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Cronaca

Così i dipendenti venivano intimoriti: «Attenti, il filo si può spezzare»

Lo sfruttamento dei lavoratori del supermercato, i retroscena di un’inchiesta avviata nel 2023

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«Un quadro inquietante di sfruttamento lavorativo». Dietro i volti gentili e sorridenti di banconisti, cassieri, addetti agli scaffali e magazzinieri si celava una realtà ben diversa. Nell’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Catania, Maria Ivana Cardillo, ha disposto le misure cautelari, vengono messi in evidenza gli elementi che hanno portato all’arresto di Luca Bonomo e Vincenzo Strano, rispettivamente titolare e direttore commerciale del supermercato di via Arti e Mestieri, a Biancavilla. Il marchio è Decò, ma la gestione è autonoma e indipendente dal Gruppo Arena. L’indagine, eseguita dalla Guardia di finanza di Paternò, è culminata anche con il sequestro preventivo dell’azienda e la nomina di un amministratore giudiziario.

Dalle quindici pagine dell’atto emergono – come è in grado di raccontare Biancavilla Oggi – episodi di sfruttamento: ferie e straordinari non pagati, stipendi da fame, in alcuni casi persino inferiori a 2 euro l’ora. Evidenziato anche lo stato di profondo bisogno in cui versavano i dipendenti, costretti ad accettare orari e retribuzioni falsificati. E poi, una forte sudditanza psicologica. Secondo il Gip, non si tratta di «una mera inosservanza di singole disposizioni normative, bensì… di un disegno criminoso».

Quando le verifiche amministrative e i controlli dei militari si sono intensificati, le due figure apicali hanno “avvertito” i dipendenti. Una lavoratrice ha riferito le indicazioni impartite da Strano: «Mi ha incalzata dicendomi che, se tenevo al mio lavoro, già sapevo cosa avrei dovuto rispondere… mi sono sentita sotto pressione». Stesso avvertimento sarebbe stato rivolto a tutto il personale, convocato per una riunione. Indicazioni ribadite poi da Bonomo: «Ci disse che, a seconda delle dichiarazioni rilasciate da noi dipendenti, il filo si sarebbe potuto spezzare».

Il filo, in realtà, si era spezzato già nel momento in cui le Fiamme Gialle avevano messo piede nel supermercato. Tutto era partito non da una denuncia, ma da un semplice controllo amministrativo dei finanzieri paternesi, nel novembre 2023. Già in quell’occasione erano emerse violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Da lì, la necessità di ulteriori approfondimenti su retribuzioni, orari, straordinari e altri aspetti contrattuali. Nella prima fase era stato sentito il commercialista e consulente del lavoro dell’azienda.

L’inchiesta si era quindi concentrata sul legale rappresentante della società per «evidenti indizi di sfruttamento lavorativo desumibili da erogazioni di retribuzioni evidentemente difformi rispetto alle ore lavorate». Il lavoro investigativo era proseguito con l’audizione dei dipendenti. Tra questi, il ruolo chiave era quello del direttore del punto vendita, definito dagli inquirenti la “longa manus” del titolare. Una persona – secondo la Procura – perfettamente consapevole delle condizioni lavorative offerte al personale. Anzi, durante i colloqui con chi aspirava ad un’assunzione, l’uomo metteva subito in chiaro i vincoli a cui bisognava sottostare.

«Lo stato di bisogno – ha sottolineato il procuratore Francesco Curcio – ha inciso sulla libertà di autodeterminazione, inducendo i lavoratori ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illecite, non riconosciute né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica».

Secondo la Guardia di finanza, la mancata regolarizzazione delle retribuzioni ha permesso al punto vendita di ottenere un risparmio illecito di oltre 2,7 milioni di euro, tra stipendi non versati e contributi omessi.

I due indagati – scrive ora il Gip – potrebbero avvicinare i dipendenti, sfruttando la loro vulnerabilità, per indurli a tacere o a fornire versioni alterate dei fatti. C’è, dunque, il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Da qui, l’applicazione degli arresti domiciliari, con pesanti contestazioni: intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e autoriciclaggio.

Il supermercato, comunque, rimane aperto. L’attività va avanti. La presenza dell’amministratore giudiziario, il dott. Luciano Modica, nominato dall’autorità giudiziaria, rappresenta la garanzia massima per il pieno rispetto, d’ora in avanti, dei diritti dei lavoratori.


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Cronaca

In auto contro lo scooter: non è stato un incidente, ma un atto di “vendetta”

Diciottenne di Biancavilla denunciato per lesioni e atti persecutori ai danni di un coetaneo di Adrano

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Ha provocato un incidente stradale con l’intento di “vendicarsi” di un acceso diverbio avvenuto nei mesi scorsi. Un biancavillese di 18 anni è stato così denunciato dalla Polizia di Stato. Il giovane ha architettato il piano perché non si era rassegnato alla lite per futili motivi con una ragazzo 17enne di Adrano.

Il minorenne stava percorrendo in scooter via della Regione, ad Adrano. Proprio nei pressi della sede del Commissariato di Polizia era stato tamponato dall’auto guidata dal 18enne, finendo a terra, con una gamba bloccata sotto il peso dello scooter. Per tutta risposta, il giovane biancavillese, anziché prestare soccorso, è sceso dall’auto e, dopo una rincorsa, ha sferrato un violento calcio contro il ragazzino.

