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L'Intervista

Pilar Castiglia: «La nostra battaglia di civiltà contro la violenza sulle donne»

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L’avv. Pilar Castiglia, presidente del centro antiviolenza “Calipso”

Il presidente del centro Calipso: «Operiamo senza un centesimo né una sede adeguata. Ci accusano di fare le “sfascia famiglie”, in realtà cerchiamo di liberare le donne dalla violenza e di sganciarle dal vincolo psicologico che spesso le fa tornare dai loro aguzzini». 

di Vittorio Fiorenza

Centinaia di telefonate e segnalazioni. Di queste, al centro “Calipso” di Biancavilla, specializzato nell’assistenza legale e psicologica alle donne vittime di violenza, in 32 mesi di attività, 22 sono culminate in interventi con denunce, supporto terapeutico e veri e propri rifugi in case protette.

Un centro antiviolenza che opera nel territorio, senza contributi, senza aiuti economici, senza una sede adeguata. Tutte le attività si svolgono con spirito di volontariato, come spiega in questa intervista a Biancavilla Oggi, l’avv. Pilar Castiglia, presidente dell’associazione, che aderisce alla Rete dei centri antiviolenza di Raffaella Mauceri.

Un’attività che si regge anche sul lavoro delle psicologhe Sonya Terranova, Laura Mirona e Maria Teresa Furnari, della pedagogista Barbara Pulvirenti, della criminologa Laura Ricceri, della pedagogista clinica Teresa D’Agate, e di Silvia Musarra e Concetta Petralia. Tutte impegnate a fare emergere storie di violenza e maltrattamenti (in quest’altro articolo soltanto alcune di quelle seguite da Calipso).

Avv. Castiglia, che spaccato sociale emerge della realtà biancavillese?
Anche a Biancavilla, la violenza sulle donne non risparmia nessun ceto sociale, economico o culturale. Le donne che si sono rivolte a noi sono casalinghe, impiegate, laureate. Analogo discorso per i maltrattanti, che sono operai o anche professionisti.

Un tempo, nelle realtà di provincia, i casi di violenza sulle donne si associavano ad ambienti degradati: un luogo comune.
Il nostro dato è che denunciano di più le donne appartenenti a famiglie “sfortunate”. Nei piani alti c’è più vergogna e si ha più paura del giudizio sociale. Nelle famiglie “abbienti”, quindi, paradossalmente si subisce di più e si denuncia di meno.

Prima della nascita di Calipso, a Biancavilla e nel nostro comprensorio sembrava che il fenomeno non esistesse proprio. Voi avete svelato una drammatica realtà.
Il fenomeno è sempre esistito. Prima dell’attività di Calipso se ne parlava di meno, si faceva meno sensibilizzazione. Probabilmente le donne, ascoltando le nostre parole e i nostri interventi pubblici, si sentono più fiduciose e denunciano. I risultati ci sono, come il recente caso di rinvio a giudizio di un 35enne biancavillese per maltrattamento e stalking. Le donne, cioè, cominciano a credere alla possibilità di uscire da un tunnel. Prima sembrava un’impresa impossibile, anche in considerazione del fatto che nel nostro contesto le vittime si ritrovano spesso anche senza lavoro e questo le condiziona.

Da considerare che bisogna superare anche un meccanismo psicologico tipico delle vittime.
Le vittime sono spesso dipendenti dal maltrattante. Scatta una vera e propria sindrome di Stoccolma. Se la vittima non viene “sganciata” (e in questo intervengono le psicologhe di Calipso), è inutile spingerla alla denuncia. È necessario che la donna sia consapevole e convinta a spezzare quel vincolo emotivo che la lega al maltrattante.

E capita che le vittime tornino dai loro carnefici.
Capita spesso, purtroppo, che donne vittime di violenza si rivolgano a noi e poi ritornino sui loro passi. Una donna di Biancavilla, per esempio, ci ha riferito di avere subito violenza, anche di natura sessuale, anche sui figli. Ebbene, era arrivata al punto di portarci i documenti per la querela e per la separazione, quando all’improvviso ci ha comunicato di averci ripensato perché il marito era “cambiato”… Un’altra nostra utente di Adrano sembra sia tornata col marito, poco prima della celebrazione dell’udienza, nonostante i maltrattamenti che ha subito.

