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Chiesa

Biancavilla 1952: quelle tre parrocchie nate sulle macerie della guerra

Settantesimo anniversario di fondazione delle comunità dell’Annunziata, dell’Idria e di Cristo Re

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Processione della Madonna dell'Elemosina nella zona di Cristo Re

A Catania, nei primi decenni del Novecento, il cardinale Giuseppe Francica Nava aveva dato avvio alla costituzione di almeno una parrocchia in ogni comune della diocesi. Nel 1920 era toccato, infatti, anche alla Matrice di Biancavilla, e il prevosto don Vito Piccione fu il suo primo parroco. Da allora, però, nuove esigenze erano nate. I tempi mutavano rapidamente sotto la spinta di un secolo che in pochi decenni stava producendo più innovazioni che in diversi millenni.

Lasciando alle spalle i lutti e le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale (Biancavilla con 18mila abitanti aveva registrato 38 civili e 101 soldati tra morti e dispersi), l’Italia repubblicana presentava nuovi scenari politici e nuove problematiche sociali.

L’emigrazione raggiungeva cifre spaventose, desertificando interi centri urbani a favore delle città più industrializzate d’Europa con in testa la Germania, la Svizzera e il Belgio.

Tuttavia, la ritrovata serenità dopo il dramma della guerra e le rimesse in denaro degli emigrati, avviarono nel concreto la costituzione di nuovi, popolosi quartieri con famiglie giovani. Pure Biancavilla assumeva un nuovo aspetto.

La Chiesa si preparava a vivere, appena più di un decennio dopo, la stagione del Concilio Vaticano II per avanzare verso il Terzo Millennio. Agli inizi degli anni ‘50, il vescovo di Catania, mons. Guido Luigi Bentivoglio decise di costituire nei comuni della diocesi decine di nuove parrocchie.

Brancato, Maglia, Spoto: preti-pionieri

A Biancavilla il 29 settembre del 1952 venivano elevate a sedi parrocchiali le antiche chiese della Madonna Annunziata e di Santa Maria dell’Odigidria, in pieno centro storico, e la più moderna chiesa di Cristo Re, nel quartiere Casina di nuova formazione. A dicembre i giovani sacerdoti Placido Brancato, Salvatore Spoto e Carmelo Maglia furono messi a capo delle Comunità neocostituite, dando avvio alle attività pastorali in ciascun territorio.

Il paese presentava nuove esigenze, principalmente educative e formative. Le sedi parrocchiali divennero luoghi di ritrovo, di dialogo, di crescita spirituale e umana, ma anche punti per praticare sport e trascorrere momenti di divertimento, riuscendo a coinvolgere donne e uomini, adulti e bambini, professionisti e contadini.

In ognuna nacquero i gruppi di Azione Cattolica. L’associazione era articolata in fasce: dai piccolissimi ai giovani e universitari fino agli adulti. Con i suoi programmi garantiva una formazione cristiana per tutte le età, promuovendo anche, così come espressamente voluto da Pio XII, un impegno nel campo sociale e in quello politico per contrastare l’avanzata dell’ideologia comunista, ritenuta in quegli anni molto pericolosa.

La catechesi raggiunse tutte le famiglie e i bambini poterono ricevere i sacramenti laddove avevano frequentato il catechismo, allestendo anche la festa conclusiva nei locali annessi.

Connubio tra parrocchie e quartieri

Nei quartieri, le processioni del Corpus Domini ravvivarono le vie e i cortili più remoti e coinvolsero vicini di casa e fette di popolazione fino ad allora escluse dai giri tradizionali del centro storico (‘u Giru de’ Santi e zone limitrofe), se non per certe rare occasioni, come missioni popolari o feste particolari.

Aperti gli oratori di Cristo Re e dell’Annunziata, attivissimi fino a oggi, centinaia di ragazzi non poterono più fare a meno di incontrarsi per una partita di calcio o una sfida al biliardino balilla, vantando un’attivissima tifoseria fatta dai meno prestanti nei giochi, dai più piccoli e dagli anziani. I parroci trovavano in queste circostanze il terreno fertile per la loro predicazione, per far passare idee e ideali.

Con la capillarizzazione, i sacerdoti e i loro collaboratori più stretti poterono rilevare le povertà più nascoste presenti nel territorio, casi di sofferenza e di disagi nelle famiglie e, quando possibile, intervenire con i mezzi a loro disposizione.

