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La comunità “Sentiero speranza” apre le proprie porte al territorio

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© Foto Biancavilla Oggi

Open Day per la comunità “Sentiero Speranza” che da oltre trent’anni si occupa del recupero dalle tossicodipendenze patologiche. Nel corso della giornata, in cui la struttura di contrada “Croce al vallone” ha aperto le proprie porte per fare conoscere le attività che si svolgono e l’ambiente in cui ogni giorno convivono ospiti ed operatori, anche Biancavilla Oggi ha voluto esserci e portare il proprio saluto.

La comunità è cresciuta negli anni ed accoglie attualmente 37 pazienti. Un numero considerevole che fa della struttura (inglobata in quella Opera “Cenacolo Cristo Re” fondata da mons. Giosuè Calaciura), la più grande tra le tre presenti in tutta la provincia di Catania (le altre sono a Giarre e a Caltagirone) per il recupero dei tossicodipendenti. Nonostante le dimensioni, la comunità biancavillese riesce a conservare e garantire un piacevole ambiente e clima familiare.

Diverse le dipendenze da cui gli ospiti cercano di liberarsi. Cocaina ed eroina, in primis. Ma anche alcol e, sempre più frequenti, gioco d’azzardo e ludopatie varie. Si segue un programma, ci sono anche percorsi personalizzati, che possono variare nella durata dai 6 ai 18 mesi, durante i quali si lavora per ritornare alla “normalità”, grazie all’aiuto dei migliori specialisti.

«In questa giornata abbiamo voluto fare vedere alla cittadinanza – spiega la dott. Maria Teresa Furnari, una delle responsabili della struttura – che la comunità non è un ghetto o un ospedale, ma un luogo di cura e di crescita. Ogni anno cercheremo di ripetere questo tipo di esperienza per eliminare questo stereotipo che a noi non piace».

All’interno della comunità, ogni ospite ha sempre degli impegni: incontri tematici, attività del tempo libero, cucina, economia domestica, allevamento di piccoli animali, orticoltura, olivicoltura e altre attività connesse con la “pedagogia della terra”.

Sono stati gli stessi ospiti della comunità, per esempio, ad accogliere e a preparare alcuni dolci e piccole icone artigianali da dare in omaggio ai visitatori (anche rappresentanti istituzionali) per questo “open day”.

Non ha fatto mancare la sua presenza padre Pino Salerno, nel suo ruolo di presidente dell’Opera Cenacolo Cristo Re.

«Abbiamo la gioia di celebrare 30 anni di presenza nel territorio – sottolinea padre Pino– e guardiamo anche le nuove povertà di questo secolo. La tossicodipendenza, l’alcol e le patologie legate al gioco, sono oggi devianze di sofferenza. È bello che come struttura possiamo dare una risposta d’aiuto. Restituire la dignità all’essere umano è il nostro impegno primario. Bello pure che questo impegno sia accompagnato dalla vocazione principale di questa struttura, quella di vivere come gesto della Chiesa (che ha voluto non a caso un sacerdote a capo di questa realtà), con la carità e l’etica del Vangelo. La misericordia del Signore –conclude padre Pino– si mostra anche in questo servizio. Chiaramente la comunità oggi si adegua alle esigenze terapeutiche nazionali e internazionali, ma teniamo sempre conto che alla base delle terapie c’è la dignità dell’uomo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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In città

La voce potente e mediterranea di Rita Botto all’Etna SoudSet di Biancavilla

Nuovo appuntamento con la rassegna alle Vigne: un’altra artista d’eccezione all’ombra del Vulcano

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© Foto di FrameOFF / Noto

È la serata di Rita Botto all’Etna SoudSet, rassegna di musica di qualità nel contesto delle Vigne di Biancavilla, sulla Sp 158 di contrada Argentieri. L’appuntamento del 2 agosto, alle ore 22, è con la cantante siciliana. Assieme a lei, Carlo Cattano al sax, Maurizio Diara alla chitarra, Giovanni Arema al contrabbasso, Ruggero Rotolo alla batteria.

Rita Botto è una cantante che trova nella sua Sicilia l’energia di riprendere le radici sonore che oggi sono tornate di attualità. È la voce della donna mediterranea a raccontare storie e sentimenti di un’antica terra. Artista versatile, autodidatta, la cui principale dote è la comunicatività, vanta una voce mediterranea potente, duttile, ma anche ironica.

Nata nella barocca Catania, musicalmente esordisce a Bologna, un vero trampolino di lancio per il suo futuro artistico, dove abbraccia stili e repertori che vanno dalla musica leggera italiana a quella brasiliana, passando per i registri afroamericani del blues e del jazz.

Soltanto più tardi scopre il desiderio di dare voce ai suoni della propria lingua, il siciliano. Il calore del timbro della voce, la passionalità, quella sua maniera di mettere in scena una certa espressività teatralmente mediterranea, calzano a pennello per l’inizio di questa nuova esperienza che riguarda la canzone popolare siciliana.

Inizia così l’attività concertistica. Il 2004 è l’anno della prima tournée internazionale, ma soprattutto l’anno del vero esordio discografico con Stranizza d’amuri. Tra gli incontri artistici più significativi, quello con Carmen Consoli, i Lautari e Alfio Antico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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In città

Turi Ventura, a vent’anni dalla morte un film ricorda l’attore dei “Quattro Soldi”

La commozione della figlia Veronica: «Ci ha lasciato una grande eredità umana, affettiva e artistica»

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Vent’anni fa usciva di scena Turi Ventura, l’attore biancavillese della compagnia “Quattro soldi”, interprete di diverse commedie dialettali di successo. Era il 2005: non era la conclusione di una rappresentazione teatrale, ma la fine prematura e improvvisa della sua vita. Aveva 46 anni, lasciava la moglie Anna Maria Messina e i figli Veronica, Jessica e Puccio. Sono loro, oggi, a rendergli omaggio.

Lo fanno, promuovendo, con la compagnia “Quattro soldi”, il film amatoriale “Dan Savvaturi u braccianti, la vendetta”. Proiezione in programma il 2 agosto, alle ore 20.30, a Villa delle Favare, messa a disposizione del Comune, a ingresso libero. È una sorta di continuo del precedente film, realizzato sei anni fa, sempre dalla compagnia “Quattro soldi”. Per l’occasione sarà proiettato anche un contributo video che sintetizza la vita artistica di Turi Ventura.

Questo nuovo film è stato possibile grazie alla collaborazione tra la famiglia Ventura e la famiglia di Vincenzo Portale, cameraman e amico autentico di Turi, che lo ha seguito in tutto il suo percorso teatrale. È stata la figlia, Jessica Portale, ad avere avuto l’idea di sistemare un copione e realizzare il film, poi scritto e riadattato assieme ai figli di Turi. Un’opera realizzata da autodidatti, ma con cuore sincero e intrisa di profondo affetto.

«Quella di Villa delle Favare vuole essere una proiezione in memoria di mio padre, che giorno 4 agosto compie vent’anni dalla sua scomparsa. La sua morte – dice a Biancavilla Oggi Veronica Ventura – ha segnato tanto dolore nella cittadinanza. Papà è ricordato da tutti: da noi figli, da mia madre e da qualsiasi persona in paese. Questa occasione vuole essere un ricordo non solo della mia famiglia, ma di tutta Biancavilla».

«Abbiamo ricevuto da Turi Ventura – sottolinea con commozione Veronica – una grande eredità umana e affettiva e una straordinaria dote artistica, soprattutto Puccio, veramente un degno erede di mio padre. Il suo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori e in quello dei biancavillesi, i quali ce lo testimoniano continuamente».

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