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Una nuova chiesa e la laicità violata? Il ’68 a Biancavilla arriva… in ritardo

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di ALESSANDRO SCACCIANOCE

È arrivata anche a Biancavilla, in ritardo, ma è arrivata! L’onda lunga del movimento di contestazione del 1968 lambisce anche il nostro centro etneo. L’occasione è data da un contributo dell’Amministrazione comunale biancavillese ai lavori per la costruzione della nuova casa parrocchiale del Santissimo Salvatore nel quartiere di Spartiviale. La contestazione, partita in questi giorni sulle pagine virtuali dei vari Vivi… Rivivi… e Biancavilla Oggi, tuttavia, non ha nulla di quella carica ideale e appassionata che animava gli studenti del ’68 milanese: si tratta piuttosto di una riproposizione stanca e poco vivace di slogan e luoghi comuni ritriti, che ben poco ricorda la freschezza che fu di un movimento giovanile, le cui rivendicazioni – in ogni caso – hanno lasciato più vuoto di quello che volevano riempire.

Ciò che stupisce, infatti, nel caso in esame, è che a portare la bandiera della polemica sia qualche attempato e canuto uomo di sinistra e qualche non più ragazzo, di cattolicissima famiglia.

►LEGGI L’ARTICOLO

La laicità dell’istituzione comunale calpestata sotto la sottana dei preti

Gli argomenti della contestazione, dicevo, sono vecchi e possono essere riassunti nei seguenti: la violazione della laicità della cosa pubblica, le molte e più gravi necessità di altre opere pubbliche che sarebbero da realizzare, la povertà di Gesù che non richiede incensi e templi.

Per quanto riguarda la questione della laicità, basta ricordare che i pensatori più evoluti hanno ormai da tempo evidenziato che il principio di per sé non significhi indifferentismo religioso dello Stato rispetto alla fede dei suoi cittadini. La vera laicità, infatti, affermata in senso positivo – e non solo come mera negazione di ogni ingerenza religiosa sulle decisioni politiche (come se anima e corpo, coscienza civile e coscienza religiosa di una persona possano essere tagliate col coltello) – la laicità autentica, si diceva, significa sì, autonomia di scelta della politica, ma tenendo conto di tutti i fattori. Insomma, la laicità non è sinonimo di laicismo. Perché mai il contributo di un Comune a sostegno delle esigenze spirituali e sociali di un vasto gruppo di suoi cittadini dovrebbe creare scandalo?

Quanti contributi pubblici negli anni, sono stati erogati a favore di enti, associazioni, gruppuscoli, semplicemente per il fatto che erano portatori di “interessi meritevoli di tutela”. La Dottrina sociale della Chiesa insegna che il bene comune non è la somma algebrica degli interessi dei singoli individui, ma  scaturisce come un di più dall’armonizzazione di tutti gli interessi in gioco. Nel caso in questione, una casa parrocchiale è sicuramente un luogo che qualifica un determinato territorio – anche soltanto in una prospettiva “non credente” – e in ogni caso è a beneficio di una larghissima parte della gente che vive in quella porzione di Comune (che non mi risulti sia ancora musulmana) e che ha diritto come tutti ad avere un ritorno della spesa pubblica anche a parziale sostegno dei propri bisogni umani, sociali e spirituali.

Mi rammarica il fatto che a “scandalizzarsi” sia proprio chi, il preside Nino Longo, da assessore, ha promosso il restauro di alcuni affreschi del Tamo. Con soldi pubblici. Legittimamente e correttamente, sia chiaro. Perché il bene comune è più grande della somma degli interessi dei singoli.

Per quanto riguarda le altre due argomentazioni della contestazione, la riflessione sulle opere pubbliche è cosa seria, certamente. Ognuno dei 25 mila abitanti di Biancavilla avrà la sua idea sulle priorità. La politica ha il compito di mediare e di scegliere. In questo caso, c’era una richiesta circostanziata e concreta, per un’opera che è finanziata per l’80% dalla Cei, la valutazione era piuttosto facile. Si può contestare, e legittimamente, la scelta politica, ogni scelta politica – è questa l’essenza stessa della democrazia – ma senza invocare il principio della laicità che è assolutamente inconferente. Suggerisco, infine – il post si è fatto troppo lungo –, a quanti fossero appassionati sostenitori della povertà di Cristo in contrasto con gli sfarzi ecclesiali di cominciare a riflettere sui soldi che ciascuno di noi spende per le persone che ama (qualcuno anche per le cose!). Ognuno ha cura di ciò che ama. Questo non vuol dire sprecare o buttare soldi, ma dare la giusta importanza a ciò che per ciascuno è importante. Il tema meriterebbe ben più ampio spazio, ma non è la sede per farlo.

Il 68 è passato. Chi ancora – nonostante una relativa giovane età – ha nostalgia dei comunisti “duri e puri” che uscivano dall’aula durante il minuto di silenzio per Padre Calaciura, non fanno un buon servizio a loro stessi, alla nostra città e alla sinistra che – nonostante il giudizio della storia – resta la loro “fede”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. Lanza Dino

    27 Maggio 2015 at 13:21

    Ma quindi se ipoteticamente io fossi pastore di una mia ipotetica religione, e riuscissi ad avere 2000-3000 seguaci nel territorio di Biancavilla, potrei ricevere anche io i 345.000€ per la costruzione di un luogo di culto per la mia religione?! No perché in caso inizio a reclutare adepti e vi garantisco che avendo la certezza di ricevere quei fondi li troverò, anzi credo di essere in grado di trovarli anche nei paesi limitrofi.

