratta al sindaco di Fratelli d’Italia.
Non risultano miei apprezzamenti a Bonanno. I progetti portati in Consiglio Comunale che ho ritenuto utili, li ho tutti votati, quando si trattava di progetti necessari per il nostro paese. La mia è stata un’opposizione non ostativa.
Se tutto si può rimuovere o dimenticare, ci dà una sua personale definizione della parola “coerenza”?
Per me significa raggiungere un accordo, anche con il mio nemico, purché lo si faccia nell’interesse della collettività. Non possiamo adagiarci in piedistalli per le divergenze di 5 o 10 anni fa. Bisogna ritornare sui nostri passi, fare ammenda degli errori e guardare avanti.
È la risposta più “democristiana” che potesse dare.
(Risata) Ma io lo sono, democristiano. E il mio modello è uno. È senz’altro Aldo Moro, di cui sentiamo tanto la mancanza.
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