Cultura
Cambiano i tempi: ecco come ripensare alle feste dei santi patroni

Un momento dell’incontro al circolo Castriota. Da sinistra, Nino Milazzo, Alessandro Scaccianoce, Antonio Arena e Nino Distefano
Le feste dei santi patroni a Biancavilla, in un confronto tra passato e presente, per analizzarne l’evoluzione storico-sociologica, e guardare al futuro, per capire in che modo concepire, organizzare e promuovere le manifestazioni, in linea con i cambiamenti dei tempi. Una tavola rotonda, ospitata al Circolo Castriota, sull’interrogativo “Come cambiano le feste?”, e voluta dalle associazioni “Maria Ss. dell’Elemosina” e “Symmachia”. A prenderne parte, il giornalista Nino Milazzo, storico collaboratore di Enzo Biagi, e il prof. Antonio Arena, insegnante di religione e consigliere comunale di Paternò, oltre a Pippo Ventura e al prof. Nino Distefano, cultori di storia e tradizioni biancavillesi.
I saluti sono stati affidati al presidente del circolo, Pippo Catania, che ha sottolineato l’importanza di recuperare e riscoprire l’identità sopita delle feste patronali, quale occasione di incontro e di socializzazione. Quindi il moderatore dell’incontro, Alessandro Scaccianoce, ha aperto la conversazione, illustrando il senso dell’iniziativa, finalizzata a ritrovare nuovo slancio e a creare nuovo coinvolgimento sociale attorno alle festività ottobrine, spesso relegate a scelte unilaterali degli amministratori di turno.
Incalzato dalle domande del moderatore, Milazzo è intervenuto evidenziando i limiti e le degenerazioni di certe manifestazioni patronali (richiamando anche alcuni aspetti della festa di Sant’Agata a Catania) e ha invitato a un superamento della mentalità baronale e pesudo-feudale che spesso caratterizza il vivere sociale dei siciliani: «Non possiamo essere orgogliosi – ha detto Milazzo – del fatto che Biancavilla abbia il più alto numero di laureati in provincia di Catania, se poi non siamo in grado di valorizzare queste risorse, costrette ad emigrare in cerca di fortuna. La festa deve valorizzare il meglio delle risorse locali. Solo così potrà avere un futuro la festa e la città».
Nel suo intervento, il prof. Arena ha richiamato il «Direttorio sulla pietà popolare», che illustra gli aspetti sociologici della festa, come tempo fondamentale per l’uomo, segnato dal riposo, dalla gratuità e dalla cura degli affetti. Egli, che in veste di amministratore ha collaborato più volte all’organizzazione della festa di Santa Barbara a Paternò, ha formulato anche alcune proposte circa il futuro delle feste: «Dovremmo avere il coraggio – ha detto Arena – di scelte significative, come la rinuncia ai fuochi o l’attenzione a situazioni di difficoltà e bisogno. Dobbiamo recuperare un afflato religioso più autentico senza cedere alla tentazione oggi molto diffusa di separare la fede dalla vita. D’altra parte bisogna anche promuovere sempre più la conoscenza di queste manifestazioni anche oltre l’ambito locale, come occasione di crescita e promozione del territorio».
Pippo Ventura ha ricordato alcuni aspetti caratteristici delle lontane edizioni della festa di San Placido e ha provocatoriamente concluso: «Oggi le feste patronali sono diventate quasi superflue. I ragazzi ogni giorno hanno un motivo per festeggiare».
Il prof. Distefano ha citato invece alcuni documenti dell’Archivio della Matrice in cui è raccontato lo svolgimento delle feste patronali alla fine dell’800. «Con il boom economico degli anni 50 – ha detto Distefano – è cambiato lo stile di vita dei biancavillesi. Questo mutamento si è riflesso anche nella festa di San Placido, ad esempio con la radicale trasformazione della fiera». A conclusione del suo intervento, Distefano ha letto una poesia del poeta biancavillese Benina che descrive l’aria di festa che si respirava nell’ottobre del 1985.
