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Cultura

Premiata la biancavillese Elena Cantarella per un saggio su Pippo Fava

Importante riconoscimento per l’artista, nota per il suo talento nella lavorazione della cartapesta

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Importante riconoscimento per l’artista biancavillese Elena Cantarella, maestra della lavorazione della cartapesta nella bottega catanese “Cartura”, fondata da Alfredo Guglielmino nel 1998.

Al Piccolo Teatro di Catania, Elena Cantarella ha ricevuto il premio storico-artistico della Fondazione Giuseppe Fava di Catania “Giovanna Berenice Mori”. Un premio intitolato alla compianta storica dell’arte e al suo appassionato lavoro di studio e ricerca dell’opera pittorica di Giuseppe Fava, giornalista ucciso dalla mafia a Catania nel 1984.

Cantarella ha vinto scrivendo un saggio dal titolo “Giuseppe Fava. Oltre il segno”. «L’arte per Fava – scrive Cantarella – è testimonianza della continuità tra la sua attività di giornalista e quella di artista, non è solo uno sfogo, ma un’ineluttabile esigenza comunicativa, espressione concreta degli aspetti più profondi della sua anima».

«Il mezzo artistico – prosegue Cantarella – realizza la sua necessità di tradurre la realtà attraverso uno strumento che rispetto alla parola possa avere un linguaggio universale, senza abbandonare la sua intimità di significato: nelle immagini, nel colore, nel segno i suoi sentimenti si mescolano con quelli degli uomini e delle donne su cui posa lo sguardo».

Ad assegnarle il premio la commissione composta dal presidente della Fondazione Fava, da un rappresentante della famiglia Fava e da due docenti dell’Accademia di belle arti di Catania.

Una lettura innovativa sull’arte di Fava

Cantarella, secondo la motivazione, ha «presentato in modo puntuale e preciso, asciutto e piano il lavoro artistico di Giuseppe Fava, coniugandolo con le principali intenzioni artistiche, antropologiche e culturali dell’autore». E ha anche intercettato «l’ironica denuncia caricaturale che Fava mette continuamente in atto» attraverso «l’introspezione, il doppio, lo studio sui volti» e promuovendo una lettura innovativa e un «valido approfondimento dell’opera faviana».

All’intermezzo musicale curato da un quartetto d’archi dell’orchestra “MusicaInsieme” di Librino è seguita la cerimonia di premiazione del concorso giornalistico Giuseppe Fava “Apri la finestra sulla tua città e raccontaci dove vedi la mafia, l’illegalità, le ingiustizie”.  Tra i vincitori di quest’ultimo concorso, una scuola del quartiere Zia Lisa di Catania, che ha realizzato una video-inchiesta molto coraggiosa, e un ragazzo di Giarre.

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Cultura

Biancavilla alle origini e Santa Caterina: a lei gli albanesi dedicarono la chiesa

Solo 70 anni dopo la venuta dei profughi, il titolo dell’edificio sacro fu dato alla Madonna dell’Elemosina

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Biancavilla e Santa Caterina d’Alessandria: un legame che ci porta alle nostre origini. Una figura di straordinaria sapienza e coraggio, il cui culto è attestato in contrada Callicari dopo l’arrivo degli albanesi. Un manoscritto del 1849 conservato nell’Archivio della Matrice attesta che, quando tra il 1480 e il 1486 la colonia di profughi fondò il nuovo insediamento sul territorio etneo, decise di erigere la prima chiesa del paese e di dedicarla proprio alla martire alessandrina: «…alzò picciola chiesa sotto titolo di S. Catarina la Martire, ove all’Immacolata Signora della Limosina Protettrice e al glorioso S. Zenone martire Greco […] avesse i rispettivi altari».

Questa scelta non fu casuale. Per quei primi abitanti, la giovane martire del IV secolo era modello di sapienza, fede salda e dignità personale: qualità capaci di accompagnare la nascita di una comunità giovane e orgogliosa delle proprie radici. Non sorprende che nei registri più antichi di Biancavilla (dal 1599 in poi) compaiano numerose donne chiamate Caterina, Catarina o Catarinella, segno di una devozione viva e diffusa.

La chiesetta originaria sorgeva probabilmente nell’area in cui oggi si trova la Cappella di San Placido, orientata verso il sorgere del sole secondo l’uso orientale. Lì i coloni albanesi celebravano la liturgia secondo il rito greco-bizantino, intonando antichi inni sacri, le cui melodie riportavano alla memoria la patria lasciata oltre il mare.