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Il vuoto ideologico e le radici recise: limiti della Sinistra biancavillese

Le parole chiave del Pd? Sono diventate quelle di una certa Destra: decoro, ordine e sicurezza

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Riparto dalle interessanti considerazioni di Rosario Di Grazia a proposito dell’anomalia elettorale biancavillese, raccogliendone il testimone virtuale. Rileggere oggi Calamandrei, come ci invita a fare, genera un immediato senso di sollievo, seguito però da una vertigine, a tal punto è lontana la realtà ideale dallo stato di cose attuale. L’impietosa fotografia di una competizione elettorale “squilibrata” – alla quale si aggiunge la clamorosa débâcle 5 stelle – mi sembra rispecchi in pieno un certo svuotamento ideologico delle (cosiddette) “opposizioni”, se non un vero e proprio “smottamento” verso destra. È un po’ triste vedere infatti come i temi caldi del confronto elettorale ricalchino gli stessi battuti dalla politica nazionale: ordine, sicurezza, decoro.

Tutti temi che, non me ne voglia il neo-candidato Ingiulla (a cui invio anzi i miei migliori auguri), restano punti di forza della Destra, perché esprimono le paure e le priorità di un elettorato conservatore. Ma chi tutela le fasce sociali deboli? Chi difende i Beni Comuni? E una forza politica che manca di queste parole d’ordine, a che titolo si definisce di “centrosinistra”? E in che misura funge da “opposizione”?

Oggi, di fronte alle bandiere della Destra, sotto alle quali si assiepano quelli che Ingiulla stesso definì “gruppi organizzati del consenso elettorale”, non sventola più nessuna bandiera rossa. La sinistra biancavillese – di cui proprio Ingiulla intonava il de profundis nel 2018 – sembra aver perso ogni contatto con le sue radici.

Che la politica locale non risponda alle ideologie è un tema noto. Tuttavia, credo che a furia di dirlo e ridirlo, stia diventando un comodo alibi per tutti. Invece io penso, o perlomeno mi piace pensare, che è proprio nei problemi concreti dell’elettorato che si devono mettere in campo gli ideali.

Ma la politica locale sembra invece vivere d’inerzia, come rassegnata a sé stessa, ormai perfettamente a suo agio in un clima “post-ideologico”. E senza più quel pudore minimo con cui mascherava le sue logiche clientelari.

Voler ricostruire l’opposizione in questo scenario è un compito arduo, e certamente lodevole, ma non può non passare attraverso il recupero fondamentale delle idee. Non basta limitarsi a ricompattare nuovi “gruppi organizzati di consenso” attorno a un nome. Il rischio è quello di far convergere il confronto elettorale non tanto sulle diverse “visioni di mondo”, quanto su una mera contrapposizione personale.

Mi torna alla mente, con una certa nostalgia, la campagna elettorale di 10 anni fa. In molti potranno convenire essere stata fra le più vivaci degli ultimi decenni. All’epoca, il nascente gruppo dei 5 stelle non aveva – questo era chiaro a tutti – nessuna clientela forte alle spalle, nessun “pacchetto” di voti da giocare. In una parola, non aveva alcuna speranza di inserirsi nella sfida fra Glorioso e Bonanno. Ma aveva qualcosa che a questi due mancava: idee nuove, entusiasmo e il coraggio (persino sfacciato) di mettersi in gioco democraticamente. E con la sola forza di queste idee contribuì a rivitalizzare una competizione elettorale altrimenti ingessata.

Resta emblematica la foto che ritrae le due sedie vuote di piazza Roma – quella dell’allora sindaco Glorioso e quella dell’attuale sindaco Bonanno – i quali si rifiutarono all’ultimo di incontrare la cittadinanza e gli altri candidati sindaci per un dibattito pubblico aperto. Qualcuno, evidentemente, aveva paura del confronto democratico. 

E sebbene all’epoca non si volesse/potesse dire, quella squadra ha avuto anche un altro merito che va riconosciuto. Quello di aver riacceso l’attenzione su tematiche profondamente di sinistra, dimenticate o tradite per lungo tempo proprio da chi avrebbe dovuto rappresentarle. Mi riferisco a temi come la difesa dei Beni Comuni, la salute, la sostenibilità ambientale, l’equità sociale.

Ecco alcuni dei grandi temi assenti nell’attuale campagna elettorale. Temi dai quali, chissà, forse Ingiulla potrebbe ripartire, rivolgendosi a quanti hanno a cuore un cambiamento degli equilibri sociali ed economici in paese, piuttosto di guardare a chi ha interesse a mantenere lo status quo.

Potrebbe parlare a quei ragazzi che sono andati via e dar loro un motivo valido per rientrare. Potrebbe parlare alle donne, ancora troppo spesso relegate in casa. O ancora, potrebbe parlare ai migranti, proponendo loro un’inclusione più attiva nella cittadinanza (magari ribadendo, a gran voce, che Biancavilla non si adegua alle vergognose politiche di questo governo!).

Ancora, piuttosto che parlare di sicurezza, potrebbe ricercare le radici del malessere sociale, guardando ai ragazzi come a forze future, e non solo come a pericolosi teppisti. La sicurezza, infatti, è solo fumo negli occhi. È il modo migliore per concentrarsi sugli effetti e mai sulle cause. Ma in questo c’è già la Destra ad essere maestra, come sperare di far meglio di lei?

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