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Cultura

Liliana Segre ricorda Gerardo Sangiorgio a 100 anni dalla nascita

Commemorazione del biancavillese che, da internato militare, sopravvisse all’orrore dei lager nazisti

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Gerardo Sangiorgio a cent’anni dalla nascita. L’intellettuale che disse “no” al fascismo e, per questo, internato nei lager nazisti, viene ricordato ancora una volta dall’amministrazione comunale. Lo fa con una epigrafe all’esterno dell’abitazione di Sangiorgio, in via Castriota, a Biancavilla.

L’evento viene saluto con particolare favore dalla senatrice Liliana Segre, facendo pervenire un messaggio, che Biancavilla Oggi anticipa e riporta qui di seguito.

Saluto con vero piacere i partecipanti allo svelamento dell’epigrafe che il comune di Biancavilla ha voluto dedicare ai cento anni della nascita di Gerardo Sangiorgio, intellettuale antifascista sopravvissuto ai lager.

Le parole di Harold Bloom sono davvero la degna epigrafe di una figura notevole di uomo, di cittadino, di intellettuale.

Già studente universitario antifascista, fu richiamato alle armi, dopo l’8 settembre si rifiutò di aderire alla repubblica fantoccio di Salò e perciò fu tradotto in Germania e internato nei campi di concentramento dedicati ai militari.

Sopravvissuto agli errori di una detenzione estrema Sangiorgio nel dopoguerra riprese gli studi e visse una vita di ricerca, produzione intellettuale e testimonianza, contro gli orrori del fascismo e dei totalitarismi, oltre che per la democrazia e la tolleranza.

Anche gli ultimi trent’anni della mia vita sono stati dedicati alla coltivazione della memoria e della storia, per questo saluto con particolare piacere tutti i partecipanti alla cerimonia e alle occasioni di studio e approfondimento ad essa collegate.

Non è la prima volta che la senatrice Segre, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah italiana, dedichi il suo pensiero a Gerardo Sangiorgio.

Un suo messaggio lo fece pervenire per la Giornata della memoria, nel 2019, in occasione dell’intitolazione a Sangiorgio dell’aula magna dell’Istituto Industriale di Biancavilla, dove aveva insegnato e concluso la sua carriera di insegnante.

Un contributo scritto di Liliana Segre appare, poi, pure sulla quarta di copertina di “Una vita ancora più bella”. Il volume, edito da “Nero su Bianco” nel 2020 e curato da Salvatore Borzì, raccoglie lettere e memorie di Sangiorgio del periodo 1941-1945.

In quella circostanza, Liliana Segre aveva sottolineato il destino degli Imi (Internati Militari Italiani). Un’esperienza vissuta da Gerardo Sangiorgio. Così come da Alfredo Belli Paci, marito della senatrice a vita.

«Anche loro, come i partigiani sul territorio italiano – scrisse Segre – fanno parte di quella “meglio gioventù” che riscattò l’onore perduto della Patria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA  

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Cultura

“Nella mente dei briganti”, incontro in Accademia sul libro di Filadelfio Grasso

La storia analizzata con gli strumenti della psicologia sociale nel volume “Nero su Bianco Edizioni”

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Chi furono i briganti? Uomini comuni, eroi, combattenti romantici e dai sentimenti nobili oppure uomini spietati, sanguinari e psicologicamente disturbati? Interrogativi su cui Filadelfio Grasso tenta di rispondere. Lo fa esplorando le radici del fenomeno, il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche sociali e le condizioni economiche che spinsero uomini comuni a ribellarsi contro le ingiustizie, il modo in cui erano visti dalla comunità in cui vivevano.

Ne viene fuori una ricerca affascinante, racchiusa nel volume “Nella mente dei briganti”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Il brigantaggio siciliano analizzato con la lente della psicologia sociale. Un volume presentato alla numerosa platea dell’Accademia Universitaria Biancavillese. All’intervento della presidente Rosa Lanza, si sono affiancati quella dell’editore Vittorio Fiorenza e dello psicoterapeuta Alessio Leotta, che con l’autore hanno tratteggiato uno studio che si è avvalso di un approccio scientifico inedito.