Tra istruzione ed emancipazione

Tra gli anziani di oggi, molti ricordano nella sacrestia dell’Idria un giovane ma sempre attempato e flemmatico padre Spoto, al termine della messa, dare ripetizioni di Latino e Filosofia a studenti che dovevano sostenere imminenti esami e si ritenevano spacciati. E tanti rievocano le premure di padre Brancato, quando ad ogni autunno andava alla ricerca di libri scolastici da dare a chi permetteva negli studi ma non aveva possibilità economiche.

Le parrocchie oltre a essere centri di evangelizzazione diedero pure opportunità di emancipazione. Molte ragazze cominciarono ad uscire di casa proprio per seguire le attività e le riunioni di Azione Cattolica. In questi anni iniziano anche le attese, quanto rare, gite col pullman che sotto lo sguardo di attentissime “signorine casiastri” offrirono opportunità di incontro e di svago.

Nei teatrini parrocchiali vengono organizzate recite per i bambini, assemblee e momenti culturali, diventando fucina di talenti e dove per anni si esibiscono oratori e artisti nostrani.

Una memoria da rievocare

Ora, dopo il blocco dovuto alla pandemia da Covid, la Chiesa locale vuole celebrare le tre parrocchie, che tanto lavoro hanno svolto per la nostra città, determinandone il volto attuale.

Una serie di iniziative, conferenze, incontri sono stati organizzati a partire da questo mese di settembre per sottolineare l’importanza e il ruolo ricoperto da queste porzioni di Chiesa innestate nel territorio. Gli eventi toccheranno il clou con le celebrazioni eucaristiche presiedute dall’arcivescovo mons. Luigi Renna in ciascuna comunità l’1 novembre, il 4 dicembre e l’8 gennaio.

La Chiesa di oggi, lungi dall’arroccarsi in anacronistici ritualismi, deve considerare quelle forme di secolarizzazione e di agnosticismo non proclamato né teorizzato ma messo in pratica nella quotidianità. Infine, dovrebbe anche prendere in seria considerazione i problemi e le incertezze di una società caratterizzata da drammi e problematiche lavorative. Sono molte le famiglie sulla soglia della povertà che spingono ad una nuova forma di migrazione da parte di giovani promettenti. Anche a questo, infatti, è dovuta la massiccia assenza delle fasce di fedeli di età compresa tra i 25 e i 50 anni.

«La parrocchia – come diceva don Tonino Bello – deve essere luogo di comunione nella concreta realtà del territorio…». E se nel tempo si fosse “addormentata”, perdendo questo suo ruolo e diventando momento e struttura di conservazione, dovrà impegnarsi a riscoprire «la sua essenziale natura missionaria, superando ogni forma di frammentazione e di autarchia».

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Chiesa

Concluso in bellezza il grest 2025 per 200 parrocchiani dell’ Annunziata

Visitato pure il Parco Avventura di Nicolosi con riflessione su San Francesco e il valore dell’ambiente

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In coincidenza con la ripresa dell’anno scolastico, si è concluso il Grest 2025 dell’oratorio “Don Bosco” della parrocchia Maria Santissima Annunziata di Biancavilla, guidata da padre Giosuè Messina. L’iniziativa ha coinvolto 200 ragazzi, accompagnati da 50 animatori e da un gruppo di 40 educatori e volontari, sviluppandosi attorno al tema “Toc Toc – Io sono con voi tutti i giorni”.

Anche quest’anno, le parrocchie della diocesi hanno animato l’estate con proposte rivolte a bambini e adolescenti, garantendo attività educative, esperienze di fede e momenti di fraternità. Il grest biancavillese ha rappresentato uno degli ultimi tasselli di questo percorso comunitario, segnando la chiusura della stagione estiva.

Il programma ha alternato momenti di catechesi quotidiana a laboratori e attività creative, che hanno spaziato dalla moda alla ginnastica artistica, dallo sport al ballo, passando per il giornalino ed esperienze di ingegneria. L’obiettivo non è stato soltanto offrire occasioni di svago, ma anche favorire la crescita spirituale, la collaborazione e la capacità di esprimere la propria creatività.

Tra le esperienze più apprezzate vi è stata la giornata trascorsa al Parco Avventura di Nicolosi, che ha permesso ai partecipanti di vivere prove di coraggio e divertimento a contatto con la natura. L’attività è stata anche occasione di riflessione sulla figura di San Francesco e sul valore del rispetto dell’ambiente, concretizzato con una raccolta di rifiuti promossa dagli educatori. Il Grest ha previsto inoltre momenti di spiritualità legati ai luoghi mariani del territorio, come il pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Sciara di Mompileri.

