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Cronaca

«Subivo violenze da quarant’anni» Così ha ammazzato il marito Alfio

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I carabinieri del Ris al lavoro nella villetta, nel riquadro Enza Ingrassia, 63 anni

Ha confessato: «Sono stata io, ho ammazzato mio marito perché aveva scatti violenti ed ero stanca di subire». Non è stata una rapina finita male. L’uccisione del pensionato di 67 anni, nella sua villetta di contrada “Crocifisso”, in zona “Vigne” di Biancavilla, è opera della moglie. Lo ha ucciso con un ceppo di legno, lo stesso con cui l’uomo la sera prima l’avrebbe colpita alle gambe, al culmine dell’ennesimo litigio.

Una svolta clamorosa nelle indagini. I carabinieri del Comando Provinciale di Catania, collaborati da quelli delle articolazioni Anticrimine di Palermo e Catania, dal Reparto Crimini Violenti del Ros e dal Ris di Messina, hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, Enza Ingrassia, 63 anni, per il reato di omicidio e trasferita al carcere di piazza Lanza, a Catania.

La donna nella notte ha chiamato i carabinieri di Biancavilla, dicendo che due soggetti, armati di pistola, si erano introdotti all’interno della sua abitazione e, dopo una breve colluttazione, avrebbero legato i due coniugi con delle strisce ricavate da un lenzuolo. Il marito, sempre secondo quanto ha raccontato in un primo momento l’anziana signora, non avendo detto dove erano nascosti i soldi, sarebbe stato malmenato e colpito a morte al cranio con un ciocco di legno raccolto nel giardino dell’abitazione.

La donna, subito dopo, sarebbe riuscita a liberarsi ed a chiamare i carabinieri ai quali avrebbe raccontato l’accaduto.

Il sopralluogo effettuato dal Ris ha messo in evidenzia alcune incongruenze rispetto al racconto fatto dall’anziana signora. Lo studio dei dati tecnici fatto dai militari del Reparto Operativo unitamente a quelli del Reparto Crimini Violenti avrebbe confermato i sospetti. Dall’assenza di tracce di sangue al dettaglio dei tre cani presenti nella villa, che non sono stati mai sentiti abbaiare. Dal racconto di un prelievo di denaro di Longo che però non ha trovato riscontro all’esiguità del denaro e degli oggetti preziosi in casa.

Gli inquirenti, coordinati dal magistrato della Procura etnea, hanno così cominciato un estenuante interrogatorio della donna che si è protratto per tutta la notte.

Alla fine Ingrassia non ha potuto fare altro che ammettere le proprie responsabilità confessando che è stata proprio lei a colpire alla testa il marito nel sonno con un ciocco di legno. La donna ha raccontato di continue violenze patite da parte del marito negli ultimi 40 anni e da ultimo un litigio avuto proprio ieri sera durante il quale l’uomo avrebbe colpito la donna alle gambe proprio con quella che poi sarebbe diventata l’arma del delitto. La signora, a questo punto, ha aspettato che il marito si addormentasse e, disperata, ha colpito alla testa l’uomo proprio con lo strumento con il quale era stata ferita poco prima.

Scoperta la presenza di armi e droga
Dalle perquisizioni effettuate nella villetta emerge, intanto, che c’erano circa venti piante di marijuana e un locale, nella mansarda, allestito per essiccare e conservare la droga. In casa trovate dai carabinieri anche due armi: un fucile calibro 12 e una pistola automatica calibro 9.

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Un’immagine di Alfio Longo con la moglie Enza Ingrassia

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Cronaca

Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa

L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

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Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.

Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.

Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.

L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.

A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.

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Cronaca

Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»

Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

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I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.

Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.

Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.

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