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Cultura

Fannullone, scansafatiche, dedito all’ozio… insomma, un “maccagnuni”

Da sostantivo a ‘nciuria fino a diventare cognome, le sue origini: un prestisto dal francese

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Per definire un fannullone, un poltrone, uno scansafatiche, un uomo che non ha voglia di lavorare, dedito all’ozio o a bighellonare, approfittandosi degli altri che lavorano per mantenerlo, non c’è forse modo migliore a Biancavilla che chiamarlo maccagnuni: chiḍḍu ṭṛavagghju nan ni mància mancu a bbrodu, è m-pezzu di maccagnuni! Il Vocabolario Siciliano, nel definire maccagnuni “poltrone, fannullone, di persona neghittosa e svogliata”, aggiunge i significati di a) “scroccone, crapulone”, b) “maldestro, che rivela imperizia”, c) “intrigante”, d) “stupido, imbecille” e, infine, e) “rivenditore di cavalli, di bassa lega”.

Nel suo Dizionario sentimentale della parlata siciliana (2015), s. v. maccagnùni, così scrive Gaetano Basile: «sostantivo maschile per poltrone, fannullone, bighellone. Secondo il Pasqualino [?] ci viene dal latino ganeo-onis, cioè vagabondo.  Passato a ‘nciuria, finì più tardi a cognome siciliano come Maccagnone. Divertitevi a sfogliare l’elenco telefonico».

Col significato di “scansafatiche” e/o “buono a nulla” lo troviamo usato nella letteratura ottocentesca, ad esempio in questa ottava (45) di Domenico Tempio, tratta da La maldicenza sconfitta (Cantu II):

Da stu connubiu fattu di rapina,

Non secunnu li liggi di li genti,

La Dea si nni truvau la panza china,

Chi poi a so tempu ni fu parturenti,

E fici un figghiu, e fu sta mala spina

A lu munnu chiamatu Don Fannenti:

E rinisciu stu magnu cunfaluni,

Pr’un guastari la razza, un maccagnuni.

O in questo brano in prosa di Antonio Palomes, tratto da Storia di li Nurmanni ’n Sicilia cuntata di lu Griddu (1883):

E mentri li dui Ruggieri fôru dui grann’omini, onuri di la so etati, omini di travagghiu e di attivitati, Gugghiermu fu dittu lu Malu, pri essiri statu maccagnuni e pri cunsiquenza dibbusciatu, avaru e crudili.

Non può mancare, infine, l’uso nella paremiologia, come in questo proverbio: i soddi dô pizzintuni s’i mància u maccagnuni “i beni accumulati dalle persone avare saranno goduti dai fannulloni”.

Né latino né greco, ma francese

Esclusa la derivazione dal latino maccus “fatuo, stupido” o dal greco «makkoán fatue, e stulte se gerens», a cui aveva pensato il Pasqualino (1789), la voce va correttamente considerata un prestito dal francese antico maquignon “trafficante di cavalli” e “negoziatore disonesto”. Come scrive Iride Valenti nel recente Vocabolario storico etimologico dei gallicismi nel siciliano (2022) «è il significato di “venditore di cavalli”, conservato ancora oggi nel sic., pur in assenza di attestazioni medievali, a suggerire il modello galloroman».

Anche i derivati maccagnunarìa “poltroneria”, maccagnïàrisi e maccagnunïàrisi “indugiare, venir meno a un impegno assunto” si possono confrontare con i modelli francesi maquignonnerie “maquignonnage, imposture” e maquigner “manigancer, bricoler”, “intrigare”.

Fuori dalla Sicilia il tipo lessicale è documentato nel napoletano, che ha macchignone «mezzano di cavalli, cozzone».

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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Cultura

«Il Palazzo Portale sia acquistato dal Comune per esporre gli antichi reperti»

Proposta dell’associazione “Biancavilla Documenti” indirizzata all’amministrazione Bonanno

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L’associazione culturale “Biancavilla Documenti” ha presentato una proposta al Comune affinché valuti l’acquisto del piano nobile del Palazzo Portale, attualmente messo in vendita (con il giardino) dagli eredi a 800mila euro, con l’obiettivo di destinarlo a sede museale per accogliere la collezione archeologica appartenuta al canonico Salvatore Portal (1789–1854).

La proposta è firmata dal presidente Antonio Zappalà e dal segretario Salvuccio Furnari. L’invito all’amministrazione comunale è a verificare la congruità del prezzo dell’immobile per un’eventuale acquisizione al patrimonio comunale.