Il prevosto Don Pino Salerno ha chiuso la serata con una riflessione sulla necessità di coinvolgere per le feste patronali tutte le realtà civili e religiose, proponendo l’istituzione di un comitato civico che possa esprimere l’opinione della gente in merito all’organizzazione di un evento che non può più essere considerato solo come “a festa do sinnicu”.
La crisi economica e la crisi di valori hanno cambiato notevolmente le feste e le stanno trasformando sempre più. Un tempo attese con trepidazione, oggi svalutate dalle tante occasioni di incontro. Eppure bisogna ritrovare il senso e la dimensione sempre attuale delle feste, momento imprescindibile per la vita del singolo cittadino e della comunità tutta, che in esse esprime la sua identità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cultura
Biancavilla alle origini e Santa Caterina: a lei gli albanesi dedicarono la chiesa
Solo 70 anni dopo la venuta dei profughi, il titolo dell’edificio sacro fu dato alla Madonna dell’Elemosina
Biancavilla e Santa Caterina d’Alessandria: un legame che ci porta alle nostre origini. Una figura di straordinaria sapienza e coraggio, il cui culto è attestato in contrada Callicari dopo l’arrivo degli albanesi. Un manoscritto del 1849 conservato nell’Archivio della Matrice attesta che, quando tra il 1480 e il 1486 la colonia di profughi fondò il nuovo insediamento sul territorio etneo, decise di erigere la prima chiesa del paese e di dedicarla proprio alla martire alessandrina: «…alzò picciola chiesa sotto titolo di S. Catarina la Martire, ove all’Immacolata Signora della Limosina Protettrice e al glorioso S. Zenone martire Greco […] avesse i rispettivi altari».
Questa scelta non fu casuale. Per quei primi abitanti, la giovane martire del IV secolo era modello di sapienza, fede salda e dignità personale: qualità capaci di accompagnare la nascita di una comunità giovane e orgogliosa delle proprie radici. Non sorprende che nei registri più antichi di Biancavilla (dal 1599 in poi) compaiano numerose donne chiamate Caterina, Catarina o Catarinella, segno di una devozione viva e diffusa.
La chiesetta originaria sorgeva probabilmente nell’area in cui oggi si trova la Cappella di San Placido, orientata verso il sorgere del sole secondo l’uso orientale. Lì i coloni albanesi celebravano la liturgia secondo il rito greco-bizantino, intonando antichi inni sacri, le cui melodie riportavano alla memoria la patria lasciata oltre il mare.
Circa settant’anni dopo la fondazione, la chiesa mutò titolo e fu dedicata alla Madonna dell’Elemosina, come chiesto nel 1552 dal cappellano Bernardino De Castelli al vescovo di Catania Nicola Maria Caracciolo. La visita pastorale del 1555 conferma che il cambio era già avvenuto. Tuttavia, il nucleo primitivo dell’attuale basilica – la maestosa Chiesa Madre che domina oggi il centro storico – nacque proprio come “chiesetta di Santa Caterina”. Un dato che conferma la profondità e l’antichità del culto della martire a Biancavilla.
La sua statua nel prosetto della basilica
Nonostante il cambio di titolazione, la memoria di Santa Caterina non è mai del tutto scomparsa. Oggi la sua immagine sopravvive in tre significative rappresentazioni. La sua statua si trova a destra del prospetto principale della Basilica (opera dell’architetto Carlo Sada), dove la Santa appare con la ruota dentata spezzata, simbolo della vittoria sulla violenza e sull’ingiustizia. Troviamo la sua immagine anche in una tela di autore ignoto, esposta nella navata sinistra della Basilica. E ancora, in una delle quattro icone del maestro Antonio Schiavone, raffigurata accanto agli altri santi tutelari della città: Placido, Zenone e Agata.
Sono presenze discrete, ma eloquenti: testimoniano come il culto di Caterina, pur trasformandosi nel tempo, continui a intrecciarsi con la storia, le architetture e la memoria religiosa di Biancavilla.