Un’attività, la vostra, evidentemente non gradita da mariti e padri violenti, ma anche da una certa filosofia maschilista. È vero che vi accusano di essere delle “sfascia famiglie”?
Sì, certo: per alcuni siamo delle sfascia famiglie, ci accusano di avercela con gli uomini e di spingere le donne a denunciare. Dobbiamo sfatare queste dicerie di comodo. Non siamo contro gli uomini, ma contro gli uomini violenti. Non sfasciamo famiglie e non spingiamo nessuno a denunciare. Solo la donna può farlo e soltanto quando arriva alla piena consapevolezza della sua condizione.

Come si sostiene il centro Calipso?
(risata) Il bilancio di “Calipso” fa pena: non ha finanziamenti, la sede è nel mio studio a Biancavilla e, a Catania, nello studio della dott.ssa Terranova, nostra socia fondatrice e psicologa. Ci autotassiamo, abbiamo una quota annuale. Una volta abbiamo organizzato la vendita di braccialetti, ricavando 300 euro.

Nessun contributo nemmeno da parte delle vittime che assistete?
No, lo facciamo a titolo di volontariato, come prevede il nostro statuto.

Ma il Comune non si era impegnato a fornirvi una sede?
La sede era stata individuata presso Villa delle Favare. Però c’era acqua, umidità, nessun mobile. Non c’erano i requisiti minimi.

Rispetto alle vostre battaglie, come giudicate le politiche comunali?
Il Comune, come altre istituzioni, non può fermarsi al corteo contro la violenza sulle donne. Bisogna operare a livello di prevenzione, organizzando corsi, diffondendo un messaggio di parità, per esempio. La nostra politica, invece, esprime altro: soltanto tre donne su venti consiglieri comunali. Un dato emblematico. È importante, invece, fare una vera politica di integrazione tra uomini e donne, altro che iniziative superficiali.

Il corteo rischia di ridursi ad una passerella a favore di telecamera?
Lo vedremo. Bisogna valutare cosa succede dopo. Se ci sarà un seguito significa che è stato l’inizio di un nuovo percorso. In tal caso, noi di Calipso saremo ben contente, a prescindere da qualsiasi aspetto politico perché il nostro centro –lo sottolineiamo– è apolitico e apartitico. La battaglia contro la violenza sulle donne non è né di destra né di sinistra.

La vostra battaglia è fatta di iniziative simboliche, ma ha anche bisogno di concretezza. Il Comune come può essere utile?
Per esempio, potrebbe aiutarci a farci rapportare con le scuole o nella formazione di operatrici di centri antiviolenza, che adesso si fa solo a Siracusa. Avremmo bisogno senz’altro di maggiore personale. Il Comune potrebbe farsi carico dell’assistenza legale, favorendo un primo incoraggiamento per le vittime. Oppure potrebbe aiutarci con un semplice contributo per fare dei volantini.

Voi l’avete mai chiesto?
No, in effetti, non l’abbiamo chiesto. Il fatto è che siccome l’assegnazione della sede non è andata come noi speravamo ed essendo sganciate da ogni meccanismo politico, ci siamo scocciate e abbiamo fatto tutto da noi.

A proposito di concretezza, è possibile pensare alla costituzione di parte civile del Comune in casi di violenza ai danni di donne di Biancavilla?
Nei casi in cui fosse tecnicamente e giuridicamente possibile, certamente è da valutare come possibilità. Significherebbe che l’amministrazione comunale, al di là dei cortei, crede a quella che è una battaglia di civiltà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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M5s assente e il tesoretto elettorale da spartire, Asero: «Ecco cos’è accaduto»

Il portavoce sotto torchio: retroscena di un dramma esistenziale e del clamoroso forfait alle Amministrative

