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Chiesa

Il vescovo benedice la chiesa dell’Idria, riaperta dopo il terremoto del 2018

Gristina: «Crescere nella solidarietà e nella fraternità, è l’augurio che formulo a questa comunità»

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© Foto Biancavilla Oggi

Parrocchia dell’Idria in festa. È arrivato il giorno dell’inaugurazione formale della chiesa restaurata, anche se di fatto ha riaperto al culto lo scorso aprile. La celebrazione eucaristica ha visto la presenza dell’arcivescovo, mons. Salvatore Gristina, presule che è quasi alla fine del suo mandato di Pastore della Chiesa catanese: il prossimo 23 giugno compirà 75 anni.

La chiesa dell’Idria, chiusa a causa dei danni del forte terremoto del 6 ottobre 2018 e retta da don Giovambattista Zappalà, oggi è stata benedetta dal vescovo. Non è mancato padre Salvatore Nicoletti, che per 36 anni ha guidato la parrocchia e che ha dato input all’iter per la progettazione dei lavori. Presente, con fascia tricolore, il sindaco Antonio Bonanno con i comandanti della stazione dei carabinieri e della polizia municipale, Fabrizio Gatta e Vincenzo Lanaia.

Una celebrazione anticipata di alcune ore da una scossa sismica di magnitudo 2.8. Un segno, forse, che suggerisce la necessità di fare memoria degli eventi e mantenere la consapevolezza della nostra vulnerabilità.  

I lavori eseguiti sullo storico edificio di culto hanno riguardato il restauro interno ed esterno, oltre al consolidamento del tetto. I finanziamenti: 150mila euro derivanti dal fondo dell’8×1000 della Conferenza Episcopale Italiana, cui si sono aggiunti 60mila euro da parte della Curia. Un’ulteriore somma di 25mila euro, stanziata all’amministrazione Bonanno, è servita per il rifacimento della facciata. Dai parrocchiani sono arrivati altri contributi, utilizzati per interventi non legati alla messa in sicurezza.

Gristina: «Il mio augurio alla comunità»

«Il terremoto -ha detto Gristina- aveva creato delle difficoltà, ma dobbiamo ringraziare le risorse dell’8×1000, che derivano dai cittadini e che ritornano alla comunità».

«Il cuore deve essere generoso nel condividere. Crescere nella solidarietà e nella fraternità. È questo l’augurio -ha sottolineato l’arcivescovo- che formulo a questa comunità perché sia fortezza dell’amore del Signore. Ritrovarsi nella chiesa restaurata deve offrirci questa opportunità».  

A margine, l’arcivescovo ha anche annunciato la nomina di padre Giosuè Messina (presente alla funzione religiosa) a parroco dell’Annunziata, dopo la prematura scomparsa di padre Antonino Tomasello.

Padre Zappalà: «Finiscono tre anni di disagi»

È toccato a padre Zappalà ringraziare quanti, dai progettisti agli enti istituzionali, si sono impegnati in tutto l’iter.

«In questi tre anni -ha detto padre Giovanni- abbiamo vissuto forti disagi, ma ci siamo sentiti sempre Chiesa, sia quando abbiamo celebrato nei locali di via Gemma sia quando lo abbiamo fatto nella vicina ex palestra. Ma avevamo bisogno di questo luogo, costruito alla fine del Seicento».

Bonanno: «L’Idria, una speranza esaudita»

«La riapertura della Chiesa di Santa Maria dell’Idria è un segno di ritrovata serenità non soltanto per la parrocchia ma per tutta la città di Biancavilla. Le ferite provocate dal terremoto del 2018 sono state rimarginate grazie alla buona volontà di tutti».

Sono le parole con cui è intervenuto il sindaco di Biancavilla, Antonio Bonanno.

«Quando, 3 anni fa, la terra ha tremato a Biancavilla, nessuno di noi -ha proseguito Bonanno- poteva immaginare che poco tempo dopo un evento di diversa natura ma parimenti devastante avrebbe turbato la serenità di tutti: mi riferisco, ovviamente, alla pandemia. Eppure, a piccoli passi, con tanto coraggio e voglia di andare avanti, anche contro il virus stiamo vincendo la battaglia della speranza».