Circa settant’anni dopo la fondazione, la chiesa mutò titolo e fu dedicata alla Madonna dell’Elemosina, come chiesto nel 1552 dal cappellano Bernardino De Castelli al vescovo di Catania Nicola Maria Caracciolo. La visita pastorale del 1555 conferma che il cambio era già avvenuto. Tuttavia, il nucleo primitivo dell’attuale basilica – la maestosa Chiesa Madre che domina oggi il centro storico – nacque proprio come “chiesetta di Santa Caterina”. Un dato che conferma la profondità e l’antichità del culto della martire a Biancavilla.

La sua statua nel prosetto della basilica

Nonostante il cambio di titolazione, la memoria di Santa Caterina non è mai del tutto scomparsa. Oggi la sua immagine sopravvive in tre significative rappresentazioni. La sua statua si trova a destra del prospetto principale della Basilica (opera dell’architetto Carlo Sada), dove la Santa appare con la ruota dentata spezzata, simbolo della vittoria sulla violenza e sull’ingiustizia. Troviamo la sua immagine anche in una tela di autore ignoto, esposta nella navata sinistra della Basilica. E ancora, in una delle quattro icone del maestro Antonio Schiavone, raffigurata accanto agli altri santi tutelari della città: Placido, Zenone e Agata.

Sono presenze discrete, ma eloquenti: testimoniano come il culto di Caterina, pur trasformandosi nel tempo, continui a intrecciarsi con la storia, le architetture e la memoria religiosa di Biancavilla.

Emblema di coraggio femminile

La Chiesa ricorda Santa Caterina d’Alessandria il 25 novembre come figura di straordinaria sapienza e coraggio. Secondo la tradizione, Caterina era una giovane nobile e istruita. Rifiutò di compiere sacrifici agli dèi pagani e invitò il governatore romano a convertirsi al cristianesimo. L’uomo, affascinato dalla sua intelligenza e dalla sua bellezza, tentò di convincerla a sposarlo. Al suo rifiuto reagì con brutalità: la condannò alla tortura della ruota dentata che – narra la leggenda – si spezzò miracolosamente senza toccarla. Caterina venne infine decapitata, testimoniando con il sangue la libertà del suo pensiero e della sua fede.

In lei si intrecciano una forza morale e una dignità femminile che non si piega al sopruso. Una donna che subì violenza, ma che nel tempo è divenuta, per i cristiani, emblema di libertà interiore e lucidità spirituale. La ruota spezzata (rappresenta anche sulla facciata della basilica di Biancavilla) è il segno visibile di questa eredità: un simbolo che attraversa i secoli e che continua a parlare alla città con la stessa limpidezza delle sue origini.

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Cultura

«Il Palazzo Portale sia acquistato dal Comune per esporre gli antichi reperti»

Proposta dell’associazione “Biancavilla Documenti” indirizzata all’amministrazione Bonanno

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L’associazione culturale “Biancavilla Documenti” ha presentato una proposta al Comune affinché valuti l’acquisto del piano nobile del Palazzo Portale, attualmente messo in vendita (con il giardino) dagli eredi a 800mila euro, con l’obiettivo di destinarlo a sede museale per accogliere la collezione archeologica appartenuta al canonico Salvatore Portal (1789–1854).

La proposta è firmata dal presidente Antonio Zappalà e dal segretario Salvuccio Furnari. L’invito all’amministrazione comunale è a verificare la congruità del prezzo dell’immobile per un’eventuale acquisizione al patrimonio comunale.

Secondo l’associazione, il Palazzo Portale — edificio di alto pregio architettonico situato nella centrale piazza Roma e dotato di uno spazio verde esterno — rappresenterebbe la sede più appropriata e storicamente significativa per ospitare i reperti del celebre abate biancavillese. In passato, infatti, proprio in quell’area era stato allestito l’antico orto botanico creato dallo stesso Portal, noto non solo come ecclesiastico, ma anche come naturalista e ricercatore scientifico.

La collezione archeologica

L’intera collezione di vasi, anfore, ceramiche, terrecotte e altri reperti raccolti da Portal è, grazie alla disponibilità degli eredi, destinata a Villa delle Favare per farne il primo museo civico.

«Riteniamo che il Palazzo Portale – si legge nella nota dell’associazione – sia la sede ideale, storicamente appropriata e legata familiarmente al nostro Portal, ricercatore e scienziato. È quindi il luogo più idoneo per l’allocazione e l’allestimento di un museo che custodisca la pregiata collezione».

L’associazione sottolinea, inoltre, che è ancora in corso l’iter per il riconoscimento giuridico e la definizione delle modalità operative legate alla tutela, alla donazione e alla futura fruizione pubblica dei reperti. Con questa iniziativa, “Biancavilla Documenti” intende stimolare una riflessione sul valore culturale e identitario della figura del canonico Portal e sulla necessità di conservare e valorizzare la sua eredità in uno spazio che ne rappresenti la memoria storica e scientifica.

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