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© Foto Biancavilla Oggi

Cinque anni fa, le premesse c’erano tutte. Per la prima volta, il Movimento 5 Stelle faceva il suo ingresso al Consiglio Comunale di Biancavilla. Collocato tra i banchi della minoranza. Il Pd era un immenso deserto di sabbia. Dino Asero, il consigliere pentastellato eletto, aveva davanti a sé una spianata in cui sbizzarrirsi a fare opposizione al sindaco Antonio Bonanno. Sarebbe stata l’unica voce, rispetto ad un Partito Democratico ridotto in cenere. L’esclusiva prospettiva possibile, per i 5s, sarebbe stata l’allargamento del consenso e della popolarità. Per arrivare alla scadenza del mandato in una posizione dominante e dettare la linea, perfino ai Dem (in gravissimo affanno, come diagnosticato dalle recenti elezioni, sia le Politiche che le Regionali).

Invece? Invece, la competizione elettorale per le Amministrative vede l’assenza vistosissima dei 5 Stelle e di un proprio candidato sindaco (dopo le precedenti esperienze con Carmelo Petralia e Marco Vinicio Mastrocola). È uno sciogliete le righe. La fine di una storia cominciata oltre dieci anni fa, in quel Cine Trinacria. Lì alcuni ingenui, lunatici ed emeriti sconosciuti si presentarono come pungolo dei “politici di mestiere”. E inaugurarono un linguaggio, un modo, un approccio inediti a Biancavilla. Il loro clamoroso forfait a queste Amministrative? Un’incredibile opera ingegneristica di demolizione e dissoluzione di un prezioso patrimonio politico.

Consigliere Asero, lei è stato l’unico rappresentante istituzionale (portavoce, come dite voi) del M5s a Biancavilla: assume su di sé la responsabilità di questo tragico epilogo?

No, non me la sento di assumerla in toto. Sarebbe stata mia responsabilità se mi fossi staccato totalmente dal Movimento 5 Stelle. Io, invece, dichiaro pubblicamente che è stato tenuto un atteggiamento tale per silurarmi.

Lei, “capo” di fatto del movimento, prende le sembianze della vittima?

Io aderii nel 2018 ad un movimento già organizzato, perché esistente da oltre 5 anni. Mi fu chiesto di partecipare alla competizione elettorale. Una proposta tattica: si voleva riempire un contenitore e si pensava che io dovessi fare solo il portatore di voti. Accettai in extremis: forse fui l’ultimo ad essere inserito in lista. I progetti pensati da taluni, che già erano strutturati, non sortirono gli effetti sperati.

Cioè?

Io, ultimo arrivato, non solo fui il più votato, ma l’unico eletto, a “scapito” del gruppo “storico”. Da consigliere comunale, tuttavia, mi sono trovato un gruppo che anziché supportarmi, si è scagliato “contro”. Chiesi collaborazione perché il lavoro d’aula e di opposizione non è semplice. Mi fu risposto che, se non ero in grado, mi dovevo dimettere per fare posto ad altri. Ovvio che la mia attività consiliare, in questo clima, non è stata quella che avrei voluto.

Un movimento spaccato, insomma. Così i biancavillesi non troveranno sulla scheda elettorale il simbolo dei Cinque Stelle e il nome di un proprio candidato sindaco, alternativo alla destra e alla sinistra.

Ho detto 3-4 mesi fa, in riunioni o in chat interne cui partecipano pure esponenti nazionali e regionali, che se il problema fosse stata la mia persona, mi sarei messo da parte. Lo avrei fatto a condizione che il M5s fosse presente con la propria lista.

Quale la risposta?

La risposta è stata picche. Il movimento, ribadisco, è stato spaccato fin dall’inizio per la presenza di alcuni che si ritengono i “puri”, i detentori del potere. E che hanno esplicitamente dichiarato a rappresentanti nazionali e regionali la pretesa, prima di parlare della lista, di chiarire la gestione del movimento a Biancavilla. C’è chi ha rivendicato il diritto ad essere il rappresentante del gruppo territoriale di Biancavilla, a prescindere dalla rappresentanza (cioè io) in Consiglio Comunale.

In quanto unico eletto, lei avrebbe dovuto esercitare un ruolo aggregante. Così non è stato: nemmeno questa è sua responsabilità?