«Questo vuol dire essere Comunità: prendersi cura delle ferite degli altri e offrire il proprio contributo perché tutto torni alla normalità quotidiana. La “meravigliosa” quotidianità che il terremoto, prima, e il Covid, poi, ci hanno fatto riscoprire nella sua autentica bellezza. Per la Chiesa dell’Idria la speranza di tutti noi cittadini è stata esaudita. E oggi possiamo essere di nuovo in questa chiesa che festeggia la propria rinascita».

«È bellissimo -ha sottolineato il primo cittadino- vedere stasera le facce di tanti parrocchiani dell’Idria che in questo luogo di culto custodiscono il proprio cuore. Per loro e, più in generale, per tutti i cittadini, la riapertura post-sisma della chiesa è una preghiera esaudita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Chiesa

Tre giorni di celebrazioni con la Madonna della Medaglia miracolosa

La statua sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata: tappa del pellegrinaggio nazionale

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Dopo la pausa estiva riprende nell’arcidiocesi di Catania il pellegrinaggio nazionale della statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, promosso dai Missionari Vincenziani d’Italia. Dal 23 al 26 ottobre la sacra effigie sarà accolta nella parrocchia dell’Annunziata di Biancavilla per la tappa etnea della “Tre giorni con Maria”. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2020 con la benedizione di papa Francesco e che accompagnerà le diocesi italiane fino al bicentenario delle apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 2030.

La statua arriverà al Belvedere giovedì 23 ottobre, alle ore 18. Venerdì 24 ottobre, in mattinata, visita delle scuole cittadine. Pomeriggio, catechesi, preghiera e animazione per i bambini e ragazzi dell’oratorio parrocchiale guidato dai padri missionari e dalle suore.

Sabato 25 ottobre, visita alla caserma dei carabinieri e alla scuola cattolica “Immacolata alla Badia”. A seguire, incontro con l’amministrazione comunale, il Consiglio Comunale e la Polizia locale. Nel pomeriggio, Rosario animato dal Cgs Life con la partecipazione delle realtà giovanili cittadine.

Domenica 26 ottobre, in mattinata benedizione dei bambini, delle donne in gravidanza e delle neo mamme e consegna della medaglia “miracolosa”. A mezzogiorno, la statua della Madonna sarà trasferita a Villa delle Favare per la “Festa del Ciao”. Pomeriggio processione della statua della Madonna per via Vittorio Emanuele fino in basilica.

«È un’occasione di grazia e di ascolto, soprattutto per chi vive momenti di difficoltà», afferma padre Mario Sirica CM, responsabile del pellegrinaggio. Il parroco don Giosuè Messina sottolinea il legame tra la visita mariana e il cammino dell’Anno Santo parrocchiale: «Chiediamo a Maria di guidarci a Cristo e alla sua misericordia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Chiesa

Quella volta che Padre Pio urlò alla suora: «Vigliacca! Torna a Biancavilla!»

Il monastero di Santa Chiara compie 90 anni: un episodio lega la sua fondazione al frate di Pietrelcina

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Biancavilla e padre Pio: sì, proprio il frate di Pietrelcina. C’è un episodio che lega lui e la nostra città, più precisamente il monastero di Santa Chiara. E lo raccontiamo su Biancavilla Oggi, adesso che l’importante struttura religiosa compie 90 anni dalla sua fondazione.

È dal 1935, infatti, che Biancavilla custodisce un’anima viva, silenziosa e operosa: quella delle Clarisse. Nascoste dietro le grate della clausura, le “Sorelle Povere” di Santa Chiara continuano ad essere un faro spirituale e umano per l’intera comunità. Abbiamo incontrato la madre badessa, suor Aurora, e suor Cristiana, badessa emerita. Le loro parole raccontano non solo una storia di fede, ma una presenza sociale profondamente radicata nel territorio.

Una chiamata e una sfida

Era il 1935 quando quattro Clarisse del Monastero di San Quirico ad Assisi risposero all’appello di Mons. Gaetano Messina, biancavillese e futuro prevosto della Chiesa Madre, che le invitò a fondare una comunità nel piccolo paese etneo. Nessuna di loro conosceva il luogo, ma tutte partirono con coraggio.