Una pattuglia di poliziotti ha assistito alla scena e ha fermato l’aggressione ancora in corso, bloccando il 18enne e prestando le prime cure al minorenne. Dopo qualche minuto, è arrivato il padre della vittima, accompagnata poi al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. La prognosi è stata indicata in sette giorni.

I poliziotti del Commissariato hanno compiuto dettagliati accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti e, dopo le attività di indagine, sono risaliti alle reali cause dell’aggressione.

L’origine dei rapporti conflittuali tra i due sembra essere legata ad un alterco avvenuto per futili motivi qualche mese addietro, con il 18enne che, in più occasioni, avrebbe tentato di “vendicarsi dell’affronto patito”. Il giovane è stato denunciato, in stato di libertà, per lesioni pluriaggravate ed atti persecutori.

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Cronaca

Stipendi da fame in un supermercato di Biancavilla: due arresti della Finanza

Meno di 2 euro l’ora per 65 ore a settimana, il procuratore Curcio: «Leva su un estremo bisogno economico»

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Arrestati e posti ai domiciliari il rappresentante legale e il direttore commerciale di un noto supermercato affiliato alla grande distribuzione. I reati contestati sono intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (il cosiddetto “caporalato”) e autoriciclaggio. Disposto anche il sequestro preventivo della società, con contestuale nomina di un amministratore giudiziario.

L’attività investigativa, condotta alla Guardia di Finanza di Paternò, trae origine da un controllo amministrativo in materia di lavoro sommerso in un supermercato di Biancavilla. In tale occasione, è stata accertata la presenza di 37 lavoratori che sarebbero stati impiegati per un numero di ore notevolmente superiore a quanto previsto dai rispettivi contratti di lavoro e dalla contrattazione collettiva di settore, percependo retribuzioni che, nei casi più gravi, ammontavano a 1,60 euro l’ora, con stipendi mensili di circa 700-800 euro, a fronte di oltre 60 ore settimanali di lavoro.

L’attività ispettiva avrebbe consentito di quantificare, nell’arco di più anni, la corresponsione irregolare di retribuzioni per un ammontare complessivo di circa 1.600.000 euro, nonché l’omesso versamento di contributi previdenziali per un importo stimato in 1.150.000 euro.

Senza ferie e senza giorni di riposo

Le indagini avrebbero permesso di accertare la sussistenza di molteplici indici sintomatici del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Condotta realizzata dal datore di lavoro (un biancavillese), con la piena e consapevole collaborazione del direttore commerciale (un adranita), in particolare:

  • la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e territoriale;
  • la sistematica violazione della normativa in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, ferie, aspettativa obbligatoria;
  • la violazione delle disposizioni relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Sono state, inoltre, contestate le aggravanti specifiche previste dalla normativa vigente, in quanto i lavoratori impiegati in condizioni di sfruttamento risultano essere più di tre.

In particolare – e solo a titolo esemplificativo – sarebbe emerso che una parte consistente dei dipendenti prestava attività lavorativa per circa 65 ore settimanali, in violazione dei contratti individuali che ne prevedevano 40, usufruendo di soli due giorni di riposo mensile. Tali condizioni integrano anche la violazione dell’art. 9 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, che, in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, prevede per ogni lavoratore un riposo di almeno ventiquattro ore consecutive ogni sette giorni, di regola coincidente con la domenica.

Il procuratore Curcio: «Sfruttamento accettato per bisogno»

«È stata riscontrata – scrive il procuratore Francesco Curcio – una situazione di estremo bisogno economico comune a tutti i dipendenti, i quali, pur consapevoli delle violazioni e dell’evidente difformità tra il trattamento ricevuto e quanto previsto dalla legge e dai contratti collettivi, avrebbero accettato tali condizioni per la necessità di sostenere le spese dei rispettivi nuclei familiari, non avendo valide alternative occupazionali. La condizione di bisogno li avrebbe, quindi, costretti ad accettare forme di sfruttamento lavorativo, in assenza di una reale libertà contrattuale».

«In questi casi, dunque, lo stato di bisogno – specifica Curcio – ha inciso sulla libertà di autodeterminazione, inducendo i lavoratori ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose e illecite, non riconosciute né dalla contrattazione collettiva né dalla normativa giuslavoristica».

È stato inoltre accertato – sempre in sede di gravità indiziaria – che alcuni dipendenti, assunti da oltre un anno, non avrebbero mai fruito delle ferie. In altri casi, sin dalla fase preassuntiva, sarebbe stata loro rappresentata in modo chiaro la divergenza tra contratto formale e condizioni effettive. E l’accettazione di tali condizioni costituiva requisito imprescindibile per l’assunzione, con evidente assenza di margini di trattativa.

Sono emersi, infine, elementi indiziari del reato di autoriciclaggio, in relazione al profitto derivante dallo sfruttamento lavorativo, ad opera del rappresentante legale della società.

Alla luce degli elementi emersi, che saranno oggetto di verifica nella successiva fase processuale, il Giudice per le Indagini Preliminari ha applicato nei confronti dei due indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari. Disposto il sequestro preventivo della società, attiva nel settore della grande distribuzione alimentare.



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