Chiesa
«Annunziata e Idria insieme», il vescovo Gristina sferza un colpo ai campanilismi
Fine degli “orticelli parrocchiali”: le due comunità chiamate a sperimentare nuove forme di condivisione
La parola “unificazione” non l’ha pronunciata. Anzi, ha sottolineato il valore delle distinte identità. Certo è, però, che per la prima volta due parrocchie di Biancavilla, l’Annunziata e l’Idria, devono sperimentare ed attuare una condivisione di attività.
A deciderlo è stato l’arcivescovo Salvatore Gristina, comunicandolo ai fedeli a conclusione della celebrazione per la presa di possesso canonico dell’Annunziata da parte di padre Giosuè Messina.
«Dobbiamo cercare di camminare sempre più uniti, sempre più insieme. Il Papa ci invita ad avere un atteggiamento “sinodale”. Dobbiamo fare in modo di essere più uniti all’interno delle singole comunità e poi tra le varie comunità parrocchiali», ha esortato Gristina.
Una premessa, quella del vescovo, per evidenziare poi che «certamente la comunità dell’Annunziata e quella dell’Idria, trovandosi vicine, hanno delle caratteristiche particolari, anche dal punto di vista della popolazione, che si è ridotta. Restano due parrocchie distinte con identità ed operosità pastorali. Desidero, però, che queste due comunità parrocchiali si distinguano per impegno e collaborazione».
Parole, in qualche modo, attese. Da tempo, infatti, circolavano rumors circa la prospettiva di accorpamento tra le due vicine parrocchie. Un’eventualità accesa ulteriormente dopo la prematura morte, a causa del Covid, di padre Antonino Tomasello, parroco dell’Annunziata. Voci insistenti volevano che fosse arrivata l’occasione per unire la parrocchia a quella dell’Idria, guidata da padre Giovambattista Zappalà.
Una unificazione soltanto rimandata?
L’annuncio del vescovo (in quella che è stata di fatto la sua ultima visita formale a Biancavilla, per raggiunti limiti di età, in attesa della nomina del suo successore), ha smentito quelle voci. Ma il tono del suo intervento – da considerare una vera e propria sferzata ad anacronistici campanilismi e agli orticelli parrocchiali – non sembra escludere disposizioni più stringenti in futuro.
Certo, ormai ogni decisione è demandata al prossimo vescovo. Va anche detto che la tendenza di accorpare parrocchie (e persino diocesi) è in atto da tempo. È ormai lontana l’epoca in cui ogni altare aveva un prete di riferimento: l’orientamento è quello della condivisione delle risorse. E a Biancavilla, il numero della parrocchie appare non più in linea con i tempi.
«Chiederò a padre Giosuè e a padre Giovanni –ha specificato il vescovo– di coinvolgere tutti, a partire dai Consigli pastorali parrocchiali per studiare forme di collaborazioni più strette, per esempio nell’ambito della formazione degli operatori pastorali. È importante sottolineare questo aspetto, che vale per tutte le parrocchie di Biancavilla. Ma l’Idria e l’Annunziata, per tanti motivi, sono chiamate a fare insieme questo cammino».
Il modo in cui questo cammino avverrà dipenderà dai due parroci (e dalle aperture o dalle resistenze dei parrocchiani). Una Caritas condivisa? Un oratorio interparrocchiale? Classi del “catechismo” accorpate? Si vedrà. «Lo studierete insieme», ha detto loro Gristina. Ma il vescovo è stato chiaro: «È questo il primo impegno che vi chiedo per rendere incisiva la collaborazione. Dobbiamo allargare il nostro cuore, non dobbiamo chiuderci. Queste due comunità saranno un esempio bello per tutte le parrocchie e, auguriamocelo, uno stimolo per la vita della comunità diocesana».
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Chiesa
Tre giorni di celebrazioni con la Madonna della Medaglia miracolosa
La statua sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata: tappa del pellegrinaggio nazionale
Dopo la pausa estiva riprende nell’arcidiocesi di Catania il pellegrinaggio nazionale della statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, promosso dai Missionari Vincenziani d’Italia. Dal 23 al 26 ottobre la sacra effigie sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata di Biancavilla per la tappa etnea della “Tre giorni con Maria”. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2020 con la benedizione di papa Francesco e che accompagnerà le diocesi italiane fino al bicentenario delle apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 2030.
La statua arriverà al Belvedere giovedì 23 ottobre, alle ore 18. Venerdì 24 ottobre, in mattinata, visita delle scuole cittadine. Pomeriggio, catechesi, preghiera e animazione per i bambini e ragazzi dell’oratorio parrocchiale guidato dai padri missionari e dalle suore.
Sabato 25 ottobre, visita alla caserma dei carabinieri e alla scuola cattolica “Immacolata alla Badia”. A seguire, incontro con l’amministrazione comunale, il Consiglio Comunale e la Polizia locale. Nel pomeriggio, Rosario animato dal Cgs Life con la partecipazione delle realtà giovanili cittadine.
Domenica 26 ottobre, in mattinata benedizione dei bambini, delle donne in gravidanza e delle neo mamme e consegna della medaglia “miracolosa”. A mezzogiorno, la statua della Madonna sarà trasferita a Villa delle Favare per la “Festa del Ciao”. Pomeriggio processione della statua della Madonna per via Vittorio Emanuele fino in basilica.
«È un’occasione di grazia e di ascolto, soprattutto per chi vive momenti di difficoltà», afferma padre Mario Sirica CM, responsabile del pellegrinaggio. Il parroco don Giosuè Messina sottolinea il legame tra la visita mariana e il cammino dell’Anno Santo parrocchiale: «Chiediamo a Maria di guidarci a Cristo e alla sua misericordia».
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Chiesa
Quella volta che Padre Pio urlò alla suora: «Vigliacca! Torna a Biancavilla!»
Il monastero di Santa Chiara compie 90 anni: un episodio lega la sua fondazione al frate di Pietrelcina
Biancavilla e padre Pio: sì, proprio il frate di Pietrelcina. C’è un episodio che lega lui e la nostra città, più precisamente il monastero di Santa Chiara. E lo raccontiamo su Biancavilla Oggi, adesso che l’importante struttura religiosa compie 90 anni dalla sua fondazione.
È dal 1935, infatti, che Biancavilla custodisce un’anima viva, silenziosa e operosa: quella delle Clarisse. Nascoste dietro le grate della clausura, le “Sorelle Povere” di Santa Chiara continuano ad essere un faro spirituale e umano per l’intera comunità. Abbiamo incontrato la madre badessa, suor Aurora, e suor Cristiana, badessa emerita. Le loro parole raccontano non solo una storia di fede, ma una presenza sociale profondamente radicata nel territorio.