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Chiesa

Padre Franko e la “sua” missione in Congo: «È qui che ha senso la mia vita»

La parrocchia, i pigmei, la scuola e l’appello alla generosità di Biancavilla per la popolazione africana

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Gli occhi di Nsimba si illuminano durante la messa, quando vede il suo bambino che oggi ha sette anni e che rischiava di morire appena nato, se lei non fosse stata portata in ospedale in tempo dalla suora missionaria chiamata in suo soccorso. Kofi, è visibilmente orgoglioso del lavoro fatto per completare le strutture che ospiteranno degli uffici. Lui è un giovane carpentiere che ha potuto apprendere il suo mestiere proprio grazie alle scuole della missione. Mbemba, con il suo quaderno e la sua penna è al primo giorno di scuola. Lascia i suoi fratelli e la mamma a malincuore ma appena si ritrova nella grande aula un sorriso sboccia sul suo volto.

Sono nomi casuali appartenenti alla grande missione dove opera padre Franko Laudani. A 83 anni, mentre molti pensano al riposo, padre Franko continua imperterrito la sua missione in Congo, nel cuore pulsante dell’Africa, dove opera da oltre 53 anni. Una scelta di vita che parla di fede, coraggio e amore per il prossimo, maturata quando ancora era un giovane sacerdote biancavillese e che oggi lo vede ancora in prima linea, tra bambini, famiglie, scuole e villaggi sperduti.

Il volto dell’Africa che padre Laudani racconta è quello della speranza. Nsimba, Kofi e Mbemba sono solo alcuni dei volti che danno senso alla vita di questo sacerdote instancabile, giunto in Congo molto giovane e sopravvissuto – undici mesi dopo l’arrivo – a un grave incidente in moto. Fu salvato per miracolo da una suora infermiera che passava proprio in quel momento.

Parrocchia viva, comunità in cammino

Oggi padre Laudani svolge la sua attività nella parrocchia dedicata alla Beata Maria Clementina Anuarite Nengapeta, martire congolese uccisa nel 1964 per avere resistito al tentativo di stupro da parte dei ribelli Simba.

«Ogni domenica – racconta a Biancavilla Oggi – nei primi banchi ci sono almeno 80 bambini. Centinaia di fedeli percorrono anche decine di chilometri per partecipare alla Messa. È tutto diverso dall’Italia: c’è povertà e semplicità, ma le celebrazioni sono piene di vita, con canti e danze che fanno pregare tutto il corpo».

La missione si estende su un raggio di oltre 100 km. Spostarsi tra i villaggi non è semplice: strade impervie, condizioni difficili, ma nessuna lamentela. «Spesso percorro anche 50 chilometri per raggiungere una chiesa o una casa. Le strade non sono certo quelle dell’Italia…», sorride il sacerdote biancavillese.

I pigmei, la dignità restituita

Tra le esperienze più forti, i 28 anni trascorsi tra i pigmei, un popolo a lungo emarginato.

«Quando arrivai – racconta ancora padre Franko – non erano nemmeno considerati uomini. Venivano sfruttati e privati di ogni diritto. Abbiamo lottato molto – con autorità, istituzioni e gente comune – per garantire loro un pezzo di terra, dei diritti, un’identità. Ricordo ancora una marcia che fece tanto parlare…».

La scuola, arma contro l’ignoranza

Uno dei pilastri della missione è l’educazione. Oggi sono diverse migliaia gli alunni che frequentano le scuole elementari della missione, nate per combattere «la schiavitù dell’ignoranza».

«Tra i nostri ex studenti ci sono operai, falegnami, muratori, ma anche maestri, infermieri… E quest’anno, Oscar, un ragazzo della missione, ha espresso il desiderio di diventare sacerdote missionario, come me».

Ai biancavillesi appello alla generosità

Dopo un breve periodo estivo a Biancavilla, trascorso anche per motivi di salute, padre Laudani si prepara a tornare “a casa”, in Congo. Ma prima lancia un appello ai suoi concittadini: «Vengo spesso a chiedere aiuto a voi biancavillesi. In Congo c’è tanto bisogno: servono medicinali, materiale scolastico, formazione per insegnanti, medici, infermieri, catechisti. Vogliamo creare strutture funzionali, costruire speranza dove oggi ci sono solo polvere e fatica».

Alla domanda se non sia il momento di fermarsi, risponde con un sorriso che racconta tutta la sua storia: «Ritirarmi io? Mai. Finché avrò forza e salute, resterò lì. È lì che davvero puoi fare del bene. È lì che la mia vita ha senso».

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