Emblema di coraggio femminile
La Chiesa ricorda Santa Caterina d’Alessandria il 25 novembre come figura di straordinaria sapienza e coraggio. Secondo la tradizione, Caterina era una giovane nobile e istruita. Rifiutò di compiere sacrifici agli dèi pagani e invitò il governatore romano a convertirsi al cristianesimo. L’uomo, affascinato dalla sua intelligenza e dalla sua bellezza, tentò di convincerla a sposarlo. Al suo rifiuto reagì con brutalità: la condannò alla tortura della ruota dentata che – narra la leggenda – si spezzò miracolosamente senza toccarla. Caterina venne infine decapitata, testimoniando con il sangue la libertà del suo pensiero e della sua fede.
In lei si intrecciano una forza morale e una dignità femminile che non si piega al sopruso. Una donna che subì violenza, ma che nel tempo è divenuta, per i cristiani, emblema di libertà interiore e lucidità spirituale. La ruota spezzata (rappresenta anche sulla facciata della basilica di Biancavilla) è il segno visibile di questa eredità: un simbolo che attraversa i secoli e che continua a parlare alla città con la stessa limpidezza delle sue origini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cultura
«Il Palazzo Portale sia acquistato dal Comune per esporre gli antichi reperti»
Proposta dell’associazione “Biancavilla Documenti” indirizzata all’amministrazione Bonanno
L’associazione culturale “Biancavilla Documenti” ha presentato una proposta al Comune affinché valuti l’acquisto del piano nobile del Palazzo Portale, attualmente messo in vendita (con il giardino) dagli eredi a 800mila euro, con l’obiettivo di destinarlo a sede museale per accogliere la collezione archeologica appartenuta al canonico Salvatore Portal (1789–1854).
La proposta è firmata dal presidente Antonio Zappalà e dal segretario Salvuccio Furnari. L’invito all’amministrazione comunale è a verificare la congruità del prezzo dell’immobile per un’eventuale acquisizione al patrimonio comunale.
Secondo l’associazione, il Palazzo Portale — edificio di alto pregio architettonico situato nella centrale piazza Roma e dotato di uno spazio verde esterno — rappresenterebbe la sede più appropriata e storicamente significativa per ospitare i reperti del celebre abate biancavillese. In passato, infatti, proprio in quell’area era stato allestito l’antico orto botanico creato dallo stesso Portal, noto non solo come ecclesiastico, ma anche come naturalista e ricercatore scientifico.
La collezione archeologica
L’intera collezione di vasi, anfore, ceramiche, terrecotte e altri reperti raccolti da Portal è, grazie alla disponibilità degli eredi, destinata a Villa delle Favare per farne il primo museo civico.
«Riteniamo che il Palazzo Portale – si legge nella nota dell’associazione – sia la sede ideale, storicamente appropriata e legata familiarmente al nostro Portal, ricercatore e scienziato. È quindi il luogo più idoneo per l’allocazione e l’allestimento di un museo che custodisca la pregiata collezione».
L’associazione sottolinea, inoltre, che è ancora in corso l’iter per il riconoscimento giuridico e la definizione delle modalità operative legate alla tutela, alla donazione e alla futura fruizione pubblica dei reperti. Con questa iniziativa, “Biancavilla Documenti” intende stimolare una riflessione sul valore culturale e identitario della figura del canonico Portal e sulla necessità di conservare e valorizzare la sua eredità in uno spazio che ne rappresenti la memoria storica e scientifica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
-
Storie1 settimana agoBiancavilla, novembre 1957: cronaca di quel duplice femminicidio alla stazione
-
Cronaca3 settimane agoDalla Calabria diretto a Biancavilla con 8 kg di cocaina pura: 30enne arrestato
-
Cronaca3 giorni agoOmicidio Andolfi, per il giudice fu legittima difesa: 6 anni a Santangelo
-
Storie3 settimane agoQuel “giorno da cani” a Biancavilla: 50 anni fa l’assalto alla Banca di Credito