«È come se Filadelfio Grasso – ha detto Fiorenza – avesse fatto sdraiare sul lettino dello psicoterapeuta quei personaggi, sottraendoli per un attimo a un passato controverso, e li avesse fatti parlare. Non per giustificare i loro atti, ma per comprendere gli aspetti emotivi e intimamente interiori che hanno dato origine al fenomeno del brigantaggio».

Briganti, dall’Etna al Simeto

Attraverso testimonianze e documenti, l’autore ha focalizzato l’attenzione su personaggi legati a Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò, Belpasso e Centuripe. Non soltanto banditi, ma anche personalità emblematiche, travolte dalla rabbia e dalla disperazione in un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse disattese.

«Il brigantaggio post unitario – sottolinea Filadelfio Grasso – fu una forma di difesa da parte di chi vide un proprio diritto leso, calpestato. Fu una difesa da quelle che vennero considerate prevaricazioni. Ci si difese come fu possibile. La coesione, la ribellione e l’aggressività furono all’ordine del giorno. Alla scelta di conformarsi da parte di molti, si aggiunse da parte di tanti altri anche una evidente rinuncia sociale che si manifestò in una massiccia emigrazione verso terre lontane. Frustrazione, delusione e rabbia, unite al forte senso di deprivazione relativa, furono all’ origine del comportamento violento e aggressivo».

Un’opera che va oltre il freddo racconto dei fatti e che indaga il pensiero, le emozioni e le motivazioni interiori dei briganti, offrendo una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse e complesse della storia italiana.

Le socie e i soci dell’Accademia Universitaria Biancavillese hanno poi animato un vivace e articolato dibattito con interventi sulle condizioni della Sicilia pre e postunitarie, sul ruolo di Garibaldi e dei Mille, sulle condizioni che il nuovo Regno impose alle popolazioni meridionali, sulla mancata suddivisione delle terre, sul clima di delusione per le speranze represse. Un contesto che ha generato quegli uomini, appellati “briganti”, che hanno preferito darsi alla macchia.

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Cultura

Realizzata a Biancavilla l’iconografia di Sant’Uberto, il patrono dei cacciatori

Avanzata alla Regione Siciliana la proposta del Comune di istituire la celebrazione ogni 3 novembre

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© Foto di Raffaele Sanfilippo

Una rappresentazione fotografica di Sant’Uberto, patrono dei cacciatori, ambientata in Sicilia. A realizzarla, nell’ambito di un’iniziativa culturale e rurale, è stato il fotografo biancavillese Raffaele Sanfilippo.

Sulla scia della classica iconografia del Santo di Liegi in ginocchio davanti al cervo, sono stati associati gli elementi che caratterizzano la Sicilia. Si vedono così l’Etna e il terreno lavico, la vegetazione tipica con gli alberi d’ulivo e le piante di ficodindia, il cane Cirneco dell’Etna.

A prestare la propria immagine è stato Giuseppe Scandurra di Federcaccia e attuale presidente dell’associazione di Protezione Civile di Biancavilla, indossando le vesti tipiche del cacciatore siciliano con la coppola e la doppietta calibro 16 a cani esterni.

Un’opera sottoposta all’attenzione dell’assessore alle Politiche agricole di Biancavilla, Vincenzo Mignemi. L’amministratore, apprezzata l’iniziativa, ha trasmesso una missiva all’assessore regionale all’Agricoltura. Nella lettera ha chiesto, tra l’altro, che ogni 3 novembre, data della memoria liturgica della traslazione delle reliquie del Santo di Liegi, venga istituita la celebrazione eucaristica in Sicilia, così come avviene in tutte le altre regioni d’Italia.

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