Secondo l’associazione, il Palazzo Portale — edificio di alto pregio architettonico situato nella centrale piazza Roma e dotato di uno spazio verde esterno — rappresenterebbe la sede più appropriata e storicamente significativa per ospitare i reperti del celebre abate biancavillese. In passato, infatti, proprio in quell’area era stato allestito l’antico orto botanico creato dallo stesso Portal, noto non solo come ecclesiastico, ma anche come naturalista e ricercatore scientifico.

La collezione archeologica

L’intera collezione di vasi, anfore, ceramiche, terrecotte e altri reperti raccolti da Portal è, grazie alla disponibilità degli eredi, destinata a Villa delle Favare per farne il primo museo civico.

«Riteniamo che il Palazzo Portale – si legge nella nota dell’associazione – sia la sede ideale, storicamente appropriata e legata familiarmente al nostro Portal, ricercatore e scienziato. È quindi il luogo più idoneo per l’allocazione e l’allestimento di un museo che custodisca la pregiata collezione».

L’associazione sottolinea, inoltre, che è ancora in corso l’iter per il riconoscimento giuridico e la definizione delle modalità operative legate alla tutela, alla donazione e alla futura fruizione pubblica dei reperti. Con questa iniziativa, “Biancavilla Documenti” intende stimolare una riflessione sul valore culturale e identitario della figura del canonico Portal e sulla necessità di conservare e valorizzare la sua eredità in uno spazio che ne rappresenti la memoria storica e scientifica.

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Cultura

“Nella mente dei briganti”, incontro in Accademia sul libro di Filadelfio Grasso

La storia analizzata con gli strumenti della psicologia sociale nel volume “Nero su Bianco Edizioni”

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Chi furono i briganti? Uomini comuni, eroi, combattenti romantici e dai sentimenti nobili oppure uomini spietati, sanguinari e psicologicamente disturbati? Interrogativi su cui Filadelfio Grasso tenta di rispondere. Lo fa esplorando le radici del fenomeno, il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche sociali e le condizioni economiche che spinsero uomini comuni a ribellarsi contro le ingiustizie, il modo in cui erano visti dalla comunità in cui vivevano.

Ne viene fuori una ricerca affascinante, racchiusa nel volume “Nella mente dei briganti”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Il brigantaggio siciliano analizzato con la lente della psicologia sociale. Un volume presentato alla numerosa platea dell’Accademia Universitaria Biancavillese. All’intervento della presidente Rosa Lanza, si sono affiancati quella dell’editore Vittorio Fiorenza e dello psicoterapeuta Alessio Leotta, che con l’autore hanno tratteggiato uno studio che si è avvalso di un approccio scientifico inedito.

«È come se Filadelfio Grasso – ha detto Fiorenza – avesse fatto sdraiare sul lettino dello psicoterapeuta quei personaggi, sottraendoli per un attimo a un passato controverso, e li avesse fatti parlare. Non per giustificare i loro atti, ma per comprendere gli aspetti emotivi e intimamente interiori che hanno dato origine al fenomeno del brigantaggio».

Briganti, dall’Etna al Simeto

Attraverso testimonianze e documenti, l’autore ha focalizzato l’attenzione su personaggi legati a Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò, Belpasso e Centuripe. Non soltanto banditi, ma anche personalità emblematiche, travolte dalla rabbia e dalla disperazione in un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse disattese.

«Il brigantaggio post unitario – sottolinea Filadelfio Grasso – fu una forma di difesa da parte di chi vide un proprio diritto leso, calpestato. Fu una difesa da quelle che vennero considerate prevaricazioni. Ci si difese come fu possibile. La coesione, la ribellione e l’aggressività furono all’ordine del giorno. Alla scelta di conformarsi da parte di molti, si aggiunse da parte di tanti altri anche una evidente rinuncia sociale che si manifestò in una massiccia emigrazione verso terre lontane. Frustrazione, delusione e rabbia, unite al forte senso di deprivazione relativa, furono all’ origine del comportamento violento e aggressivo».

Un’opera che va oltre il freddo racconto dei fatti e che indaga il pensiero, le emozioni e le motivazioni interiori dei briganti, offrendo una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse e complesse della storia italiana.

Le socie e i soci dell’Accademia Universitaria Biancavillese hanno poi animato un vivace e articolato dibattito con interventi sulle condizioni della Sicilia pre e postunitarie, sul ruolo di Garibaldi e dei Mille, sulle condizioni che il nuovo Regno impose alle popolazioni meridionali, sulla mancata suddivisione delle terre, sul clima di delusione per le speranze represse. Un contesto che ha generato quegli uomini, appellati “briganti”, che hanno preferito darsi alla macchia.

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