In quanto consigliere comunale ho assunto la responsabilità politica e giuridica del movimento. Ho chiesto a molti di intervenire per ricompattarlo. Il tentativo di aggregare l’ho fatto, ma non c’è stato verso. Io non ho smanie di protagonismo o il desiderio di fare il consigliere comunale a tutti i costi. Ma il M5s doveva continuare.

Per essere più chiari, da una parte un gruppo che ha avuto lei come riferimento e dall’altra la cerchia che si riconosce in Mastrocola: separati in casa.

Separati in casa e senza alcuna collaborazione. Quando un gruppo è diviso, questi sono i risultati e ne piangiamo le conseguenze: Movimento 5 Stelle assente dalla competizione elettorale.

Ma poi anche il gruppo a lei più vicino ha fatto perdere le tracce. Qualche domanda se l’è posta o no?

Sì, anche perché delusi dalle vicende nazionali. Molti punti di riferimento non ci sono più. A livello locale, ci siamo riuniti e siamo stati presenti.

È di poche settimane fa, però, il suo appello Facebook per parlare delle imminenti elezioni: troppo tardi?

Negli ultimi tre mesi, ogni settimana ci siamo visti all’Etna Jazz Club, messo a disposizione molto gentilmente dalla prof. Carmen Toscano. L’obiettivo era portare nomi per formare la nostra lista. Purtroppo non li abbiamo trovati. Tutti disposti a dare un sostegno, ma nessuno si è voluto spendere con il proprio nome. Consapevoli di una battaglia persa, vista la presenza di un Centrodestra molto forte con una vittoria scontata di Antonio Bonanno.

E che ragionamento è questo?

Infatti è un atteggiamento che fa cadere le braccia. La politica si fa per partecipare e dare il proprio contributo.

Anche perché si era arrivati ad ipotizzare un nome per un’eventuale candidatura a sindaco.

Era stato fatto il nome del dottor Pippo Catania: accennato soltanto in una riunione. Il progetto non è stato coltivato perché mancava il substrato fondamentale.

Non sono in pochi a ritiene che lei, in realtà, aveva già da tempo progettato l’alleanza col Pd.

Assolutamente no, nessun progetto. Anzi, c’è stato un incontro, a mia insaputa, tra M5s e Pd. Erano presenti Carmen Toscano, Rosetta Garufi e Alessandro Fallica. Un incontro nella sede del Partito Democratico.

È noto, comunque, che in Consiglio Comunale, dal Pd sono stati continui i riferimenti a prove di alleanza con il movimento, senza che lei abbia mai smentito.

Certo, ho apprezzato gli appelli del collega Alfio Distefano e mi auguravo si arrivasse ad un’alleanza. D’altra parte, la direttiva nazionale è quella di costruire alleanze per un risultato migliore.

Una volta preso atto che non vi sareste presentati, lei ha pensato di traslocare il simbolo nella lista civica di Ingiulla, che ancora veniva data distinta dal Pd.

Sì, ho parlato con Nuccio Di Paola (referente regionale dei Cinque Stelle, ndr), dicendomi che di fronte a tale volontà, era possibile realizzare l’operazione a Biancavilla.

Appunto, con il mandato di quali e quanti attivisti lei avrebbe operato in questa direzione?

Una parte non era per questa soluzione, infatti ne abbiamo preso atto. La mia richiesta, però, poneva un interrogativo: visto che non facciamo la lista, perché disperdere i nostri voti? La mia idea era quella di piazzare 2, 3 o 6 nostri attivisti nella lista civica di Andrea Ingiulla. Bisognava essere autorizzati da Roma, ma non abbiamo ricevuto risposta. A mio modo di vedere è stato un danno. Mi chiedo: quale è la funzione del Movimento Cinque Stelle a Biancavilla? Non lo so.

A quel punto, Asero, non ha pensato ad una candidatura a titolo personale nella lista di Ingiulla?

No, perché prima mi sarei dovuto dimettere ed uscire dal movimento. E io sono e resto uno dei Cinque Stelle.

Però sta fattivamente appoggiando il Pd e Andrea Ingiulla.

Ma ci mancherebbe. E sa perché? Perché, andando a scuola dove insegno, tutte le mattine vedo su un muro dell’istituto una scritta: «Chi non partecipa attivamente alla politica, attenta alla Carta Costituzionale». Firmato Piero Calamandrei.