Una chiamata e una sfida
Era il 1935 quando quattro Clarisse del Monastero di San Quirico ad Assisi risposero all’appello di Mons. Gaetano Messina, biancavillese e futuro prevosto della Chiesa Madre, che le invitò a fondare una comunità nel piccolo paese etneo. Nessuna di loro conosceva il luogo, ma tutte partirono con coraggio.
I primi tempi furono tutt’altro che semplici. L’accoglienza iniziale, calorosa ma effimera, si spense presto: i pochi beni donati — quattro tavole con un saccone di crine usato come letto, due cuscini, quattro sedie e un vecchio tavolo con un lume a petrolio — furono ritirati il giorno seguente. Le sorelle rimasero con poco o nulla.
In preda allo sconforto, la fondatrice Chiara Fortunata si mise in viaggio verso Assisi, decisa ad abbandonare tutto. Ma un incontro inatteso cambiò il corso degli eventi. Durante una sosta, volle confessarsi con Padre Pio da Pietrelcina. Il frate, appena la intravide, uscì dal confessionale e le gridò: “Vigliacca! Torna a Biancavilla!”
Quelle parole furono una scossa spirituale potente. Da quel momento, un nuovo inizio. «Dio richiede solo la fede: al resto pensa Lui», ricordano oggi le sorelle, citando la frase che, da allora, guida la loro comunità.

Una presenza che attraversa il tempo
Negli anni Quaranta, i venti di guerra portarono con sé povertà e difficoltà. Eppure, la comunità visse una stagione di floridezza, grazie al numero crescente di vocazioni, che in pochi anni arrivarono a quaranta. In quel periodo, molti bussavano alla porta del monastero in cerca di aiuto: e nessuno restava fuori. La Provvidenza — raccontano — non ha mai fatto mancare il necessario, né alle monache, né a chi cercava conforto.
Terminata la guerra, cominciò la ricostruzione. Non solo di muri, ma soprattutto di anime ferite. Le sorelle si fecero vicine alle famiglie, alle madri, ai figli, offrendo sostegno morale e aiuto concreto.
Il lavoro non mancava: le Clarisse si specializzarono nel cucito e nel ricamo — racconta suor Cristiana — confezionando paramenti sacri e indumenti liturgici, che permisero loro di mantenersi.
Nel 1970, padre Gabriele Maria Allegra — oggi Beato — visitò il monastero, e nel 1973 vi tornò per una toccante conferenza sulla Sacra Scrittura. In segno di gratitudine, lasciò il suo cingolo, oggi custodito come una preziosa reliquia.

Oggi: clausura aperta alla comunità
Il Monastero di via San Placido, oggi, è molto più di un luogo di preghiera. È un centro spirituale aperto alla comunità, soprattutto in occasioni significative: ritiri, celebrazioni, esercizi spirituali per giovani, incontri tematici. Pur vivendo in clausura, le sorelle non sono isolate: la loro presenza si percepisce, si sente, si respira.
«La Chiesa è come un grande albero. Ogni ramo rappresenta una forma di vita suscitata dallo Spirito Santo. Il nostro è quello della povertà, dell’unità, della preghiera e della contemplazione», spiega suor Aurora.
Il carisma clariano — eredità di Santa Chiara d’Assisi — è una via di radicalità evangelica fatta di essenzialità, silenzio e ascolto. In un mondo frenetico, può sembrare lontano. Eppure, proprio per questo, è forse la risposta più autentica al nostro tempo. Quando si chiede come trasmettere oggi il messaggio francescano ai giovani, le sorelle non parlano di eventi o strategie, ma di ascolto autentico. «Dio ha un progetto d’amore su ogni giovane. Sta a noi fermarci e chiederci: Signore, cosa vuoi che io faccia?».
È una spiritualità dell’interiorità, che non chiede performance, ma presenza. Una chiamata alla libertà profonda. In un’epoca dove tutto grida, le Clarisse propongono un’alternativa silenziosa ma potente: il coraggio di fermarsi, ascoltare, cercare senso. In un mondo segnato da individualismo e frammentazione, la loro vita comunitaria, stabile, dedicata alla preghiera e al bene degli altri, rappresenta un modello controcorrente, ma profondamente umano.
A 90 anni dalla loro fondazione a Biancavilla, le Clarisse non celebrano se stesse. Celebrano una fedeltà: quella di Dio, che guida e sostiene. E lo fanno come sempre, senza clamore, dietro grate che non sono una barriera, ma una soglia. Una soglia da cui, da novant’anni, si irradia una luce nascosta, ma visibile. A chi sa vedere.

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