I primi tempi furono tutt’altro che semplici. L’accoglienza iniziale, calorosa ma effimera, si spense presto: i pochi beni donati — quattro tavole con un saccone di crine usato come letto, due cuscini, quattro sedie e un vecchio tavolo con un lume a petrolio — furono ritirati il giorno seguente. Le sorelle rimasero con poco o nulla.

In preda allo sconforto, la fondatrice Chiara Fortunata si mise in viaggio verso Assisi, decisa ad abbandonare tutto. Ma un incontro inatteso cambiò il corso degli eventi. Durante una sosta, volle confessarsi con Padre Pio da Pietrelcina. Il frate, appena la intravide, uscì dal confessionale e le gridò: “Vigliacca! Torna a Biancavilla!”

Quelle parole furono una scossa spirituale potente. Da quel momento, un nuovo inizio. «Dio richiede solo la fede: al resto pensa Lui», ricordano oggi le sorelle, citando la frase che, da allora, guida la loro comunità.

Una presenza che attraversa il tempo

Negli anni Quaranta, i venti di guerra portarono con sé povertà e difficoltà. Eppure, la comunità visse una stagione di floridezza, grazie al numero crescente di vocazioni, che in pochi anni arrivarono a quaranta. In quel periodo, molti bussavano alla porta del monastero in cerca di aiuto: e nessuno restava fuori. La Provvidenza — raccontano — non ha mai fatto mancare il necessario, né alle monache, né a chi cercava conforto.

Terminata la guerra, cominciò la ricostruzione. Non solo di muri, ma soprattutto di anime ferite. Le sorelle si fecero vicine alle famiglie, alle madri, ai figli, offrendo sostegno morale e aiuto concreto.

Il lavoro non mancava: le Clarisse si specializzarono nel cucito e nel ricamo — racconta suor Cristiana — confezionando paramenti sacri e indumenti liturgici, che permisero loro di mantenersi.

Nel 1970, padre Gabriele Maria Allegra — oggi Beato — visitò il monastero, e nel 1973 vi tornò per una toccante conferenza sulla Sacra Scrittura. In segno di gratitudine, lasciò il suo cingolo, oggi custodito come una preziosa reliquia.

Oggi: clausura aperta alla comunità

Il Monastero di via San Placido, oggi, è molto più di un luogo di preghiera. È un centro spirituale aperto alla comunità, soprattutto in occasioni significative: ritiri, celebrazioni, esercizi spirituali per giovani, incontri tematici. Pur vivendo in clausura, le sorelle non sono isolate: la loro presenza si percepisce, si sente, si respira.

«La Chiesa è come un grande albero. Ogni ramo rappresenta una forma di vita suscitata dallo Spirito Santo. Il nostro è quello della povertà, dell’unità, della preghiera e della contemplazione», spiega suor Aurora.

Il carisma clariano — eredità di Santa Chiara d’Assisi — è una via di radicalità evangelica fatta di essenzialità, silenzio e ascolto. In un mondo frenetico, può sembrare lontano. Eppure, proprio per questo, è forse la risposta più autentica al nostro tempo. Quando si chiede come trasmettere oggi il messaggio francescano ai giovani, le sorelle non parlano di eventi o strategie, ma di ascolto autentico. «Dio ha un progetto d’amore su ogni giovane. Sta a noi fermarci e chiederci: Signore, cosa vuoi che io faccia?».

È una spiritualità dell’interiorità, che non chiede performance, ma presenza. Una chiamata alla libertà profonda. In un’epoca dove tutto grida, le Clarisse propongono un’alternativa silenziosa ma potente: il coraggio di fermarsi, ascoltare, cercare senso. In un mondo segnato da individualismo e frammentazione, la loro vita comunitaria, stabile, dedicata alla preghiera e al bene degli altri, rappresenta un modello controcorrente, ma profondamente umano.

A 90 anni dalla loro fondazione a Biancavilla, le Clarisse non celebrano se stesse. Celebrano una fedeltà: quella di Dio, che guida e sostiene. E lo fanno come sempre, senza clamore, dietro grate che non sono una barriera, ma una soglia. Una soglia da cui, da novant’anni, si irradia una luce nascosta, ma visibile. A chi sa vedere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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