Calamandrei di nuovo citato in queste pagine, dopo l’intervento del nostro Rosario Di Grazia a proposito del “deficit democratico” con 8 liste di Bonanno contro una di Ingiulla. Una carenza che chiama in causa non tanto l’attuale sindaco, piuttosto coloro che a lui dovrebbero opporsi. Voi in primis.

Bonanno non sta facendo male, presentandosi con 8 liste. Ci sta. Prendo solo atto che Biancavilla è un paese di Centrodestra.

Ne è proprio sicuro? Da noi intervistato, Alfio Grasso fa un’altra analisi: non c’è nessuno strapotere della destra, ma un vuoto e un menefreghismo a sinistra.

Il vuoto dipende da tutti. Ho letto l’articolo di Rosario Di Grazia sullo “squilibrio democratico” esistente. Ma oltre a denunciarlo perché, per esempio, lui non si fa avanti?

Tutti candidati, tutti consiglieri? Ognuno col proprio mestiere. Scrivere, ragionare, osservare criticamente sono comunque modalità di un impegno pubblico.

Voglio sottolineare l’importanza della partecipazione: ecco perché ammiro Andrea Ingiulla e la sua lista. Si stanno impegnando, consapevoli che la strada è tutta in salita.

Che fine farà ora il tesoretto elettorale dei Cinque Stelle? Sarà depredato o confluirà nel partito dell’astensionismo?

Penso che non ci sarà astensionismo perché le liste sono tutte strutturate. Il tesoretto dei Cinque Stelle andrà disperso, una parte nel Centrodestra e l’altra nel Pd. Il mio rammarico è proprio questo.

Se è vero che nel movimento hanno coabitato persone di diversa estrazione (da Piero Cannistraci a Carmen Toscano), è innegabile che il faro che ha orientato tutti è stata l’avversione al Pd di Glorioso e Pappalardo, alle loro politiche e alla loro gestione del potere.

Ma dobbiamo restare ancorati a quello che è successo nel passato o dobbiamo guardare oltre? Se non mi ritrovo nel Centrodestra, io devo coalizzarmi con quello che prima era il mio “nemico”. La politica è dialogo, non mondi a tenuta stagno.

Dimenticare tutto: quel che è stato è stato…

Se è necessario sì, per il bene superiore del paese. Bisogna dimenticare.

Il vostro candidato a sindaco, cinque anni fa, avendo come premessa l’amministrazione a guida Pd, criticava gli appalti ai soliti amici, gli assessori scaduti come lo yogurt, i feudi elettorali, l’affarismo per i soliti noti, sollecitava il ripristino della normalità a Biancavilla… Una pietra sopra?

Sfatiamo una cosa: la mitica giostra di Glorioso non esiste più ed è diventata la giostra di Bonanno. È cambiato qualcosa? Secondo me no: gli amici degli amici ci sono e resteranno sempre. La politica locale è questa.

Ma l’opposizione non ha prodotto, in tal senso, alcuna forte denuncia. Diciamola tutta: l’avversione martellante per Glorioso non l’avete riservata a Bonanno. Una critica interna che le viene rivolta riguarda l’opposizione timida e distratta al sindaco di Fratelli d’Italia.

Non risultano miei apprezzamenti a Bonanno. I progetti portati in Consiglio Comunale che ho ritenuto utili, li ho tutti votati, quando si trattava di progetti necessari per il nostro paese. La mia è stata un’opposizione non ostativa.

Se tutto si può rimuovere o dimenticare, ci dà una sua personale definizione della parola “coerenza”?

Per me significa raggiungere un accordo, anche con il mio nemico, purché lo si faccia nell’interesse della collettività. Non possiamo adagiarci in piedistalli per le divergenze di 5 o 10 anni fa. Bisogna ritornare sui nostri passi, fare ammenda degli errori e guardare avanti.

È la risposta più “democristiana” che potesse dare.

(Risata) Ma io lo sono, democristiano. E il mio modello è uno. È senz’altro Aldo Moro, di cui sentiamo tanto la mancanza.

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