Storie
Il nobile gesto di Vincenzina Zagarella: esempio di civiltà e solidarietà umana
Quinto caso di donazione di organi a Biancavilla: un altro nome si aggiunge alla lapide commemorativa

di Vittorio Fiorenza
L’elenco dei donatori di organi si allunga a Biancavilla. Un altro nome si aggiunge a quello di coloro che hanno dato speranza, con un atto di generosità e straordinario altruismo, a persone bisognose di un trapianto.
Vincenzina Zagarella aveva 60 anni, conosciuta e stimata a Biancavilla. Colpita improvvisamente da emorragia cerebrale, prima è stata ricoverata all’ospedale “Maria Santissima Addolorata” e poi al Policlinico di Catania. Essendo non sposata, una volta appurata la morte cerebrale (dopo un rigoroso protocollo), sono stati le tre sorelle e i quattro fratelli a dare l’assenso all’espianto.
Il gesto della signora Zagarella ha permesso di salvare o dare una migliore condizione di vita a tre persone che erano in lista d’attesa per un trapianto: un 50enne della provincia di Palermo (attraverso l’Arnas “Civico”) e due donne catanesi di 47 e 50 anni (attraverso l’Ismett di Palermo). Le cornee donate e trasportate alla “Banca degli occhi”. Dal Centro regionale trapianti, la coordinatrice Bruna Piazza aveva ringraziato i familiari per la «generosa manifestazione di solidarietà».
La morte della signora Zagarella è avvenuta nel luglio del 2018, ma la vicenda viene rievocata adesso da Biancavilla Oggi perché il Comune, su disposizione data dal primo cittadino, sta provvedendo ad aggiungere il suo nome sulla targa commemorativa dei donatori di organi, che è stata apposta sulla facciata esterna della cappella comunale, lo scorso novembre, su decisione dell’amministrazione Bonanno.
Oltre a Vincenzina Zagarella, i biancavillesi donatori di organi sono stati Antonino Castro (nel 1996), Maria Pastanella (2001), Salvo Rubino (2009) e Rosina Patti (2016). Alla loro memoria è intitolata la cappella comunale, costruita ai tempi dell’amministrazione Manna. Storie accomunate dall’intento altruistico, che ha trasformato tragedie familiari in azioni di solidarietà umana di alto valore civico perché siano d’esempio e contribuiscano alla promozione della cultura della donazione.
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Storie
Fu esponente Dc e direttore dell’Ufficio Postale: è morto a 90 anni Alfio Lanaia
Il sindaco Bonanno: «Biancavilla perde una figura perbene, coerente nei valori e attenta alla nostra città»

È morto all’età di 90 anni, Alfio Lanaia. Nome e volto molto noti a Biancavilla per i ruoli pubblici che ha assunto sia in ambito politico che professionale. Esponente della Democrazia Cristiana, fu più volte consigliere comunale. Carica ricoperta dalla fine degli anni ’80 fino alla prima metà degli anni ’90, prima dell’era dell’elezione diretta dei sindaci. In anni successivi, fu anche segretario della Margherita, formazione moderata dello schieramento del Centrosinistra.
Lanaia fu per tanti anni direttore dell’Ufficio Postale di Biancavilla, ruolo che più di ogni altro gli ha permesso di essere a contatto quotidiano con i biancavillesi, che lo apprezzavano per i suoi modi e la sua disponibilità.
Il cordoglio del sindaco Bonanno
Sentimenti di cui si fa interprete il sindaco Antonio Bonanno, nel suo messaggio di cordoglio rivolto alla famiglia: «Per tutta la vita, si è speso con passione e senso civico per la nostra comunità. Lanaia è stato un cittadino esemplare, sempre pronto a mettere la sua esperienza e il suo impegno al servizio del bene comune».
E poi i ricordi personali del primo cittadino: «Lo conoscevo da tanti anni e l’ho sempre apprezzato sul piano umano: per la sua gentilezza, il rispetto verso gli altri, la sobrietà nei toni e nei modi, la disponibilità all’ascolto. Ho sempre stimato il suo modo garbato e deciso di contribuire alla crescita della città con idee, proposte e partecipazione attiva».
«Biancavilla – sottolinea il sindaco – perde una figura perbene, coerente nei valori e attenta al destino della nostra comunità». I funerali sono stati fissati nella parrocchia di San Salvatore, alle ore 16 del 4 settembre.
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Storie
Il dott. Alessio Leotta: «Possessioni demoniache? No, psicopatologie»
Studio condotto dal professionista biancavillese: l’importanza di affidarsi agli psicoterapeuti

La possessione demoniaca: un disturbo psicopatologico, un fenomeno culturale o entrambi? Su questo interrogativo uno studio è stato condotto dal dott. Alessio Leotta, psicologo e psicoterapeuta di Biancavilla e ipnotista della scuola di Milton Erickson. L’indagine, nell’ambito del master in “Psicodiagnostica clinica e forense”, ha riguardato aspetti patologici che si intrecciano a credenze, alimentate ancora oggi anche dalle autorità religiose.
Biancavilla è meta di persone provenienti da tutta la Sicilia, convinte di essere possedute da forze demoniache o vittime di malefici. Nella chiesa “Tutte grazie”, per scelta ecclesiastica, si svolgono preghiere di liberazione e, in alcuni casi, rituali di esorcismo. Così, centinaia di persone obiettivamente bisognose di cure si affidano al sacerdote e non allo psicoterapeuta.
«Nella mia tesi – spiega il dott. Alessio Leotta – ho cercato di chiarire i legami tra possessione diabolica e psicopatologia. Ho messo in luce come la possessione possa diventare un modo per spiegare il proprio disagio, deresponsabilizzandosi. Quando la sofferenza è insopportabile o socialmente inaccettabile, il soggetto può trovare una spiegazione nella presenza di un “demone”, attribuendogli la causa del suo male. È un comportamento che trasforma il dolore interiore in qualcosa di esterno, per trovare un senso e, spesso, anche una forma di sollievo o di accoglienza sociale».
Lo psicoterapeuta biancavillese ha seguito due casi clinici: due donne (non biancavillesi) che presentavano “sintomi” attribuiti da loro stesse alla cosiddetta “possessione diabolica”. In entrambi i casi, in realtà, un esame psicodiagnostico approfondito ha mostrato la presenza di disturbi dissociativi e tratti isterici, spesso legati a traumi o a condizioni di stress estremo. «Sono casi – spiega il dott. Leotta con il dovuto approccio scientifico – dimostrano come la “possessione” possa mascherare problematiche psicologiche profonde, e quanto sia importante non fermarsi all’apparenza, ma indagare più a fondo per aiutare davvero la persona».
Lo studio evidenzia, quindi, come la “possessione diabolica” si collochi su un continuum fra cultura e patologia. «Non possiamo pensare – sottolinea lo psicoterapeuta – di risolvere il fenomeno semplicemente, bollando tutto come superstizione, ma non possiamo nemmeno ignorare il rischio di trascurare quadri clinici seri. Attraverso la condizione di “possessione”, il soggetto comunica il suo dolore, i suoi conflitti, le sue paure».
Per affrontare situazioni di questo tipo occorrono un approccio multidisciplinare e un lungo percorso di terapia. Arrivare alla consapevolezza di affidarsi a un professionista è il primo, difficilissimo passo. Senza il quale, la patologia resta lì e, anzi, viene alimentata e aggravata da residuati culturali fuori dal tempo. Un loop da interrompere.
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